Tuesday 30 April 2013

La strategia errata della Commissione Ue

L'Unione europea condanna il rigore, con Schulz che critica le politiche portate avanti e Barroso che - timidamente - corregge il tiro. 

di Emiliano Biaggio

«Come affermato dal primo ministro italiano nel suo discorso alla Camere, l'austerità sta soffocando non solo l'Italia, ma anche molti paesi dell'Eurozona». In Europa qualcuno non crede più alle cure che la stessa Europa ha prescritto per guarire alla crisi. Non sono solo gli stati membri (cosa piuttosto prevedibile), sono le stesse istituzioni comunitarie che iniziano a rimettere in discussione quanto fatto finora. Martin Schulz, l'eurodeputato promosso "kapò" da Berlusconi ed eletto presidente del Parlamento europeo dall'Europa, lo dice chiaramente: così non va. «Come affermato dal primo ministro italiano nel suo discorso alla Camere, l'austerità sta soffocando non solo l'Italia, ma anche molti paesi dell'Eurozona». Deve prendere spunto dal discorso pronunciato da Enrico Letta alla Camera, Schulz, per bacchettare Barroso e la sua squadra, per sfiduciare di fatto una Commissione europea più di matrice tedesca che a guida portoghese. Pochi giorni fa l'uomo col portafoglio degli Affari economici, Olli Rehn, ha fatto marcia indietro spiegando che adesso i risultati ci sono e si può allentare la pressione rigorista. «Il rallentamento del consolidamento è possibile ora grazie agli sforzi fatti dai Paesi in difficoltà, all'impegno della Banca centrale europea e alle politiche di bilancio credibili». Ma Rehn non può sconfessare sè stesso e la sua politica, quindi ha dovuto difendere le strategie messe a punto a palazzo Berlaymont. «Queste parole - ha aggiunto per spiegare il senso delle sue parole - non rappresentano un "liberi tutti": il consolidamento dei conti pubblici resta essenziale», è «un ingrediente necessario della nostra strategia». Nulla di più sbagliato e falso secondo Schulz, che dopo pochi giorni critica apertamente i piani anti-crisi della Commissione Ue. «Servono misure urgenti per ridare ossigeno all'economia e speranza ai giovani, quelle misure che il Parlamento europeo sta invocando dall'inizio della crisi». Fino a oggi non è stato fatto niente e quello che è stato fatto non è servito a nulla: è questa l'accusa di Schulz al duo Barroso-Rehn, se è vero che il Parlamento europeo sta ancora aspettando quello che chiedeva da inizio a crisi. La Commissione Ue ha puntato sulle esportazioni, sul libero scambio (si inizia a negoziare per un importante accordo con gli Stati Uniti) e sul risanamento, costringendo i governi nazionali a politiche che hanno finito con strozzare ancor più la domanda interna anzichè rivitalizzarla. Deve averlo capito anche il presidente della Commissione europea, arrivato a riconoscere che la politica di austerità «ha raggiunto il suo limite». Non è un'autocritica la sua, nè tanto meno lo sconfessare i dogmi (anche se Bruxelles affermano che «la Commissione europea non ha dogmi in economia») di un diritto confessionale sancito dal patto per la stabilità e la crescita, quanto la cresciuta consapevolezza della disaffezione crescente per l'Europa. Quello che nè Barroso nè i suoi commissari hanno capito è che la situazione italiana è il frutto di un voto-antieuropeo, di una bocciatura delle misure imposte da Bruxelles. Ha dovuto ricordarlo il neo-presidente del Consiglio in occasione della sua visita ufficiale a Berlino nella sua prima uscita da capo di governo. «Il messaggio che arriva dall'elettorato italiano - ha detto Letta - è che per avere fiducia occorre che giungano notizie positive dall'Europa», e in Italia - così come in altri stati membri - queste notizie positive non arrivano. In Commissione europea non l'hanno capito, o forse quando l'hanno capito è stato troppo tardi.

Sunday 28 April 2013

bLOGBOOK - Mechelen, ancora una volta

Mechelen, ancora una volta

Probabilmente l'ho già detto e quindi mi ripeterò, ma Mechelen è davvero piacevole. Sarà per questo che la trovo incantevole. O forse perchè non ci vivo e ci vengo solo nel tempo libero, che pure è una spiegazione. Perchè per quanto ne so Mechelen è perfetta come luogo per visite di un giorno, di tanto in tanto. Ha molte cose dei Paesi Bassi: la lingua, il fiume (quello di Mechelen è il Dijle) con i canali, i ponti, l'elevata quantità di biciclette, le stradine che si aprono lungo la vie principali, i locali interessanti nascosti all'interno, i classici posti che devi già sapere che ci sono altrimenti non li troverai mai. Ha un centro storico circondato dai canali, larghi  e profondi a sufficienza da essere percorsi in barca. Mechelen ha in realtà molte cose in comune col Belgio, i Paesi Bassi, e il nord Europa, ma sono io che proietto qui tante analogie, forse anche forzate, con una parte del mio passato. Il presente è una viva e tranquilla cittadina del nord, con scorci caratteristici, passeggiate rilassanti e per l'occasione persino un festival musicale, uno dei tanti organizzati in questo paese incredibilmente fertile per gli eventi culturali. La passeggiata lungo il canale permette di curiosare tra le case che si affacciano sull'acqua, tra edifici antichi e moderni che - forse complice il sole - fanno venire voglia di trasferirsi a vivere da queste parti. Fantasie, sicuramente. Idee perse tra i mille e più sogni ad occhi aperti, voli immaginari tra le diverse dimensione del mondo irreale, come irreale fa sembrare tutto il giardino botanico della città. Risale addirittura al medioevo, ed era di proprietà del comandante van Pitzemburg, dell'ordine cavalleresco del posto. Così com'è oggi lo divenne solo nel XIX secolo, quando la società reale d'ortocultura ne fece un parco sul modello di quelli inglesi, aperto al pubblico solo dopo la seconda guerra mondiale. Oggi è uno dei punti di ritrovo per quanti vogliono godersi giornate traquille e rilassanti. C'è l'area giochi per i bambini, la pedana per i concerti e le danze, c'è l'area fatta solo di panchine e siepi. Tutto questo è nel cuore della città, a due passi dalle brulicanti vie dello shopping, dai vicoli dove risuonano l'umano brusio e la musica diffusa dagli altoparlanti. 
 Mechelen è una città di provincia, con tutto ciò che provincia può significare. Ma è semplice da raggiungere, e piacevole da attraversare. La piazza grande assolata è ancor più affascinante, soprattutto ora che sono terminati i lavori in prossimità del campanile. Strada e piazza sono rimesse a nuovo: al posto del cantiere che ricordavo pochi mesi fa, ci sono una via acciottolata e un parchetto incastonato tra le case e la chiesa. E' un parchetto diviso dal resto della piazza grazie alla torre, che crea due diversi spazi da vivere e dove abbandonarsi.

