Tuesday 30 October 2012

La stampa si autoregola: questa è la democrazia

Si torna a discutere di leggi contro informazione e satira, e contrarie alla tutela dei diritti fondamentali degli stati occidentali.

l'e-dittoreale

Ci risiamo. Ancora una volta in Italia si torna a parlare di limitazione alla stampa, provvedimenti contro i giornalisti, linea dura contro i direttori. Si pensava che con la fine di Berlusconi fosse finita anche la crociata liberticida nei confronti dei diritti fondamentali e basilari di ogni sana democrazia. Invece a quanto pare si torna a minacciare l'informazione e la stampa. Anche se alla fine di questa nuova proposta di legge bavaglio - come ci si augura - non se ne facesse niente, comunque rimarrebbe il nuovo atto di initimadazione nei confronti di chi ha il compito di scrivere, informare, spiegare. La legge sulla diffamazione puntava molto in alto, prevedendo addirittura il carcere. Adesso tutto è stato ridimensionato, ma restano proposte come quella di multe fino a 50.000 euro per i giornalisti accusati e riconosciuti colpevoli di diffamazione, con conseguente negazione dei contributi pubblici per l'editoria per l'editore che controlla la testata per cui scrive il cronista punito per diffamazione . Ma il provvedimento non riguarda solo la stampa, che pure continua a essere nel mirino dei legislatori della democratica repubblica: alcuni emendamenti al testo, al vaglio dei rami del Parlamento, se approvati potrebbero imporre a blog, enciclopedie multimediali e portali on-line la rettifica o la cancellazione di contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o della propria privacy, e prevedere la condanna a sanzioni pecuniarie fino a 100.000 euro in caso di mancata rimozione. Siti come Wikipedia o non-ciclopedia, tanto per citarne alcuni a mo' di esempio, finirebbero nel mirino della censura. Non-ciclopedia è già stato al centro di un caso di chiusura per diffamazione, anche senza un progetto di legge controverso come questo che se approvato rappresenterebbe un grave minaccia anche alla satira. Un'altra volta si vuole mettere il bavaglio. Il giornalismo cattivo, brutale, non professionale, si sanziona da solo: ci sono la sospensione dall'albo, la radiazione, c'è soprattutto un organismo indipendente che in nome di questa sua stessa indipendenza si autoregola, si autodisciplina, si auto-punisce (lo stesso Sallusti, va ricordato, nel 2011 venne sospeso dall'ordine dei giornalisti della Lombardia per aver fatto collaborare un giornalista radiato dall'albo). E poi c'è il diritto, quello sacrosanto, di far valere i propri diritti. Le denuncie per diffamazione sono sempre state una possibilità. Adesso l'inasprimento esagerato (e ingiustificato) delle pene rappresenta una novità, un'innovazione. Come questo cambiamento della destra che prima - quando Sallusti creava e conduceva la macchina del fango - applaudiva il grande giornalista, solo depositario della libera informazione e unico vero interprete della professione, e che invece adesso - con Sallusti condannato al carcere - difende, giustamente ma in modo sbagliato, il condannato riconosciuto colpevole delle sue malefatte. Questo cambiamento, in realtà, non cambia niente: resta un atteggiamento pericolosamente ostile nei confronti della scrittura che non fa bene a nessuno.


Monday 29 October 2012

Nuova legge bavaglio, altolà Pd e Udc

"Non faremo passare quel testo". Ma il Pdl insiste per approvare la cosidetta legge salva-Sallusti: "È la direzione giusta". L'allarme della Fnsi. Il democratico Chiti che aveva sottoscritto il ddl con Gasparri vuole ritirare la firma.

L'Aula del Senato. foto: repubblica.it
di Annalisa Cuzzocrea (da repubblica.it)

La legge che doveva salvare dal carcere Alessandro Sallusti, e rischia di inguaiare in suo nome tutta la libera stampa, comincia a diventare un affare imbarazzante. I primi firmatari sono i senatori Vannino Chiti e Maurizio Gasparri: doveva essere un impegno bipartisan, quello di eliminare la possibilità del carcere come pena per la diffamazione. Oggi, però, quella legge Chiti non la riconosce più. E Pd e Udc si dicono pronti a frenare qualsiasi strisciante tentativo di censura.
"Se verrà fuori un pasticcio sono pronto a togliere la mia firma", dice Chiti. Il senatore pd spiega che il suo primo obiettivo era eliminare il carcere. E che aveva poi previsto, per ragioni motivate, un obbligo di rettifica da parte del giornale con lo stesso spazio e lo stesso rilievo della notizia. Questo però doveva servire a bloccare il procedimento penale. Sulle pene, si era pensato a un massimo di 50mila euro. E per il web, il tutto avrebbe dovuto riguardare solo i giornali online, non i singoli blog.
Nelle mani della commissione giustizia, "a forte maggioranza di centrodestra", le cose sono cambiate. "Si rischia di fare una legge puramente sanzionatoria. Se è così meglio fermarsi, limitarsi a eliminare il carcere, e lasciare che sia un Parlamento più sereno a occuparsi del resto". Chiti non fa parte della commissione Giustizia, dove invece la vicenda è seguita da vicino dall'ex pm Felice Casson. Suo uno degli emendamenti che prevede che il giornalista "recidivo" nella diffamazione sia interdetto per un periodo da uno a tre anni.
(continua a leggere)

Friday 26 October 2012

Breviario

«La rivoluzione è un atto di violenza, è l'azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un'altra classe».
(Mao Tze Tung, marzo 1927)

