Friday 30 September 2011

Berlusconi e la favola dell'Italia

In tempi di crisi e commissariamenti per il premier il problema sarebbe quello delle intercettazioni. A cui lavora trascurando il paese.

l'e-dittoreale

Non pago di essere noto come barzellettiere, Silvio Berlusconi continua a raccontare la favola di un Paese, o meglio, un paese da favola. Peccato che la realtà dica che questo apese è in crisi come non mai. Lo dicono i numeri: il 28% dei giovani è senza lavoro, e questo dato al sud raggiunge picchi di oltre il 38%, il potere d'acquisto delle famiglie cala. Federconsumatori e Adusbef avvetono che «il crollo del potere di acquisto è destinato a peggiorare», mentre la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, denuncia un calo negli acquisti di generi alimentari. L'Italia arranca, e fa sempre più fatica a trovare un via d'uscita. La ricetta - peraltro pasticciata - del Governo non risponde a quello che la crisi porta con sè: due manovre condensate tra luglio e agosto non riusciranno infatti a dare la spinta che serve all'Italia, e quasi sicuramente servirà una nuova manovra economica a fine anno. I provvedimenti anti-crisi non contengono misure nè per la crescita nè per lo sviluppo, al contrario prevedono solo tagli e tassi, operazioni che strozzano ancor più famiglie, consumi, mercato del lavoro, economia interna. Lo dicono tutti. Lo dicono l'opposizione e «i giornali di sinistra», come sostiene Berlusconi. Ma lo dicono gli industriali: per la crescita ci sono «poche cose».
Il Governo non se ne cura. E sarebbe difficile il contrario, dato che abbiamo «un primo ministro a tempo perso», come ammesso dallo stesso premier, troppo occupato a organizzare feste, parlare con imprenditori, bloccare processi e intercettazioni telefoniche. Intercettazioni, l'argomento ormai rientrato prepotentemente nell'agenda politica italiana. Nel bel mezzo di declassamenti, crisi economiche-finanziarie, attacchi speculativi, crisi della moneta unica, ministri accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, Berlusconi cerca di convincere gli italiani che ciò di cui hanno bisogno è una legge sulle intereccettazioni. Un fatto grottesco, che piega ancora una volta un paese agli interessi di una sola persona. I paragoni sultanistici si sprecano, i parellelismi con il re sole e il "l'Est c'est moi" quasi scontati di fronte a un Governo e al suo capofesta ormai senza più alcuna credibilità, come dimostra il commissariamento "de facto" del nostro paese da parte della Banca centrale europea, e come chiaramente espresso a più riprese dall'intero mondo delle imprese, che boccia il partito "del non fare". Dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, arriva l'ultimatum che sa di sfiducia. L'esecutivo «agisca o a tragga le conseguenze». Dai costruttori edili arrivano i fischi al ministro Matteoli. Dal presidente dei giovani industriali, Jacopo Morelli, giunge la cancellazione di questa classe politica alla guida del paese, non invitata sul palco del tradizionale Forum di Capri. Il motivo? «Non vogliamo essere presi in giro». Non più. Il perchè lo spiegano i giovani industriali. «Il Paese è stanco», e occorre un governo «che faccia scelte» e «che sia credibile». Quello attuale, al massimo ha dell'incredibile.

Legge bavaglio, la maggioranza accelera

Lupi (Pdl): «La prossima settimana all'esame alla Camera». Insogono le associazioni: «Andremo alla corte dei diritti dell'uomo e in ogni cancelleria europea».