Mechelen
Di nuovo a Mechelen


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Friday 26 April 2013

Italia deferita dall'Ue per le galline. Roba da polli

Applicata «non correttamente» la direttiva che vieta l'allevamento in batteria delle galline ovaiole. Abbiamo avuto dodici anni di tempo per essere in regola.

di Emiliano Biaggio

Meglio un uovo oggi o una gallina domani? La domanda è di quelle classiche, conosciute, ripetute, forse anche inflazionate. Tanto che in Italia, per rimanere in tema, si potrebbe – mai come oggi – porre un altro quesito: meglio una gabbia per galline a norma oggi, o una multa domani? Già, perchè il nostro paese in dodici anni non ha saputo conformarsi alle direttive comunitarie che chiedevano l'eliminazione delle gabbie nocive per il benessere delle galline e Bruxelles, stanca di aspettare, l'ha deferito innanzi alla Corte di giustizia europea. La procedura d'infrazione avviata il 26 gennaio 2012 con l'invio della lettera di messa in mora, dunque si chiude, e in modo tutt'altro che glorioso. Al nostro paese si contesta di «non aver attuato correttamente» la direttiva che vieta l'allevamento in batteria delle galline ovaiole, e – denuncia l'esecutivo comunitario – «nonostante ripetuti solleciti della Commissione a risolvere la situazione, non ha ottemperato adeguatamente alla pertinente normativa dell'Ue».
Nel 1999 la Commissione europea ha deciso di vietare l'allevamento in batteria, mettendo al bando le cosiddette “gabbie non modificate” dove venivano sistemati più volativi. Dall'1 gennaio secondo la direttiva tutte queste gabbie dovevano essere eliminate e sostituite con “gabbie modificate” che garantissero con spazio per fare il nido, razzolare e appollaiarsi. La Commissione Ue ha anche fissato gli standard, per aiutare i paesi ad applicare in modo corretto la direttiva. La gabbie possono essere usate soltanto se offrono a ciascuna gallina una superficie pari ad almeno 750 cm², un nido, lettiere, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie. L'Italia si è presentata all'appuntamento impreparata, o forse non si è presentata affatto. Questione di punti di vista, che non cambia la sostanza. L'Italia è stata messa in mora il 26 gennaio 2012 e ha ricevuto un parere motivato il 21 giugno 2012, ma inutilmente. «Sui 13 Stati membri che hanno ricevuto lettere di sollecito ad attuare adeguatamente tale direttiva soltanto due continuano a non essere a norma», lamenta la Commissione europea. Uno di questi due paesi è l'Italia, che farà compagnia alla Grecia nel procedimento legale alla Corte di Lussemburgo. Si poteva evitare di arrivare fin lì. Meglio un uovo oggi o una gallina domani? Che siano uova o galline, per l'Italia – a questo punto – sarà comunque poco conveniente.

Il lapsus di Tajani

Antonio Tajani
di Emiliano Biaggio

La Germania detta legge in Europa? La Germania impone la linea del rigore senza mostrare alcuna flessibilità? In Europa lo pensano in molti, soprattutto in Grecia e a Cipro, paesi che hanno ricevuto l'assistenza finanziaria internazionale con molte condizioni dettate da Berlino. Lo pensano anche in Gran Bretagna, dove dedicano al cancelliere tedesco articoli piuttosto critici. Sembra pensarlo anche Antonio Tajani, il commissario europeo per l'Industria. Condizionali d'obbligo, perchè nulla di ufficiale è stato detto da Tajani. Eppure un suo involontario lapsus non è passato inosservato. Parlando in sottocommissione Sicurezza e difesa del Parlamento europeo delle sfide che impone la politica del rigore, Tajani ha ribadito la necessità di esplorare tutti i settore dove si possono condurre strategie civili-militare. «Occorre massimizzare gli investimenti per compensare le misure di autorità... di austerità di questi tempi». Tajani, si è accorto subito di aver detto «autorità» anzichè «austerità», e si è prontamente corretto. Ma la stampa non ha potuto fare a meno di notare l'accaduto. Il solito retropensieri dei giornalisti, certo. Tajani non ha voluto accusare nessuno né sostenere niente, per carità. Però questo lapsus è quanto meno curioso, considerando soprattutto il dibattito in corso in Europa.