Thursday 25 October 2012

Chiude Ford Genk, cresce Ford Valencia. E' la guerra dei poveri.

fonte foto: eunews
di Renato Giannetti (per eunews)

Stabilimenti che chiudono, aziende che delocalizzano, imprese che riconsiderano le proprie strategie: a pagare sono le persone che ci lavoravano, che dall’oggi al domani si ritrovano senza più niente o quasi. E’ la dinamica ormai sempre più diffusa di una crisi che continua a mordere. Ne sanno qualcosa in Belgio, dove Ford ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Genk, e la rete è piena di immagini dei lavoratori e delle lavoratrici disperati al momento del ricevimento della notizia. Fino a fine 2014 si continuerà a produrre i modelli Mondeo, S-Max e Galaxy nella provincia fiamminga del Limburgo, poi l’assemblaggio delle vetture sarà spostato nello stabilimento spagnolo di Almussafes, a Valencia.
Per il Belgio, che ha già assistito alla chiusura degli stabilimenti Renault e Opel a Vilvoorde e Anversa, è un duro colpo. La stampa nazionale si interroga: “Il Belgio è condannato alla de-industrializzazione?”, ha titolato recentemente Le Soir, quotidiano francofono di un paese da sempre diviso ma oggi unito dagli effetti della crisi. Solo a Genk l’operazione annunciata da Ford è destinata a lasciare profonde ferite economiche e sociali. Si stima che tra dipendenti dell’azienda (4.300) e indotto perderanno il proprio posto di lavoro qualcosa come 10.000 persone, in un vero e proprio terremoto che colpirà le famiglie di quella parte di Belgio ritenuta da tutti la più ricca del regno, ma oggi caduta in disgrazia, come molti in Europa e non solo. (leggi tutto)

Chiusure e licenziamenti, il Belgio è in crisi

Chiude Ford a Genk, annunciano licenziamenti RTL, Coca Cola, Dow Chemical e Ferco-NLMK. Già oltre 14.000 persone sono a rischio.

di Emiliano Biaggio

In Belgio la crisi economica inizia ad assumere dimensioni sempre più drammatiche, e a manifestarsi sempre più nella sua forma più tristemente conosciuta: negozi che chiudono, aziende che licenziano, persone e famiglie senza più un soldo. Chiusure e annunci di esuberi si susseguono in questi ultimi giorni, tra i più critici della storia belga recente. Anche perchè viene colpito il motore economico del Belgio, quelle Fiandre fino ad oggi considerate la zona ricca e trainante del regno. Ford ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Genk per la fine del 2014: si preannunciano 4.300 licenziamenti. A questi si aggiungeranno poi quanti perderanno lavoro nell'indotto: si stima che saranno almeno 10.000 i belgi a finire in disoccupazione. Seicento famiglie senza più una fonte di reddito, per dirla in altri termini. Sempre nella provincia del Limburgo - dove si trova Genk - il gruppo chimico statunitense Dow Chemical chiuderà il sito di Tessenderlo, all'interno di un piano lacrime e sangue che vedrà il ridimensionamento aziendale in tutto il mondo, con la chiusura di vari impianti e un taglio di personale di 2.400 unità. A Tessenderlo si ritroveranno senza lavoro 60 persone. Ancora, nella provincia di Brabante vallone le acciaierie Du Ferco-NLMK hanno annunciato il dimezzamento del personale nel sito siderurgico di Nivelles: finiranno senza un lavoro 601 degli attuali 1.357 dipendenti. Ma la spirale della crisi non sembra arrestarsi: RTL Belgio ha annunciato il taglio del personale, e ora sono a rischio 16 posti di lavoro. Ad Anderlecht il sindacato dei lavoratori di Coca Cola ha denunciato il rischio di 54 licenziamenti. La crisi vera in Belgio è arrivata nel 2010, quando Opel ha prima ridotto il personale dello stabilimento di Anversa, e poi l'ha chiuso a dicembre dello stesso anno. In quell'occasione 2.700 persone sono rimaste a spasso. Da allora il fenomeno non ha fatto che crescere, fino ad arrivare all'ultima brusca accelerata di questi ultimi giorni. Sempre più difficili.

Wednesday 24 October 2012

«Avviare i negoziati di adesione della Fyrom a Ue»

La Commissione europea tenta di sbloccare il processo di accesso per l'ex repubblica jugoslava di Macedonia, ancora arenato sul nome da dare all'eventuale nuovo stato membro.

