E' la capitale della Sierra Leone, e della povertà mondiale. Prodotto emblematico del passato coloniale, la città è soprattutto lo specchio di un intero continente.
di Vicente Fernandez (traduzione di Emiliano Biaggio)
In Africa, tutti i giorni sono giorni da uragano: lì si propaga la malattia, la fame, il dolore, la miseria umana. Il grande continente, occupato, diviso e devastato dal potere europeo, oggi ancora non si è risollevato. In Africa milioni di poveri vivono la disperazione dell'abbandono, morendo come mosce senza che nessuna nave appaia all'orizzonte per trarli in salvo. E quandunque arrivasse, sarebbe solo per portare ulteriori disgrazie. La "grande speranza bianca" - sempre di natura umanitaria secondo quanto ci fa vedere puntualmente Hollywood - è in realtà predatoria e selvaggia. In Africa i forti uccidono i deboli in nome dei diamanti, dei minerali e dell'avorio. La vita di chi è povero non vale niente. La vita vive di ostinazione, e così è in tutto il pianeta. Basta entrare in una qualsiasi libreria e prendere il libro del fotografo Sebastian Salgado dal titolo Exodus": in essso viene descritta, attraverso immagine crude, la vita dei poveri, dei migranti, di quanti hanno il bisogno di girare per il mondo alla ricerca di un pezzo di pane. Di quelli che sono abbandonati, di quelli che hanno paura, di quanti hanno perso la propria umanità. Eppure, nemmeno davanti a tanto dolore il mondo borghese si compatisce. In Europa si dà fuoco alla case dove vivono neri africani scappati per la fame. A Parigi, bruciano gli algerini che cercano solo un posto dove poter vivere in pace. Danno fuoco agli indios a Brasilia, così, tanto per "giocare" con chi è "diverso". La vita di chi è povero è niente. Qui, come in India, in Alaska, in Senegal. O in qualsiasi altro posto. Perciò, la nostra sfida è proprio questa: stare dalla parte di chi è stanco, stare insieme a lui, ridare nuova linfa alla vita di chi è perduto. Non per compassione, perchè il povero non ha bisogno della pena di nessuno. Ciò di cui ha bisogno chi è povero è dell'impegno e della visione: impegno di chi - anche povero - ancora ha ciò che serve per vivere; e visione di sè stesso. Nell'altro chi non ha nulla può trovare l'opportunità e il modo di riemergere. Ma ciò che conta di più è la visione: poter vedere che, uniti, sono di più e per questo in grado di resistere ad ogni sofferenza.
Il lato triste dell'Africa, che non sfugge alle altre regione del pianeta, è l'insieme dei profondi contrasti e delle disuguaglianze, rese ancor più marcate dai conflitti sociali che sembrano non finire mai. Un esempio dei risultato di questi conflitto lo offre Freetown, la capitale del Paese più povero del mondo: la Sierra Leone. Freetown è più di una città: è un porto e polo commerciale che potrebbe affermarsi come l'area più ricca di un Paese dove la povertà fa strage, ma che invece - alla stessa stregua dei conflitti sociali - sopravvive per lo scambio e l'esportazione delle merci. Freetown nacque come un città fondata dagli schiavi inglesi che tornavano in Africa da uomini liberi; diventato poi avamposto britannico, fu il punto di partenza di molte avventure colonialiste europee del XIX secolo. La storia della città è quindi una successione quasi permanente di lotte di potere. Il risultato di un processo così conflittuale si materializza in una struttura urbana che fino al proprio centro mostra marcate carenze di infrastrutture. Situata nella penisola della Sierra Leone, sull'Atlantico, Freetown è oggi un centro di produzione del tabacco - soprattutto di sigarette - ha un'attività industriale poco sviluppata, che ricopre un'importanza quasi marginale nell'economia locale. La città si affida ad attività quali il taglio dei diamanti, l'agricoltura e il commercio. La città, tra i suoi problemi e i suoi conflitti, fa dei suoi centri di interesse il museo nazionale, i palazzi, le chiese storiche come quella di San Giovanni, le cattedrali, la moschea e le piazze come quelle intitolate a Hamilton, Luley e Lakka. A Freetown ci sono indubbiamente monumenti di importanza storica, come un'enorme pianta di cotone, un tesoro naturale della città situato sulla strada i vecchi schiavi fondarono la città che ancora oggi si incontra. Una città oggi dove regna la delinquenza, cresciuta a partire dal 2002 e che si è diffusa per le strade, soprattutto nelle zone più povere del centro urbano. Per arrivare a Freetown basta prendere l'aereo e atterrare all'aerporto internazionale di Lungi, quartiere che si trova sulla riva opposta di Freetown, con cui è collegata da traghetti. Freetown è la capitale più povera di un continente al contrario magnificio per le sue bellezze naturali e il suo patrimonio, anche se non si accompagna con quella pace e quella stabilità necessarie per uno sviluppo sostenibile.
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