Wednesday 24 April 2013

La liberazione è di tutti. Diciamolo a Grillo

Il candidato sindaco di Roma annuncia la non partecipazione alle celebrazioni del 25 aprile. «Non vogliamo entrarci». Ma la liberazione è di tutti.

l'e-dittoreale

Come ogni anno il 25 aprile divide. C'è l'Italia libera, repubblicana, democratica, che celebra l'anniversario della liberazione dal fascismo e la rinascita democratica, e c'è l'Italia nostalgica erede del mito mussoliniano che si veste a lutto. La storia è la stessa di sempre, nel paese dal fascismo silenzioso e strisciante. Nella bagarre consueta - già di per sè triste e odiosa - ecco spuntare i grillini, che dicono di sposare i valori anti-fascisti e di non celebrarli, quasi per timore di poter offendere o per loro timore di sentirsi imbarazzati. Perchè, c'è da diventare timidi a dire di essere anti-fascisti? Forse è perchè non sanno come porsi di fronte a un evento simbolo della storia del nostro paese. «I partiti si fanno un vanto del 25 Aprile, disputandoselo, e noi non vogliamo entrarci», annuncia il candidato sindaco di Romas del Movimento 5 stelle, Marcello De Vito. La liberazione è un fatto politico, ed è grazie al 25 aprile se oggi possiamo avere un'arena partitica dove tutto - Movimento 5 stelle incluso - possono essere eletti e partecipare al gioco democratico. Deve essere sfuggito a questo grillino esponente di una corrente qualunquistica non interessata a nulla se non a distruggere il presente. E adesso anche il passato. De Vito - dopo le accuse di fascismo mosse al movimento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio - assicura che «tutti gli attivisti condividono e sposano in toto i valori antifascisti, ma non faremo alcuna iniziativa». Il motivo? «Sottrarsi alle solite commedie di chi vuole strumentalizzare la ricorrenza, alle solite polemiche sulla paternità della festa». Dopo la capogruppo al senato che dimostra di non aver neppure letto la Costituzione, ecco ora questo giovane di belle grilliane speranze che dimostra di non aver capito di cosa stia parlando. La paternità del 25 aprile è di tutti quanti si rispecchiano nelle idee di democrazia, uguaglianza, libertà di opinione, libertà di stampa, pluralismo, rispetto per le minorazne. L'Italia repubblicana è stata fatta dagli italiani che hanno voltato le spalle alla dittutura e ai loro alleati, ma l'errore più grave sarebbe quello di pensare che il 25 aprile si sia esaurito nel 1945, che i protagonisti di allora siano i soli padri della nostra liberazione e che noi oggi non dobbiamo esserne interessati. La liberazione riguarda tutti, sempre. Soprattutto chi vuole negare la storia e sostenere l'umanità del fascismo. Finchè non impareremo che il 25 aprile ci rende italiani, allora quanti sono morti in quegli anni saranno morti invano.I grillini hanno perso un'altra occasione per evitare di essere qualunquisti e responsabili. Nel 1945 si celebrava la fine del fascismo, oggi accogliamo il 25 aprile con l'auspicio di liberarci dallo sfascismo.

Tuesday 23 April 2013

Monti il politico parla in politichese del suo futuro

Ancora nel governo, come ministro? Non conferma e non smentisce.

Mario Monti
di Emiliano Biaggio

Monti il tecnico, uno che nella vita ha sempre fatto altro. Tanto è vero che lo chiamano "il professore". Poi è arrivata la politica, quasi all'improvviso ma non certo a sopresa, dato che il suo nome è stato pronunciato con un certa insistenza prima dell'avvenuta investitura. Monti il tecnico perchè a capo di un governo tecnico e non politico, ma Mario Monti ha dimostrato di essere - nei modi, nei fatti e nella parole - molto più politico di chi alla politica non si è mai prestato ma al contrario sempre votato. E la dimostrazione Monti la dà in occasione della riunione dei ministri degli Esteri dei paesi Nato, dove partecipa come titolare ad interim della Farnesina. Monti dice di essere a Bruxelles per quella che ritiene «l'ultima uscita internazionale come rappresentante del governo italiano». A chi gli chiede se ciò significhi un rinuncia a qualunque nuovo incarico all'interno del prossimo esecutivo, Monti risponde in un modo degno di un politico. «Io do un peso alle mie parole per quelli che sono i miei orizzonti di conoscibilità, e in genere questi orizzonti riguardano il passato e casi riferiti al presente». Tradotto, non prevedo il futuro. Non c'è una smentita ufficiale alla possibilità di un suo eventuale futuro incarico di governo, e questo il mondo della stampa lo pensa immediatamente. Monti completa allora il suo ragionamento. «Io do un peso alle mie parole per quelli che sono i miei orizzonti di conoscibilità, e in genere questi orizzonti riguardano il passato e casi riferiti al presente. Questo non autorizza alcuna deduzione, né positiva, né negativa, né neutra per il futuro». Monti il tecnico come funziona la politica l'ha già capito.

Sunday 21 April 2013

L'inconscio di Švankmajer

Con "Surviving life" il regista ceco si cimenta con l'interpretazione dei sogni, in un film mai visionario come questa volta.