di Emiliano Biaggio

Bruxelles si cerca di accelerare i negoziati di adesione dell'Ex repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom) all'Ue, anche se tutto rischia di essere vanificato. La Commissione europea tenta ancora di convincere il Consiglio europeo a far partire la fase negoziale chiedendo di dirimire in questa sede la questione del nome: la Grecia non vuole che il paese si chiami Macedonia per via dell'esistenza della regione Macedonia in territorio greco, e per questo motivo sta bloccando l'accesso del paese nel club dei ventisette (ventotto a luglio, con l'ingresso della Croazia). Sono ormai quattro anni che la Commissione europea ha accettato la richiesta di adesione della Fyrom e dato mandato al Consiglio Ue di avviare i negoziati, ma la Grecia finora ha preteso la soluzione della questione del nome dello stato canditato prima di dare il proprio assenso all'apertura della fase che - se aperta - quasi certamente darebbe il via libera ad un ulteriore allargamento dell'Unione. Due giorni fa la Commissione europea ha inviato una lettera al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e al presidente del paese che detiene la presidenza di turno, il cipriota Dimitris Christofias, per chiedere agli stati di far partire finalmente i negoziati per l'inclusione della Fyrom e trovare in questa sede la soluzione al caso toponomastico legato all'ex repubblica jugoslava. Un documento inviato anche alle autorità di Grecia e Fyrom. Ora la palla passerà al consiglio dei ministri, ma quasi certamente la proposta sarà respinta: occorre infatti l'unanimità per far passare la richiesta della Commissione Ue, e la Grecia difficilmente la sosterrà. La squadra di Josè Manuel Barroso, però, confida lo stesso nella possibilità di un ripensamento greco. A Bruxelles si è convinti che permettendo alla Fyrom di entrare in una nuova fase del processo d’integrazione europea, possano diminuire i rischi che i progressi del paese rallentino. Inoltre, il documento sottolinea come premiare il governo di Skopje dopo quattro anni potrebbe «rafforzare le relazioni inter-etniche». La Commissione rinnova dunque la richiesta alla Fyrom e alla Grecia di arrivare a una soluzione reciprocamente accettabile sulla questione del nome, sotto l’egida delle Nazioni Unite. «La decisione del Consiglio europeo di avviare i negoziati di adesione contribuirebbe a creare le condizioni favorevoli alla ricerca di una soluzione», si afferma nel documento. A tal proposito, l’esecutivo comunitario è convinto che una soluzione possa essere trovata «nella una fase iniziale dei negoziati di adesione». Al Consiglio l'onere di questa decisione.

Tuesday 23 October 2012

"No" dell'Ue alle quota rosa. Col voto delle donne.

La proposta di direttiva per la parità di genere nei consiglio di amministrazione delle società affossata dal voto delle commissarie europee.

Viviane Reding
di Emiliano Biaggio

Donne di tutto il mondo unitevi! E indignatevi, se vi riesce. Ma in Commissione europea le donne - quelle che contano - si dividono, e votano contro la proposta di direttiva per stabilire la presenza obbligatoria di donne all'interno dei consigli d’amministrazione delle aziende quotate e delle società pubbliche dei paesi dell’Unione europea. Strano ma vero: i commissari Ue per l'Azione sul clima, per l'Agenda digitale e per la Ricerca, hanno bocciato la proposta della collega per la Giustizia e i diritti fondamentali. Connie Hedegaard, Neelie Kroes, Cecilia Malmstromm hanno messo in minoranza Viviane Reding, anche grazie all'apporto del superministro degli Esteri dell'Ue, Catherine Ashton. La quota rosa dell'esecutivo comunitario, insomma, vota contro le quote rosa e sancisce una profonda divisione interna al collegio dei commissari. Delle otte commissarie Ue, quattro dicono 'no' alla promozione del ruolo della donna nelle società pubbliche e quelle quotate. La proposta di Reding chiedeva di fissare al 40% il tetto minimo obbligatorio di presenza femminile nei board delle aziende, ma la Commissione l'ha respinta. Per ora. Perchè Reding promette battaglia. Il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, «metterà di nuovo in agenda questo argomento prima della fine di novembre», mette in chiaro la responsabile Ue per la Giustizia. La proposta di direttiva sarà all'attenzione dei commissari - e delle commissarie - già il prossimo 14 novembre. Fino a quel momento si cerca un accordo, forse una ricomposizione di un movimento femminile perso nei libri di storia o dimenticato in qualche negozio di Fendi. Tremate, tremate, le streghe son tornate. Altri tempi davvero.

Monday 22 October 2012

Bruxelles, tutti i reati del 2011


La crisi non risparmia nessuno, neppure Bruxelles

Povertà in aumento e criminalità in crescita. Anche nella capitale dell'Ue si soffre

di Emiliano Biaggio

In Belgio la crisi morde, e morde sempre di più. Non sembra, ma perchè Bruxelles non è il Belgio. E se la crisi si fa sentire anche a Bruxelles, florida e ricca grazie all'Unione europea, allora vuol dire che la situazione è davvero critica. Si capisce dai piccoli ma visibili segnali che si colgono per le strade: vetrine infrante, qualche serranda abbassata, gente che ruba nei supermercati. "Si prega di depositare borse e zaini all'ingresso. La direzione si riserva altrimenti il diritto di aprirli e ispezionarli in qualunque momento". Cartelli come questi affissi all'ingresso dei Carrefour non sono casuali. Le vetrine infrante non sono molte, solo una manciata. Non bastano a fare un indizio. O forse sì. Basta Sfogliare uno dei quotidiani più letti del regno per scoprire che la criminilatà è in aumento a Bruxelles, basta sfogliare un altro quotidiano molto diffuso per scoprire che un belga su cinque è a rischio pvertà. Il 20% della popolazione, in sostanza, fa la fame. Per dirla in altri termini, sono al limite della soglia delle povertà 2,2 milioni di persone. A Genk aleggia lo spettro della chiusura dello stabilimento d'assemblaggio della Ford: a rischio ci sono 4.300 posti di lavoro.
Per le strade si sono moltiplicati i mendicanti. Dov'erano prima? Qualcuno sostiene sia gente venuta dai paesi dell'est. Chissà. La situazione è comunque deteriorata, e il clima non è dei migliori. La città fino ad oggi interculturale inizia a rifugiarsi nella paura e nel disprezzo dello straniero, come sempre in questi casi. Gli ambienti comunitari non fanno eccezione: tra i giornalisti belgi si inizia a rumoreggiare, qualcuno sostiene che i corrispondenti esteri sottraggano lavoro ai cronisti locali. Scene ordinarie di ordinaria isteria collettiva. Anche a Bruxelles.