di Emiliano Biaggio

«Fare in fretta». Nel Governo e nella maggioranza ormai è un vero e proprio mantra quello che si ripete ormai da tempo sul disegno di legge sulle intercettazioni. Un provvedimento che tiene banco alla Camera, dove si vuole votare - quasi certamente con la fiducia - al massimo tra martedì e mercoledì. Il ministro della Giustizia, Nitto Palma, torna a ripetere che «non bisogna ritardare i tempi» del voto. Si lavora a partire dal testo frutto del compromesso tra fedeli al premier e finiani, con i finiani nel 2010 di un compromesso con i finiani, testo sgradito al Pdl e a Berlusconi e per questo accantonato per un anno. Ma adesso, si riparte e non si esclude di ripescare la legge Mastella, quella che vieterebbe la pubblicazione - integrale, parziale e per riassunto - dei provvedimenti in corso. Il Guardiasigilli è sciruo che il risultato gradito al premier è a portata di mano: Giorgio Napolitano, ricorda Plama, ha recentemente sostenuto che «esiste un eccesso di intercettazioni e un eccesso di pubblicazione di fatti privati», per cui dal Quirinale non dovrebbero arrivare stop nè sgridte sorprese. Per cui occorre non indugiare oltre. I lavori di Montecitorio «prevedono per la prossima settimana le intercettazioni», fa sapere Maurizio Lupi (Pdl), vicepresidente della Camera. «Mercoledì si voteranno le pregiudiziali», precisa a stretto giro Silvano Moffa, ex-finiano ora capogruppo di Popolo e Territorio (gli ex "responsabili) alla Camera. La legge bavaglio è quindi servita. L'Italia dei calori non ci sta: «Le intercettazioni - sostiene Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Idv - devono essere pubblicate senza minaccia di sanzioni per gli editori, perché è un dovere informare ed è un sacrosanto diritto dei cittadini conoscere fatti e misfatti di coloro che gestiscono la cosa pubblica». per Belisario Questo siamo di fronta a «un bieco e strumentale tentativo di salvare il premier dai processi in corso». Critiche poi a Palma. «Un ministro della Giustizia all'altezza del suo incarico non può pensare di eliminare o ridurre l'uso delle intercettazioni telefoniche, strumento di indagine fondamentale per combattere la criminalità organizzata», rincara la dose Belisario. «Le intercettazioni non riguardano la vita privata dei cittadini, ma mirano a stanare il comportamento illecito di persone indagate».
Contro la legge bavaglio non solo l'Idv: sono scesi in piazza, e minacciano di farlo ancora, il Popolo viola, Articolo 21, Libertiamo.it, Fnsi, Odg, Usigrai, Unione delle giornaliste libere e autonome. Alla protesta spontanea hanno aderito Sel, Pd, Idv e anche Fli. Berlusconi, però, tira dritto. «Fare in fretta», la parola d'ordine. Sull'altro fronte i manifestanti promettono di adire alla Corte dei diritti dell'uomo alla giustizia europea una volta venisse approvata la legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni, ma anche di depositare un dossier in ogni cancelleria europea e, in ultima ratio, di disattendere la legge pubblicando comunque le intercettazioni stesse. Ormai è scontro, e non più soltanto dentro il Parlamento.
(fonte foto: Rai)

Sunday 25 September 2011

breviario

«E’ mille volte più italiano un ragazzino nato in Italia da genitori stranieri che un uomo politico potente che attraverso la concussione e la corruzione ruba al proprio Paese».
Fabio Granata, deputato di Fli, nel corso del dibattito "Italiani senza cittadinanza" (Mirabello, 9 settembre 2011).

Friday 23 September 2011

Cipro, una divisione in due e tre scenari possibili


(introduzione di Emiliano Biaggio, scenari di Alessandro Daniele per Eurasia)


Conquistata da Venezia nel 1489, nel 1573 Cipro finì in mano agli ottomani, che ne fecere una provincia dell'impero. Ceduta in affitto per 99 anni nel 1878 ai britannici, Cipro viene annessa al Regno Unito alla fine della prima guerra mondiale. Indipendente nel 1960, l'isola arriva sull'orlo della guerra civile a seguito dei contrasti interni tra le due principali comunità: greca - maggioritaria - e turca - minoritaria. Il problema di fondo era uno, ed era politico: Makarios III, arcivescovo della chiesa ortodossa autocefala di Cipro e primo presidente dell'indipendente Repubblica di Cipro (1960-1977) era convinto fautore dell'enosis, l'annessione dell'isola alla Grecia. Il 15 luglio 1974 Un colpo di stato rovesciò Makarios e i militari presero il controllo. Cinque giorni dopo la Turchia, dopo consultazioni con l'Inghilterra, intervenne militarmente in soccorso della comunità Turco-Cipriota. E oggi la situazione è cristallizzata a quella che si venne a determinare 35 anni fa.
Nel 1983 i turco-ciprioti proclamarono uno Stato separato denominandolo Repubblica turca di Cipro del Nord (a tutt’oggi riconosciuto come Stato sovrano solo dalla Turchia); tale iniziativa, tuttavia, non interruppe i negoziati che, interrotti e rilanciati a più riprese, non sono mai giunti a una soluzione. Addirittura la situazione sembrò crollare nel 1998, allorchè il governo di Nicosia acquistò missili antiaerei dalla Russia, con l’intenzione di installarli sull’isola. Di fronte alla minaccia di ritorsioni da parte della Turchia, Nicosia raggiunse un accordo con la Grecia per l’installazione dei missili nell’isola di Creta, sotto controllo cipriota. Nel 002 ripresero i colloqui tra le due comunità, resi più urgenti dalla volontà di Cipro e della Turchia di entrare nell’Unione Europea (Cipro ha aderito ufficialmente all’Ue l'1 maggio 2004); tuttavia, nonostante le pressioni internazionali per la formazione di uno Stato federale con presidenza alternata e i primi passi compiuti con l’apertura della frontiera greco-turca di Nicosia, risalente al marzo 2003, ancora non è stato accettato alcun piano di pace. Come si evolverà la situazione nel futuro non è chiaro, ma allo stato attuale è possibile ipotizzare tre possibili casistiche:

1) Un primo scenario prevederebbe il fallimento dei negoziati e l’inizio del processo di separazione tra le due parti di Cipro. Secondo Cengiz Aktar, analista esperto di Unione Europea ed editorialista del quotidiano Vatan, tale scenario porterebbe alla trasformazione della Repubblica turca di Cipro del Nord nell’ottantaduesima provincia turca, ad un blocco dei negoziati tra UE e Turchia e allo stabilimento definitivo delle forze armate turche sull’isola, con conseguenze inevitabili sulla politica interna della stessa Turchia.