di Emiliano Biaggio

La vita e il sogno, l'inconscio e il sub-conscio, l'incontro e lo sdoppiamento tra l'io cosciente della vita ad occhi aperti e l'io inconscio del mondo onirico. I traumi rimossi e la loro riscoperta, il male di vivere e la ricerca della felicità altrove. Jan Švankmajer porta sul grande schermo un film che porta lo spettatore a compiere un viaggio nei meandri remoti e inconsci della propria psiche, in un'opera fortemente svankmeriana omaggio a quanti hanno permesso di decriptare meccanismi e funzionamenti psicologici: Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. C'è molto delle loro teorie psicoanalitiche in "Surviving life", ultimo lungometraggio del regista ceco, il primo realizzato senza l'aiuto della moglie, scomparsa nel 2005. A quasi ottant'anni Švankmajer non smette di produrre nè di stupire, e anzi continua a farsi apprezzare sempre più a livello internazionale. Proiettato fuori concorso al 67esimo festivale del cinema di Venezia, "Surviving life" dopo tre anni continua ad essere nei cartelloni dei cinema di tutta Europa. Švankmajer traspone e sviluppa su celluloide la definizione di "surrealismo" che André Breton offre nel suo manifesto del 1924. "Surrealismo, s.m. Automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, o verbalmente, o per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza d'ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d'ogni preoccupazione estetica o morale". Come opera la mente, quando le barriere della ragione vengono meno? Come decifrare simboli, immagini, associazioni di idee? E come interagisce tutto questo con la realtà (o dovremme dire, più opportunamente, con il lato cosciente del proprio io)? Švankmajer risponde a queste domande con un film impegnativo, introspettivo, a tratti visionario come solo lui sa essere ma senza risparmiare momenti di ironia (da sottolineare i simpatici siparietti tra Freud e Jung nel corso delle sedute psicoanalitiche del protagonista), ricorrendo alla "cut-out animation", la tecnica d'animazione che mette insieme ritagli e foto in un vero e proprio collage animato in passo uno, la tecnica di stop-motion tanta cara al registra ceco. In una dimensione che mai come questa volta offre a Švankmajer l'opportunità di creare immagini, Švankmajer dà il meglio di sè. A livello espressivo e artistico "Surviving life" è un grande contenitore di immagini che generano altre immagini, in un ciclo continuo di invenzioni e trovate. Dal punto di vista di plot, la storia - un uomo che conduce una doppia vita in sogno, dove incontra la giovane Eugenia con cui va a convivere - mette lo spettatore di fronte al dramma dell'individuo, tormentato dalle visioni frutto dei traumi che riemergono, all'imprevedibilità dell'anima, e del dilemma legato al superamento dei traumi esistenziali. Da qui il titolo ("Surviving life", o se preferite, "Sopravvivere alla propria vita"), ad indicare quella che sarà poi la vera sfida del protagonista: scegliere tra la vita reale o la vita del sogno.

Saturday 20 April 2013

Le journal de Biaggio

Parler en français est plus facile que l'écrire. Tout d'abord, parce-que quand tu parles tu ne dois pas utilizer les accents. Cà va bien. En frainçais le probleme un des le premiers que on a quand on commence à l'étudier sont les accents. Ils sont toujour là, mais il est impossible comprendre où. Le professeure te dis «pas de panique, se n'est pas grave». Bien, et alors pourquoi il y a cette utilisation excessive des les accents? Et depuis, quand tu dis d'être italian, toute la gente te répète «quel est le problem? Tu ai de la chance, le français e l'italian sont trés similaires e donc t'aurrais moin de problem pour apprendre le français». Bienvenue, monsieur de La Palisse! Pour moi, je dois dire que je  détèste le français. «Non, pourquoi?», est la réponse que je reçois par toute la gente. Pourquoi pas?, je pourrais dire. D'accord, si vous me demandez pourqoi exactement je détéste cette langue je ne saurais pas que explications donner. Je pense que je détèste le français parce-que je ne peux pas le contrôler. Les verbes et leurs conjugations, les accents, les prepositions, les adjectifs, les constructions de la phrase... Le français est terrible.
«Tu ne peux pas dire que tu connais le française si tu ne peux pas l'écrire». Me voilà. C'est conviction commune que savoir écrire en français est la demostration d'une connaissance plus que bonne de la langue, et donc il est la chose que toute la gente me répète toujour. Merci, mais pourquoi ne pas de faire de conversation? C'est vrai que j'ai besoin de bien connaître cette langue que je deteste, mais on dois être clarifiée que pour moi, pour le moment, n'est pas nécessaire d'avoir une si haute connaissance du française. J'ai la chance d'être un écrivain d'une agence de presse italienne, et je peux dire d'aparteger cette chance avec beacoup d'autre gente. On peut écrire sans problem seulement si on est francophone: si nous prénons, pour example, la parole "être", nous avons la premiere lettre ("ê") qui n'existe pas sur le claviers "qwerty", les claviers utilisées par la grand partie des pays du monde occidental. Donc, pour pouvoir écrire en français on doit le faire à main, comment en passé? Oui, parler en français est plus facile que l'écrire.

Friday 19 April 2013

Come evitare di prendere "i colpi d'aria" in Italia

di Dany Mitzman per BBC (traduzione di Emiliano Biaggio)

Molti italiani, a quanto pare, sono inclini a contrarre un ampio raggio di malattie invernali, anche grazie all'aiuto apparente di una approfondita conoscenza dell'anatomia. Vivere per oltre un decennio in questo paese mi ha fatto giungere a una conclusione: essere italiani nuoce alla salute. All'arrivo dell'inverno, tutti quelli intorno a me sono soggetti a diversi malanni tipicamenti italiani, che renderebbero i nostri limitati termini britannici di "raffreddorre" ("cold") e "influenza" ("flu") una sorta di marchio come di cibo. Pedalando per le vie medievali della mia città adottiva, Bologna, sorrido al fatto che sto ancora indossando una giacchetta leggera in questo momento dell'anno.

Nessuna traduzione


I miei colleghi italiani sono meno fortunati. Hanno tutti le loro pesanti sciarpe di lana e giacconi imbottiti che arrivano alle ginocchia, e si lamentano di quella che è la mia preferita malattia italiana misteriosa: la cervicale. "Soffro di cervicale", mi dicono, dicendolo in tono particolarmente serio. La maggior parte delle persone di età superiore a 30 anni sembra trovarsi in questa condizione, ma ancora non so cosa sia esattamente e come tradurlo. Ho cercato su un dizionario, trovando "cervicale" - un aggettivo che si riferisce alle vertebre cervicali, quelle del nostro collo - ma come malanno non esiste una traduzione in inglese. Non l'abbiamo. I britannici non sembrano avere la particolare conoscenza, davvero eccezionale, della loro anatomia che invece hanno gli italiani.