bLOGBOOK

Durbuy

Con i suoi poco più di diecimila abitanti è nota a tutti per essere "la più piccola cittù del mondo". Il titolo di città Durbuy l'acquistò nel lontanto 1331, e da allora l'ha sempre conservato gelosamente e orgogliosamente. Un piccolo borgo medievale che spunta nel bel mezzo delle Ardenne, questa è Durbuy. Un fiume, un costone di roccia, i boschi e un castello: sembra quasi un mondo spuntato da chissà quale fiaba, come tanti in questa regione una volta unita al Lussemburgo, altra terra di castelli. I vicoli stretti e raccolti sono ancora un ricordo del periodo medievale, mentre le case risalgono al Seicento. Durbuy è una delle tante sorprese di questo Belgio da scoprire, ricco di testimonianze storiche. Fu proprio per la sua storia che Durbuy si guadagnò il titolo di città, nonostante le sue ridotte dimensioni. Giovanni I, conte di Lussemburgo e re di Boemia, nel 1331 elevò Durbuy al rango di città per la sua importanza: situata nel cuore delle Ardenne, a cavallo tra le tre regioni di Condroz e Famenne, il posto all'epoca era un fiorente polo commerciale. Grazie alla sua posizione il piccolo centro urbano divenne un punto di snodo tra le tre regioni. Ma soprattutto, a partire dal XII secolo la cittadina è incaricata della difesa del territorio dei conti del Lussemburgo, in lotta con i principati di Liegi e Stavelot-Malmedy. E' in questo periodo che vengono eretti il castello, costruito su un promonotorio roccioso sul fiume Ourthe, e la cinta muraria a difesa del piccolo borgo medievale. La città, fortificata, otterrà il suo status proprio per questioni belliche: dato che Durbuy era al centro di ripetutti attacchi e che solo una città poteva disporre di un proprio esercito, nel 1331 Giovanni I decise che era venuto il momento per il Lussemburgo di non fornire più uomini al piccolo borgo, che venne elevato a città per i servigi resi, per la sua importanza economica e per non gravare più sulle spese militari di altri.
Durbuy, il castello
Oggi Durbuy è soprattutto meta turistica. Inospitale d'inverno, offre passeggiate calme e rilassanti lungo il fiume e tra i boschi che la circondano. Lungo l'Ourthe è inoltre possibile scoprire il fascino di attività quali rafting e canoa, e in autunno i colori tipici della stagione danno un'atmosfera ancor più piacevole alla piccola città. Appena fuori dal centro abitato - a cinque chilometri di distanza - si può trovare un ulteriore segno di distinzione, un altro aspetto che rende Durbuy davvero caratteristica: l'unico circuito di go-kart elettrici d'Europa. Durbuy è soprattutto rinomata per i suoi ristoranti: la cacciagione è la specialità del posto, che - come ogni città belga che si rispetti - vanta la propria birra locale, la Durboyse. Prodotta come birra chiara (blonde) e scura (brune), la Durboyse non ha nulla da invidiare a tante altre birre del regno.

Friday 19 October 2012

Miracolo: la madonna di Fatima a Strasburgo!


La madonna di Fatima
fonte: eunews. 

“Un evento eccezionale – dichiarano gli On. Borghezio e Fontana, in merito alla venuta a Strasburgo della statua della Madonna di Fatima che verrà portata domani prima alla Cattedrale (h.10.00) e poi davanti alla sede del P.E. da autorevoli pellegrini ed esperti di Fatima provenienti anche da oltreoceano.
“Pochi sanno – aggiungono i due europarlamentari – che il simbolo dell’Europa unita è un simbolo squisitamente mariano, come ben dimostra la bandiera ufficiale dell’UE con le dodici stelle ed i colori bianco e azzurro della Madonna. Purtroppo – notano ancora gli euroleghisti – dall’ispirazione originale l’Europa ha deviato pericolosamente verso una direzione e a favore di interessi che ben poco hanno a che vedere con quelli dei nostri popoli e con i valori cristiani in cui si riconosce la stragrande maggioranza degli Europei”. (leggi il resto della notizia)

Thursday 18 October 2012

Si potrebbe andare a Stoccolma. Pardon, a Oslo!

Van Rompuy "invita" tutti in Norvegia per ritirare il Nobel per la pace dato all'Ue. In assenza di un rappresentante unico, dice, andiamoci tutti.