Beata ignoranza

Poco dopo essermi trasferito qui, ricordo un amico che mi diceva di non sentirsi molto bene. "Mi fa male il fegato", mi disse. I medici mi hanno assicurato che non si può avvertire il proprio fegato, ma ciò che più mi ha colpito è che questo mio amico sapeva perfettamente dove si trovi il fegato. Noi britannici, al contrario, siamo una nazione di incredibili ignoranti per quanto riguarda la nostra anatomia. Gli italiani sono anche in grado di dirti che con dolore allo stomaco o all'intestino - e in quel caso può trattarsi sia di coliche che di coliti - hanno "mal di pancia". Ancora, sebbene dovrei sentirmi imbarazzato per la mia incapacità a individuare l'esatta posizione della cistifellea, non lo sono. Perchè? Perchè ritengo che ciò mi faccia star meglio. Dopo anni di esperienze vissute in prima persona sulla delicata costituzione degli italiani, sono giunto a una teoria sul perchè noi britannici siamo molto più robusti: se non puoi dare un nome alla malattia, non ne puoi soffrire. Se non sai dove si annidi, non ti può colpire. Tra gli italiani sono considerato come un qualche super-uomo immune alle malattie. Posso uscire dalla palestra sudato per andare a fare la doccia a casa senza prendermi nulla. Posso nuotare dopo aver mangiato e non avere congestioni nè crampi. Posso camminare con l'aria fredda senza avere "la cervicale". Me ne vanto addirittura. Al ristorante dico: "fatemi sedere in mezzo alla corrente, non mi succederà niente. Sono inglese".

Non dobbiamo lamentarci
Ho illustrato la mia teoria a uno psicologo siciliano, il quale mi ha detto che ho colto nel segno. Per esempio, i britannici non hanno un termine per "colpo d'aria". Dovrebbero tradurlo letteralmente, e questo sembra incredibile per gli italiani. Possono prenderne uno agli occhi, alle orecchie, alla testa o in qualsiasi parti del loro addome. Per evitare di subire un colpo d'aria, almeno fino ad aprile, non devono mai andarsene in giro senza indossare una veste di lana nota come "maglia della salute". Le mamme britanniche tengono la giacca ai loro figli in modo da evitare che sudino quando giocano e corrono. Al contrario, i parchi qui in Italia sono pieni di persone che sembrano uomini della Michelin, coperti di chiusure lampo fino al naso per evitare che l'aria li colpisca. Gli italiani sono così consapevoli e preoccupati da questi rischi per la salute, mentre la nostra non conoscenza della loro esistenza ci rende meno pauroso e al contempo più resistenti. Ma è anche una questione di etichette. Siamo una nazione che "non deve lamentarsi", abituata sin dalla tenera età che la sola risposta alla domanda "come stai?" è "bene, grazie". Il nostro vocabolario riflette tutto questo. Se anche abbiamo passato sei mesi in terapia intensiva, vi diremo che che siamo stati "un po' male".

Cambio di stagione

La settimana scorsa ho vissuto un momento di panico. Mi sono svegliato debole e con la nausea. Cosa accadrebbe se la differenza culturale fosse contagiosa? Cosa succederebbe se anni di permanenza in questo paese avessero modificato la mia costituzione e anch'io mi ritrovassi a soffrire di un altro malanno molto comune in Italia, "il cambio di stagione"? Ho provato a convercemi che tutto dipendesse dalla carenza di sonno, ma non ero sicuro. Più tardi, quello stesso giorno, ho confessato a un vicino che mi sentivo "un po' male". "Ooh", mi ha detto preoccupato. "Ieri sono andato dal medico, e mi ha detto che gira un'influenza intestinale che dura un paio di giorni". Quindi la sua faccia si è illuminata. "Ma non preoccuparti. Tu sei inglese, quindi per te durerà solo un giorno". E allora mi sono sentito subito meglio.

Thursday 18 April 2013

In Italia i disegni del conflitto arabo-israeliano

Per la prima volta arriva Naji al-Ali con"Filastin".
 
di Renato Giannetti (per eunews)

L'Italia richiama l'attenzione sulla questione arabo-israeliano, al centro dell'agenda politica di molti governi della comunità internazionale e anche in quella dell'Unione europea, che ha Israele e i Territori palestinesi nella sua politica di vicinato. Il nostro paese compie un'opera tanto originale quanto coraggiosa: mostrare il volto del conflitto tra israeliani e palestinesi attraverso la pubblicazione di “Filastin”, un libro che raccoglie più di centocinquanta vignette originali di Naji al-Ali, il più grande vignettista del mondo arabo Naji al-Ali, assassinato a Londra nel 1987. Edito da Eris, “Filastin” propone per la prima volta in Italia l'autore palestinese, facendo conoscere al pubblico di casa nostra Naji al-Ali e quello che a oggi è il suo personaggio a fumetti più noto a livello internazionale: Handala, un bimbo che mostra le spalle a chi le ha voltate al popolo palestinese e rivolge lo sguardo solo al dolore della sua gente, considerato un'icona della resistenza palestinese ed è popolarissimo nei paesi arabi come nel resto del mondo.
“Filastin” (titolo completo dell'opera: Filastin – l'arte di resistenza del vignettista Naji al-Ali, 224 pagine, 17 euro) arriva in Italia con una pubblicazione che vede la partecipazione e la collaborazione di Joe Sacco – disegnatore maltese e giornalista, autore di reportage a fumetti sul conflitto arabo-israeliano e già collaboratore per il The Guardian – Plantu – vignettista di Le Monde – e Vauro Senesi – già vignettista de il Manifesto e autore della prefazione del libro appena edito. Il volume contiene spiegazioni sulla figura di Naji al-Ali, una sua intervista finora inedita in Italia, e una panoramica su quella che è “la” questione del Medio Oriente. Ma sono le 175 vignette originali e tutte restaurate a creare una sorta di reportage storico sulla questione palestinese e su venticinque anni di politica del Medio Oriente, che solo recentemente ha conosciuto dei passi in avanti storici, con il riconoscimento dell'Autorità palestinese come membro osservatore delle Nazioni Unite, anche grazie al voto italiano. Una curiosità, peraltro indispensabile per capire l'essenza della pubblicazione: “Filastin” in arabo significa Palestina. L'Italia ne offre uno scorcio, richiamando ancora una volta l'attenzione su un tema mai sparito dall'attualità (non più tardi un mese fa, il 27 marzo, l'Unione europea ha adottato la seconda parte del pacchetto di aiuti per la Palestina per il 2013, per 148 milioni di euro complessivi all'interno della politica di vicinato).

Tuesday 16 April 2013

Il mondo dei timidi

di Francesco Pacifico

Nella prima puntata della serie tv Homeland, il personaggio di Claire Daines, un'agente della Cia, esce una sera per distrarsi, si siede al bancone di un jazz bar in cerca di compagnia. L' uomo della sua età con cui flirta le chiede: «Posso farti una domanda personale?» Lei: «Non vuoi prima farmi bere un paio di bicchieri?» La domanda è se è per caso sposata. Lei risponde no. «Ma porti un anello». La replica di Claire è molto diretta: «Tiene lontani quelli in cerca di una relazione». L'uomo le dice: «Non ho mai sentito una donna parlarne in maniera così sfacciata». Poco dopo, lui propone: «Suonano bene. Ci sediamo a un tavolo?» Claire lo brucia: «Meglio se ce ne andiamo». «Ok. Dove andiamo?» «Ho deciso abbastanza. Ora tocca a te». Anche senza mettere di mezzo la Cia può capitare di incontrare delle donne che prendono decisioni prima o al posto degli uomini. La mia generazione di uomini educati e progressisti è cresciuta con la paura di non avere abbastanza rispetto per le donne. Per cui ci vuole un po' per fare il primo passo: intanto, spesso, l'hanno già fatto loro. Non è raro imbattersi in una donna che compie, senza attendere che ci sbrighiamo, le seguenti mosse: chiede il contatto a un amico comune, o a un nostro collega. Ci contatta sui social network. Si mette a chattare con noi. Quando ci incontra in un locale, si avvicina a noi per farsi notare, saluta indifferente. Se poi ci incontra a una festa, si avvicina per ballare. Ogni tanto magari si assenta per litigare con un ex (mentre noi decidiamo se una nostra timida avance offenderà il suo onore). Se ce ne andiamo dalla festa, ci scrive il giorno dopo. Se non viviamo nella sua città, prende il treno e ci viene a esaminare. Qualche mese dopo ci lascia: deve emigrare per lavoro. Intanto siamo arrivati alla decisione: forse è il momento di invitarla a cena fuori. (da LaRepubblica del 28 aprile 2012)

Bye Bye Bamboo

. "Bye bye bamboo", 2010 Cast: Enrico Bellucci (Lou), Alessandro Cosentino (Pepo), Francesco Guercio (Frank), Marco Perriccioli (Guru), Hedkase (Chiocchi). Soggetto: The Surfadelics Sceneggiatura: Marco Vallini Regia: Marco Vallini
Dai The Surfadelics un omaggio a Tarantino in chiave surf. Un pulp.

Monday 15 April 2013

Pas des paroles!

Qua è raffigurata la prima pagina di metro, nell'edizione belga diffusa a Bruxelles. Potete vedere in prima pagina un titolo piuttosto eloquente che non richiede ulteriori commenti: "Du soleil!". Tradotto: "del sole"!. Ecco, quando il fatto che ci sia il sole diventa una notizia da prima pagina, due sono le cose: o il giornalismo belga ha raggiunto livelli davvero bassi, o il tempo in Belgio fa veramente schifo. Ma solo chi vive in Belgio può conoscere quale due risposte sia corretta.

Sunday 14 April 2013

AS Grifondoro, maggica giallo-rossa

Jack Black di nome, giallo-rosso di fatto

Grifondoro fa pensare al quidditch, ma fa pensare anche ai maghi che il quidditch lo giocano. Ecco un formidabile mago che ha deciso di condurre una doppia vita: nel regno della magia studia e insegna l'arte delle carte, nel mondo dei babbani tale arte la pratica. Ad Hogwarts non l'hanno presa bene: le regole del resto parlano chiare, non si possono compiere incantesimi nel mondo normale. Ma questo giovane - per il mondo dei babbani Dario Minieri, sostenitore di una nota squadra di calcio di Roma - è riuscito ad affinare una tecnica che gli consente di vincere senza ricorrere a pozioni o magie: applicando le pratiche delle carte ai giochi del regno babbano ha sviluppato una strategia di gioco che gli consente di vincere a poker. Ma non fatevi ingannare: non è affatto Dario Minieri, ma un mago - Jack Black, ma nulla a che vedere con la famiglia di Sirius - che non ha mai abbandonato la sua fede per il Grifondoro, come testimonia la sciarpa che indossa sempre ad ogni partita. Ricorda la sciarpa della Roma, ma non fatevi ingannare: la Roma è magica, il Grifondoro composto da maghi. Non è la stessa cosa.