di Emiliano Biaggio

«Si potrebbe andare a Stoccolma, tutti insieme andare a Stoccolma, tutti insieme ma con calma». Difficile credere che il presidente del Consiglio europeo, il belga fiammingo Herman Van Rompuy, conosca Rino Gaetano. Ma certo sembra aver riadattato il testo della canzone del cantautore calabrese per dipanare la matassa inestricabile del chi avrà il compito di andare a ritirare il premio Nobel per la pace (e quindi fare il discorso) assegnato all'Unione europea. La buona notizia, a Bruxelles, è durata poco. Dopo aver appreso di aver vinto il premio è iniziata subito la discussione tutta interna all'Ue su su chi avrà il compito di rappresentare l'Unione a Oslo, il dicembre prossimo. Forse lady Ashton, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue? No. Sembra che ognuno voglia la propria dose di visibilità, e quindi si è innescato un dibattito su chi abbia il compito - e il ruolo - andare a titolo dell'Ue di fronte al comitato del Nobel. Il presidente della Commissione europea, e quelli di Consiglio e Parlamento reclamano ognuno per sè la celebrità. Inutile dire che nessun accordo è stato raggiunto. E allora, nel bel mezzo della riunione dei capi di Stato e di governo dei paesi Ue, Van Rompuy ha proposto di andare tutti a Oslo. Nell'impossibilità di trovare soluzione all'amletico quesito, ecco la soluzione: si potrebbe andare tutti a Oslo, tanto per parafrasare - inconsapevolmente - Rino Gaetano. «Per celebrare questa occasione mi auguro che tutti i capi di Stato e di governo dei paesi Ue prenderanno parte alla cerimonia di consegna del Nobel di dicembre a Oslo», ha detto il presidente del Consiglio europeo attraverso il suo profilo Twitter. Questo mentre in teoria si doveva discutere di strategia europee anti-crisi. Non solo: in tempi di crisi e di continui richiami a politiche di austerity, forse a Van Rompuy è sfuggito che "invitare" a Oslo ventisette persone anzichè una o due è molto più costoso. Senza contare la figura: se tutti accettassero la sua proposta, a dicembre a Oslo ci sarebbero ventisette leader politici (quanti i paesi membri dell'Ue) più i tre presidenti delle istituzioni comunitari. Già che ha fatto trenta Van Rompuy poteva fare trentuno...

Wednesday 17 October 2012

bLOGBOOK

Bruxelles, anno uno

Une année est passé déjà. Si dovrebbe scrivere così, o almeno credo. Dopo tutto questo tempo è ancora tutto così complicato, almeno per quanto riguarda il francese. Una lingua lasciata a metà, un po' come tutto il resto. O forse no. Sono solo io che cerco continuamente somiglianze, nella continua speranza di ritrovare un po' di familiarità con il mondo circostante e le sue manifestazioni quotidiane. Un anno. C'est bizzare! Sembra sia passata un'eternità. La lontananza ti fa apparire tutto più sfocato e indistinto. Tempo e spazio si confondo. Soprattutto il tempo. Curioso come le persone cambino. Tornare, avrebbe un senso oggi? Chi prima diceva di conoscermi probabilmente oggi non mi riconoscerebbe, e viceversa. Il passare del tempo è estraniante, specie se scorre in luoghi diversi. Strano che sia qui a perdermi in simili ragionamenti, peraltro incomprensibili al lettore. Un anno. Non più tardi di un anno fa, questo stesso giorno, mi "divertivo" a domandarmi dove mi sarei trovato tra un anno. La risposta era facilmente prevedibile: allo stesso punto. Sia pur con qualche piccola differenza mi trovo esattamente dov'era un anno fa. Stessi dubbi, stessi interrogativi, stesse paure, stesse incertezze, stesse precarietà. Curioso: si direbbe che sia ancora me stesso. Peccato che io sappia che non è così. Ho solo accentuato i difetti che avrei dovuto provvedere a eliminare. Peccato che mi sia chiuso ancor più in me stesso. Suppongo che anche faccia parte del nuovo corso, iniziato sotto i peggiori auspici e proseguito in modo solo in parte migliore. Dopo un anno c'è ancora qualcuno che insiste nel sostenere che io sia scappato, abbia dato vita a una delle più rocambolesche e maleducate fughe che il genere umano ricordi. Dopo un anno c'è anche chi insiste nel sostenere che a Bruxelles non sia stia poi così male. Peccato che chi dice questo non viva a Bruxelles. Poco importa. Pas de probleme, ce n'est pas grave. Dopo un anno sono ormai abituato. Non a tutto, ma a molto. Il che non è poco. Il fatto curioso è che festeggerò il mio compleanno, il mio primo anniversario a Bruxelles. Una celebrazione sobria, senza trionfalismi. Una festa ironica, ironica come questo mondo. Ma questo gli altri non lo sapranno. Quando gli altri sapranno della festa penseranno solo alla mia ingratitudine. Già me li immagino, lì a sottolineare come non abbia mai festeggiato un compleanno con loro e adesso, invece, in giro per caffè con "estranei" a colpi di birra e (forse) torte. Beh, pensare male è sempre stata l'attività preferita di molti, specie di alcuni. Poco male. Il bello è che dopo un anno determinate persone sono sparite per sempre. I farabutti, quelli invece non spariscono mai. Al massimo parlano solo un'altra lingua, ma la loro natura resta identica. Dove sarò tra un anno? Probabilmente ancora qui, a scrivere che une autre année est passée déjà. Ou c'est passée encore, ce dépens par le point de vue. Ma questo lo vedremo tra un anno. Intanto... Auguri a me.

Tuesday 16 October 2012

Terremoto in commissione Ue, si dimette Dalli

L'Ufficio europeo anti-frode lo indaga per presunta corruzione, il commissario per la Salute lascia con effetto immediato.