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«Se le giornate fossero sempre così Bruxelles sarebbe una città bellissima, forse la più bella del mondo». Irene ha gli occhi color dell'erba e il sorriso radioso come il sole che illumina e scalda la città. E' qui come tutti per cercarsi un futuro, e dalle sue parole trapela la decisione di provare a trascorrerla in questa parte d'Europa la sua vita. «Si sta bene, peccato solo per il tempo». Già. il tempo. Per una spagnola vivere in Belgio deve essere difficile, soprattutto se viene da Madrid o dalle regioni più assolate del regno. «In Galicia piove forse anche più che qua, per un galiziano è diverso. Ma per un madrileno...». Sorride. Quando parla Irene ha sempre un sorriso da regalare. Poi si acciglia e sembra come rapita da cattivi pensieri, ma poi quando gli sguardi si incrociano o le si rivolge la parola quell'aria accigliata sparisce e torna ad accoglierti con la sua immagine di spensieratezza. Ha la bellezza della sua giovinezza, ha la positività di chi sa che, nonostante tutto, ci sarà sempre un fiore che tornerà a crescere e sbocciare dopo il gelo degli inverni più rigidi. «No se», risponde quando gli chiedi cosa intende fare, quale siano le sue aspettative. «Non lo so», dice con aria non si sa se preoccupata per l'assenza di prospettive o se invece infastidita per via di domande a cui non sa dare risposte. Oggi quello che conta è la giornata da vestitini estivi e t-shirt, da pic-nic sui prati e relax sui prati. «L'anno scorso, quando sono arrivata a giugno, andavo in giro con gli abiti leggeri. Ma poi ho capito che a Bruxelles non c'è l'estate». Il tono è di quelli tristi, si vede che qualcosa le manca. Non la gioia di vivere, non gli amici, non la famiglia. Le manca la possibilità di vivere all'aperto, di respirare a pieni polmoni la città che tanto l'ha stregata, di guardare con i suoi occhi smeraldini il suo nuovo mondo. E oggi i suoi occhi possono vedere tutto, e illuminarsi di luce nuova. Con lo sguardo segue le papere che giocano a rincorrersi nello stagno, insegue le nuvole che passano veloci nel cielo come insegue i suoi sogni. Cosa sogni per te? Non sai neanche questo? «Godiamoci questo sole». Respira l'odore dell'erba, saggia coi piedi denudati la morbidezza del terreno, scherza con i presenti. Irene è l'immagine della felicità, la dimostrazione che può bastare poco per sentirsi bene. Oggi è un buon giorno per stare a Bruxelles. «Se le giornate fossero sempre così Bruxelles sarebbe una città bellissima, forse la più bella del mondo».

Friday 12 April 2013

Parlamento Ue, due sedi non bastano più

Problemi di inagibilità a Bruxelles e Strasburgo, insieme all'arrivo della Croazia, costringono all'affitto di un nuovo stabile.

Il Parlamento Ue di Strasburgo
di Emiliano Biaggio

L'Europa chiede austerità e rigore, taglio della spesa e conti in ordine. Poi però sperpera denaro pubblico per far funzionare un Parlamento che ha due sedi, entrambe inagibili. A Bruxelles l'aula per la plenaria e la parte di edificio che la ospita sono chiuse per cedimenti strutturali, a Strasburgo una parte è stata chiusa per fuga di amianto. Due sedi che funzionano a singhiozzo, non in grado di funzionare con ventisette delegazioni e ancora meno con ventotto. Eh sì, da luglio la Croazia potrebbe entrare in Europa e in Parlamento si fanno due conti: con le sedi del parlamento parzialmente inagibili, con l'arrivo dei croati non c'è più posto. Per cui, proprio in vista dell’ingresso della Croazia nella Ue, e quindi della sua delegazione all’Europarlamento, il Parlamento Ue ha deciso di affittare, a partire dal 31 marzo 2014 e per dodici anni, un edificio di 40.000 metri quadrati, in cui saranno trasferiti uffici di deputati e assistenti, in attesa che venga costruita un’ala supplementare definitiva. Il costo d'affitto dell'immobile sarà di 750.000 euro all'anno. La politica di austerità si pretende dagli Stati membri, ritenuti troppo spendaccioni, ma l'Ue non sembra però offrire un buon esempio di gestione di risorse strutturali ed economiche. Aggiungiamo poi che sempre il Parlamento europeo sta progettando di spendere quasi due milioni di euro all’anno per l’affitto dell’immobile che ospiterà il Centro traduzioni a Lussemburgo (eh sì, il Parlamento europeo ha sedi e uffici anche a Lussemburgo, ma se lo ricordano in pochi), in attesa che sia costruito l’edificio definitivo, e il dibattito si riaccende: i critici delle più sedi parlamentari stanno di nuovo chiedendo di stabilire una volta per tutte il Parlamento europeo a Bruxelles. Sarebbe forse la migliore scelta anti-crisi, oltre che l'opzione più razionale ed economicamente vantaggiosa.

Thursday 11 April 2013

La Confindustria europea a Emma Marcegaglia

Businesseurope la nomina presidente, prima donna di sempre.

Emma Marcegaglia
di Emiliano Biaggio

Emma Marcegaglia è il nuovo presidente di Businesseurope, l'associazione delle Confindustrie europee. La decisione è stata presa dai vertici della stessa organizzazione, con qualche mese d'anticipo rispetto al previsto. A Bruxelles le voci su una possibile guida di Businesseurope si erano fatte sempre più insistenti, ma l'elezione del nuovo presidente era comunque attesa per giugno. Il board di Businesseurope ha invece accorciato i tempi, facendo di Marcegaglia – già presidente di Confidustria – nuovo numero uno. L'imprenditrice italiana, mantovana, quarantasette anni il prossimo dicembre, succede al tedesco Jurgen Thumann e prenderà funzione l'1 luglio. Per lei si tratta di un altro risultato storico, dopo quello di prima donna alla guida di Confindustria: mai prima d'ora Businesseurope aveva avuto una presidentessa.
«Sono onorata e lieta di essere stata scelta per succedere a Jurgen Thumann come presidente della principale organizzazione orizzontale delle aziende europee», il commento di Marcegaglia. «Le sfide che l’economia europea si trova ad affrontare chiedono cambiamenti significativi». Per cui, promette, «lavorerò per contribuire in modo costruttivo alle rifocalizzazione necessarie delle politiche europee in materia di competitività e di crescita». «In tempi economici difficili come questi, lei è il leader di cui BusinessEurope ha bisogno», sostiene il presidente uscente Thurmann. Emma Marcegaglia «è un imprenditore di successo con una vasta esperienza italiana, europea e internazionale».

Wednesday 10 April 2013

The Thomas Beale Cipher

Un video interessante per tecniche di realizzazione, contenuti, e storia, vincitore del premio per il miglior cortometraggio animato del 2010. Basato su una leggenda di un codice misterioso mai decifrato.

Breviario

«Internazionalizzazione non è delocalizzazione. Internazionalizzazione è lavorare con altre industrie che operano in altri paesi».
Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea, al "Forum sulle regioni e l'industria" della Conferenza delle regioni dell'Unione europea (Bruxelles, 10 aprile 2013).

Tuesday 9 April 2013

“Ci porti la scheda e facciamo noi”

Ecco come si falsano le elezioni (italiane) all’estero. Telefonata shock al patronato di Liegi: “Lasci la busta e ce ne occuperemo senza problemi”. Altri fanno invece propaganda (coi soldi pubblici) al Pd: “Carozza, Garavini e Cerasani”


di Alfonso Bianchi (per eunews)

La compravendita dei voti non è l’unico modo per falsare le elezioni all’estero. Con un meccanismo in cui per votare bisogna soltanto spedire per posta semplice le proprie schede, i trucchi sono molteplici. Un ruolo centrale nelle campagne elettorali dei candidati della circoscrizione Europa lo svolgono i patronati. Si tratta di strutture presenti in maniera capillare in tutti i Paesi europei e non solo, vengono finanziate con soldi pubblici attraverso un fondo specifico presso gli istituti di previdenza, ma sono gestiti da sindacati e associazioni: la Cgil, piuttosto che le Acli o la Cisl. Il loro compito è quello di svolgere attività a sostegno dei cittadini italiani. Specialmente all’estero sono tantissime le persone, soprattutto anziane, che si rivolgono ai loro servizi per essere aiutati nelle più disparate pratiche burocratiche. E tutti questi cittadini sono solitamente registrati nei database degli istituti. Per questo i patronati rappresentano un importante bacino di voti e sono alle volte utilizzati come centri di propaganda elettorale. Una pratica illegale, in quanto utilizzare i fondi pubblici per scopi diversi da quelli per cui sono stati stanziati (in questo caso fare propaganda per partiti o persone) è un reato. Le denunce sul loro coinvolgimento diretto nelle elezioni sono tante e abbiamo potuto verificarne la fondatezza.
Durante gli ultimi giorni della campagna elettorale abbiamo fatto alcune telefonate ai patronati del Belgio (che potete ascoltare nel video qui sotto) fingendoci un emigrante un po’ ingenuo in cerca di suggerimenti di voto. In un caso, quello del patronato Inas-Cisl di Liegi, città belga con altissima percentuale di italiani, la risposta alla nostra richiesta di ‘aiuto’ è stata tanto semplice quanto sconcertante. Dopo alcuni iniziali tentennamenti la donna al telefono ci ha detto: “Ci porti la busta qui, ce la lasci e facciamo tutto noi”. “Ma come, vi devo portare la scheda elettorale?” abbiamo chiesto, “No no, tutta la busta completa come l’hai ricevuta, poi verrà una persona che di solito si occupa di queste cose e vedremo noi. Senza nessun problema”. Beh, un problema ci sarebbe invece, e pure bello grosso: votare al posto di qualcun altro è un reato, e come se non bastasse un reato che viene commesso in una struttura che dipende dallo Stato italiano. (continua a leggere)

Gli italiani (calciofili) all'estero visti da EBC

Come si vive il derby Roma-Lazio all'estero, e più precisamente a Bruxelles? Su EBC un breve video che lo documenta. Un filmato essenziale che non necessita di spiegazioni, e che mostra la popolarità di una squadra di calcio anche oltre i confini nazionali di appartenenza. Per vederlo basta andare su EBC oppure cliccare qui. Buona visione.

Sunday 7 April 2013

Belgio, manifesto per le elezioni politiche del 1961

Tuesday 2 April 2013

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Non sempre le cose sono come le ricordi. Ti aspetti sole a Roma e invece trovi pioggia; ti aspetti pioggia a Bruxelles e invece trovi sole e cielo limpido; ti aspetti gioia e allegria nel tuo mondo di un tempo e invece trovi situazioni tanto sorprendenti quanto spiacevoli; ti aspetti la solita monotonia nel tuo mondo di adesso e invece scopri cambiamenti tanto stupefacenti quanto piacevoli; ti aspetti i sedili scomodi del solito aereo low-cost, ma non ti aspetti che siano così scomodi; ti aspetti che i biglietti del treno per destinazioni internazionali siano cari, ma non così cari. Non sempre le cose sono come le ricordi, e in quei momenti ti chiedi dove hai vissuto fino a quel momento, inizi a domandarti se non sia stato solo un sogno, se non ti sia immaginato tutto. Ma ricordi tutto così chiaramente, che quelle novità lasciano spaesato e confuso. Ricordi di essere sempre stato contrario a parlare una lingua mai piaciuta, ma quando torni di accorgi che la stai parlando, nonostante tutto. E allora non puoi fare a meno di chiederti da dove provenga tutta quella fiducia che prima non c'era, e che te mai avresti pensato di poterti dare.
Non sempre le cose sono come le ricordi. Ti aspetti di dover lavorare per i tuoi datori di lavoro, e invece lavori per chi il lavoro ufficialmente non te lo dà; ti aspetti di avvisare i colleghi di essere tornato, e invece rimetti tutto al silenzio; ti aspetti di aver paura per una condotta fuori dall'ordinario, e invece improvvisamente scopri che non te ne interessa più nulla; ti aspetti di non poter sopportare di essere tra così tanta gente, e invece - anche se a fatica - ti ci ritrovi. Non sempre le cose sono come le ricordi. E improvvisamente di viene alla mente una persona lontana che ti dice "è la vecchite...". E allora realizzi che ridi, quando ti aspettavi di non riuscire a farlo. Proprio come questa città, dove per una volta ad accoglierti c'è quella primavera che credevi irrimediabilmente perduta...