John Dalli

di Emiliano Biaggio

John Dalli si è dimesso dal suo incarico di commissario europeo per la Salute. La decisione è stata presa da Dalli in persona a seguito delle indagini a suo carico da parte dell'Olaf, l'Ufficio europeo per la lotta anti-frode. Dalli è finito sotto inchiesta dopo che la Swedish Match - azienda svedese che produce fiammiferi e prodotti a base di tabacco, come lo "snus" (tabacco da masticare commerciato solo nei paesi scandinavi) - ha denunciato i contatti tra il commissario Ue e il mondo imprenditoriale maltese. Non si fanno nomi, per ora. La Commissione europea - che ha accolto le dimissioni di Dalli - fa sapere che nel suo reclamo Swedish Match ha denunciato che «un imprenditore maltese» avrebbe usato i suoi contatti con Dalli, anche lui maltese, «per cercare di ottenere vantaggi finanziari dalla compagnia, in cambio del tentativo di influenzare una possibile futura proposta legislativa sui prodotti da tabacco, ed in particolare sul divieto europeo di esportazione dello "snus"». Su Dalli aleggia dunque l'ipotesi di corruzione, ma per ora a suo carico non è stata formulata alcuna accusa. L'Ufficio europeo anti-frode non ha trovato «prove conclusive» della partecipazione diretta di Dalli, ma lo ritiene comunque «persona informata dei fatti» e «a conoscenza» dei rapporti tra compagnie e istituzioni comunitarie. Il commissario Ue potrebbe essere finito nel bel mezzo di una guerra tra lobby del tabacco: è curioso notare come Swedish Match, produttore di "snus", abbia denunciato Dalli quando ha temuto per un possibile veto a eventuali proposte di vendita anche nel resto d'Europa del tipo di tabacco da masticare che produce l'azienda svedese. Dalli, che ha respinto ogni accusa, ha deciso ugualmente di rassegnare le proprie dimissioni a effetto immediato «per difendere la reputazione e quella della Commissione» europea. L'Olaf ha inviato il rapporto alle autorità maltesi, a cui adesso è affidato il compito di fare chiarezza. Intanto il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha deciso di affidare la direzione generale lasciata da Dalli a Maros Sefcovic, attuale vicepresidente della Commissione e commissario europeo per le Relazioni interistituzionali. Sefcovic sarà commissario per la Salute ad interim «finchè non verrà nominato un altro commmissario di nazionalità maltese».

Monday 15 October 2012

Allarme Barroso-Monti: «mercato unico a rischio»

I due leader avvertono: «la crisi porta tentazioni protezionistiche». Chiesto impegno per favorire l'unione bancaria.

Josè Manuel Barroso e Mario Monti
di Emiliano Biaggio

Il mercato unico rischia di essere rimesso in discussione da questa crisi, che sta mettendo a dura prova la tenuta dell'Euro e dell'Europa. Per questo bisogna avere il coraggio, oggi più che mai, di procedere con un ulteriore consolidamento dell'Unione europea e di dare nuovo vigore al processo di integrazione. Josè Manuel Barroso, a pochi giorni da un Consiglio europeo chiamato a dare l'ok preliminare e generale al meccanismo unico di supervisione bancaria – primo tassello del processo di costruzione di unione bancaria – avverte gli stati membri dei pericoli che incombono sull'Ue, e invita i paesi a non cedere alle tentazioni personalistiche. «In questi tempi di crisi si è tentati dal nazionalismo economico», denuncia in occasione della cerimonia di apertura della settimana del mercato unico, l'iniziativa organizzata in occasione del ventesimo anniversario del mercato comune. «E' importante fare passi avanti nella creazione del mercato unico, e lo dirò ai capi di stato e di governo in occasione della riunione del Consiglio europeo di giovedì e venerdì». Dai leader europei, scandisce Barroso, «mi aspetto che venga ribadita l'irreversibilità dell'Euro e l'impegno per l'integrità dell'Unione». Un invito implicito a procedere verso l'unione bancaria, ulteriore passo avanti nella piena realizzazione dell'Europa.
L'invito è subito raccolto da Mario Monti. «Fare progressi nell'integrazione del mercato unico è di cruciale importanza per riavviare la crescita«, ribadisce il presidente del Consiglio nel suo intervento. Collegato da Roma il capo del governo condivide le preoccupazioni di Barroso. «Ci sono rischi che il mercato unico faccia passi indietro e possa persino disintegrarsi», denuncia.
La crisi, infatti, «rimette in discussione le fondamenta del mercato unico», ossia la libera circolazione di individui, merci e capitali. In questo momento, denuncia Monti, in giro per l'Europa «c'è il riemergere del tradizionale protezionismo, nei confronti dei lavoratori e anche nei confronti delle merci di altri stati membri». Per questo è importante fare passi avanti. «Dobbiamo procedere a una maggiore integrazione dei mercati finanziari», sostiene. Monti esorta quindi i paesi membri dell'Ue a «creare un unico meccanismo di supervisione, integrato da regole armonizzate sulle garanzie dei depositi bancari e sulla risoluzione delle crisi delle banche». Proprio quello di cui si inizierà a discutere a Bruxelles giovedì e venerdì, in occasione del vertice del Consiglio europeo.

Sunday 14 October 2012

AS Grifondoro, maggica giallo-rossa

Il mago del Quidditch

Helenio Herrera, meglio conosciuto da tutti come "il mago". Buffo, considerando che con tale soprannome è conosciuto nel mondo dei babbani, che alla magia non credono. Ah, i babbani! Sempre pronti a mettere in dubbio la magia ma ad utilizzarla impropriamente per riferirsi a qualcosa di impossibile! Ma procediamo con ordine. La storia a Hogwards è nota, ma nel mondo babbano no. Di Harald Hannelius non si sa molto, se non che fu "il mago" del quidditch. A Hogwarts arrivò agli inizi del XX secolo, alla fine della sua grande carriera professionistica. Arrivò per allenare il Grifondoro - all'epoca non certo competitivo come oggi - prima di chiudere definitivamente con pluffe, bolidi, boccini, cercatori e quant'altro. Hannelius fu il più grande stratega di quidditch che si ricordi: da giocatore non vinse molto, ma come allenatore del Puddlemere United vinse tutto. Fu allora - come molti sostengono - che Albus Silente si appassionò al quidditch e in particolare a quella squadra di quidditich, di cui divenne presto un ardente tifoso. In dieci anni - tra il 1891 e il 1901 - Hannelius conquistò dieci campionati inglesi (tutti consecutivi, record ancora oggi imbattuto), sette coppe anglo-irlandesi, quattro coppe magica Europa e quattro coppe magico mondo, contribuendo a fare del Puddlemere United una di quelle che ancora oggi è una tra le più vincenti delle squadre del campionato inglese. Questi risultati valsero ad Harald Hannelius la guida della nazionale inglese di quidditch, con cui vinse l'unica coppa del mondo che può vantare la nazionale, e che fece diventare Hannelius "il mago del quidditch". Era il 1904. Fu allora che, dopo aver vinto tutto, decise di provare nuove esperienze. Accettò quindi l'offerta di guidare il Grifondoro. Con i giallo-rossi, però, vinse poco: contro ogni aspettativa conquistò appena una sola coppa del Quidditch in cinque anni. Molti sostenitori rimasero delusi, ma ancora oggi il Grifondoro può comunque vantare di aver avuto in panchina uno dei più grandi allenatori di sempre.
L'ultima stagione del "mago del quidditch" sulla panchina giallo-rossa risale al 1909, forse l'annata peggiore della sua gestione: oltre a non vincere il torneo perse tutti gli scontri diretti con Serpeverde. Non avendo più stimoli Hannelius si ritirò dal quidditch, ma non lasciò lo sport. Si trasferì nel mondo dei babbani e lì si costruì una nuova vita: con un incatesimo cancellò tutti i suoi anni, e rinacque nel 1910 a Buenos Aires, in Argentina. Cambiò anche nome, che modificò in Helenio Herrera. Tornò in Europa negli anni Quaranta del XX secolo: durante quegli anni si dedicò al calcio, e fu proprio per allenare squadre di calcio che si trasferì nel vecchio continente. Si presentò dicendo: sono un mago, farò la storia di questo sport. Ovviamente nessuno credette alla prima parte della sua frase, e da allora i babbani lo chiamarono "il mago" per prenderlo in giro. Poi con l'Inter vinse tutto, proprio come con il Puddlemere United. passando alla storia del calcio babbano come "il mago". A destra vediamo una vecchia foto rossoingiallita del Grifondoro con "il mago del quidditch" in panchina (si riconosce al centro, vestito di blu con una pluffa in mano e un'altra tra i piedi).

Friday 12 October 2012

Monti: «Possiamo uscire dalla crisi»

Il premier vede la possibilità di invertire la rotta. «Ma servono azioni decise comuni».

Il presidente del Consiglio, Mario Monti
di Emiliano Biaggio

Uscire da questa crisi non è impresa impossibile, a patto però che ci sia la volontà di appianare le divergenze e di trovare una risposta condivisa. Perchè solo attraverso un'Europa davvero unita si può invertire la rotta e tornare sulla via della crescita. Ne è convinto Mario Monti, che a tutti gli Stati membri dell'Ue chiede impegno e senso di responsabilità. «Una delle ragioni per cui fino ad ora è stato difficile trovare una strategia convincente per far fronte alla crisi è la mancanza di una lettura comune delle radici della crisi stessa», ha detto il presidente del Consiglio in occasione della cena conclusiva del convegno "The State of Europe", organizzato a Bruxelles da Friends of Europe. «Oggi abbiamo l'opportunità di invertire la marea della crisi e evitare la deriva, se agiamo in modo deciso per seguire le decisioni adottate al Consiglio europeo di giugno». I capi di Stato e di governo dei paesi Ue sono quindi avvertiti: se non si superano le divisioni e non si lavora insieme tutto sarà più difficile. Già dal prossimo vertice del Consiglio europeo occorrerà «raggiungere un accordo politico sulle caratteristiche principali del meccanismo di vigilanza unica» delle banche della zona Euro. Monti ha esortato a fare in modo che la prossima settimana si possa «preparare il terreno per un'adozione finale entro la fine dell'anno», così da permettere dfa subito la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del nuovo fondo salva-stati a partire da gennaio.

bLOGBOOK - Spotted in Brussels



Thursday 11 October 2012

Afghanistan, cambia il capo missione Isaf

Obama nomina Joseph Dunford nuovo responsabile delle forze Nato

Joseph Dunford
di Emiliano Biaggio

Il generale Joseph Dunford è il nuovo comandante delle forze Nato in Afghanistan. Lo ha deciso il presidente degli Stati Uniti, Barcak Obama, che ha nominato Dunford successore del generale John Allen, prossimo comandante supremo delle forze allete in Europa. Cinquatesette anni, assistente comandante dei corpi dei marines dal 2010, Dunford vanta una lunga carriera militare: generale a quattro stelle, è stato alla guida di varie unità prima di diventare assistente comandante dei corpi della Marina. E' stato notato dalle alte sfere nel 2003, durante l'invasione in Iraq, quando era alla guida del V reggimento dei marines. Ora ottiene la guida del contingente statunitense in Afghanistan, dove sarà responsabile anche delicato compito di ritirare la maggior parte delle forze Usa entro la fine del 2014. «Ho piena fiducia nell'esperienza e nella leadership di Dunford», ha detto Obama. Dunford «guiderà le nostre forze negli sforzi che ci permetteranno di concludere la guerra con responsabilità».
L'inquilino della Casa Bianca ha quindi reso omaggio al comandante della forze di assistenza alla sicurezza (Isaf) uscente. Allen, ha detto Obama, «ha affermato la propria credibilità con gli alleati della Nato e con i partner Isaf». Sotto la guida di Allen, succeduto nel 2011 a David Petraeus, «la Nato ha compiuto importanti passi avanti verso l'obiettivo della sconfitta di Al Qaeda».

Tuesday 9 October 2012

Niente Imu per la Chiesa. Ancora.

Il Consiglio di stato boccia il decreto che avrebbe fatto pagare le tasse al Vaticano. 

di Emiliano Biaggio

Ancora una volta la Chiesa la sfanga: il Consiglio di Stato boccia il decreto del ministero dell'Economia per l'applicazione dell'Imu (l'Imposta municipale sugli immobili) sugli enti non commerciali, e quindi anche sulla Chiesa. Il decreto, secondo l'organismo di giustizia, in molte parti «esula» dalle competenze che erano state affidate dalla legge sulle liberalizzazioni. Una legge che prevede, tra le altre cose, che per gli immobili ad utilizzo misto (commerciale e non) l'Imu vada pagata dal 2013 in proporzione all'uso non commerciale per come risulta dalla dichiarazione dei proprietari. Che significa? Semplice: in base alle normative attualmente in vigore, basta che un qualsiasi esercizio commerciale e non abbia una cappella per non versare l'Imu. Il governo Monti (e sorprende che sia questo esecutivo, di estrazione fortemente cattolica) ha tentato di ovviare a tutto questo cercando di far pagare una volta per tutte le tasse alla Chiesa. Ma l'ha fatto maldestramente, secondo la Corte dei conti. Il governo Monti, si legge nel parere dei giudici, «ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall'oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazioni normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività». Il governo, in sostanza, si è spinto ben oltre le proprie competenze e le proprie prerogative. Il titolare del Tesoro non fa una piega: l'obiettivo di questo esecutivo, ribadisce Vittorio Grilli, resta quello di «assoggettare tutti i soggetti» al regime di imposizione Imu, anche perchè sull'Italia pende una procedura d'infrazione della Commissione europea per i regimi di esenzione fiscale, considerati distorsivi della concorrenza. Intanto il Vaticano continua a godere di quella intoccabilità che appare oggi più che mai rinnovata e oggi più che mai a dir poco intollerabile. Milioni di cittadini in tutto il mondo fanno i conti con la crisi, mentre pochi alti prelati vivono di sfarzi e privilegi: dopo secoli di indegna storia ecclesiastica sarebbe il caso di mettere una parola fine a tutto questo. Invece sembra quasi un comandamento: niente Ici e niente Imu per i beni del Vaticano. Una bestemmia, di questi tempi.

Monday 8 October 2012

Breviario

«La politica non deve essere per forza di persone preparatissime, la politica rappresenta tutte le categorie».
Nicole Minetti, consigliere regionale del Pdl in Lombaria (7 ottobre 2012, nel corso di "Domenica live")

Wednesday 3 October 2012

Rasmussen alla guida della Nato fino a luglio 2014

Prolungato di un anno il suo mandato di segretario generale.

Anders Fogh Rasmussen foto: the Guardian
di Emiliano Biaggio

Anders Fogh Rasmussen guiderà la Nato per un altro anno. I ventotto capi di stato dei paesi membri dell'Alleanza atlantica hanno infatti prolungato il mandato dell'attuale segretario generale, prorogandolo fino alla fine di luglio 2014. L'annuncio lo ha dato lo stesso Rasmussen al termine del vertice tenuto nel quartiere generale della Nato. «Sono contento e onorato della fiducia e del sostegno che vengono dati», ha detto in conferenza stampa. «E' una grande responsabilità guidare questo organismo in questi momenti in cui siamo messi alla prova: ci troviamo a dover ancora affrontare restano molte sfide» per la Nato. Sul tavolo, ha ricordato, ci sono diversi temi, e tutti molto delicati. «Dobbiamo completare il processo di transizione dell'Afghanistan nel rispetto dei tempi stabiliti, ampliare e rafforzare la nostra rete di alleati e mantenere le nostre alleanze per il futuro».
Dall'Unione europea sono già arrivati congratulazioni e incoraggiamenti. L'Ue è infatti convinta che Rasmussen - in carica da agosto 2009 - farà un ottimo lavoro, soprattutto per quanto riguarda il rafforzamento delle alleanze. «Mi congratulo con Rasmussen per l'estensione del mandato», ha commentato Catherine Ashton, alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e le politiche di Difesa. «Questa decisione è un'ottima notizia per ulteriori sviluppi delle relazioni tra Nato e Ue». Ashton ha quindi assicurato che continuerà ad esserci «stretta cooperazione» tra i due soggetti.

Tuesday 2 October 2012

Breviario

«Quando siete in aereo non è possibile far entrare ossigeno perché i finestrini non si aprono. Non so perché ma è così... E' un bel problema».
Mitt Romney, candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti (Los Angeles, 25 settembre 2012)