2) Un secondo scenario, invece, si aprirebbe nel caso la Turchia decidesse di avviare concessioni unilaterali per favorire la risoluzione della questione cipriota e la rapida prosecuzione dei propri negoziati di adesione all’Unione Europea: in quest’ottica il governo turco potrebbe da un lato imporre la propria volontà al presidente della repubblica turca di Cipro nord, Dervis Eroglu mentre, dall’altro, potrebbe concedere unilateralmente l’apertura dei porti marittimi e aerei per agevolare le trattative con l’Europa.

3) Un terzo scenario, infine, prevederebbe un ampliamento dei negoziati per la risoluzione del problema cipriota, i quali verrebbero a coinvolgere non solo le parti cipriote greca e turca, ma anche la Turchia, la Grecia, l’Unione Europea, il segretariato e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Cipro divisa anche su gas e petrolio

Greco-ciproti e turchi si contendono le risorse appena scoperte nel sottosuolo marino dell'isola. Che pensa a estrazioni con Israele. E Ankara mobilita la flotta.

di Emiliano Biaggio
Gas e petrolio nel fondale marino di Cipro. Una buona notizia per chi l'ha scoperto e per chi vuole estrarre le risorse, un po' meno per gli equilibri della regione e l'alta tensione che si respira da decenni attorno all'isola, ancora divisa tra un nord turco e un sud greco-ciprota. Il punto è il seguente: nella zona economica esclusiva di Cipro, la compagnia texana Noble Energy ha individuato il “blocco 12”, giacimento che sembrerebbe essere ricco di petrolio e gas. La società Usa – che ha appena condotto ricerche anche nelle acque territoriali israeliane – ha chiesto la partecipazione nelle attività estrattive i greco ciprioti e Israele. La Turchia però non riconosce la parte indipendente dell'isola, e vede come una provocazione l'idea di estrazione delle risorse in quanto il governo di Ankara ritiene che qualsiasi risorsa naturale offshore appartenga sia alla comunità greco-cipriota sia a quella filo-turca. Inoltre la Turchia è in crisi diplomatica con Israele. Per cui le notizie pervenute oltre Bosforo non possono che scatenare le immediate reazioni e innescare una nuova crisi. «Se insisteranno per metterci davanti al fatto compiuto – afferma il ministro degli esteri turco Davutoglu - faremo anche noi le nostre azioni, tra cui un patto sulle frontiere marittime tra Turchia e Cipro del Nord». Cipro Nord, fa sapere Davutoglu, «può condurre le stesse esplorazioni con la Turchia e la sua compagnia per il petrolio e il gas Tpa». Dichiarazioni che non intimoriscono le autorità ciprote, che attraverso il ministro per l'Energia annunciano l'intenzione di accelerare con le attività estrattive. «Stiamo compiendo anche noi questo passo, assieme a Cipro Nord», annuncia a stretto giro il premier turco Recep Tayyip Erdogan. «Potremmo cominciare molto presto, probabilmente questa settimana», aggiunge. «Inizieremo questi lavori nella nostra zona economica esclusiva». Questo significa che navi da guerra e aerei turchi monitoreranno, pronti ad intervenire, le operazioni di trivellazione che Cipro ha avviato in mare. I mezzi militari, inoltre, difenderanno le analoghe perforazioni che Ankara avvierà nei prossimi giorni.
La vicenda, oltre a riproporre la questione di Cipro, pone problematiche anche di più ampio spettro: il “blocco 12”, infatti, è un enorme giacimento sottomarino di gas al centro di una disputa anche tra Israele e Libano, trovandosi tra le acque territoriali di questi due Paesi e di Cipro. Israele, ovviamente, non molla. L’Onu invita alla calma i contendenti, temendo che queste nuove tensioni facciano allontanare il traguardo della riunificazione tra Cipro Nord e Sud. E anche l'Unione europea guarda con apprensione agli ultimi sviluppi nel Mediterraneo orientale. L'Ue ha addirittura invitato Turchia e Cipro a trovare «una soluzione complessiva» sullo status dell'isola. Per tutta risposta Ankara ha minacciato di sospendere le relazioni con l’Unione Europea se l’anno prossimo Bruxelles assegnerà a Cipro la presidenza di turno.

Friday 16 September 2011

breviario

«Non ho il benché minimo dubbio che Berlusconi voglia restaurare il fascismo in Italia. Non è un fascismo come quello degli anni trenta, fatto di gesti ridicoli come l’alzare il braccio teso. Ne ha altri, ugualmente ridicoli. Non sarà un fascismo in camicia nera, ma in cravatta di Armani».
José Saramago a El Pais, 14 ottobre 2009.

Thursday 15 September 2011

Intercettazioni, stop del Quirinale al decreto

Berlusconi al Quirinale da Napolitano per discutere di un eventuale decreto sulla materia. Nuova bocciatura del capo dello Stato a un provvedimento che non serve agli italiani.

l'e-dittoreale

Berlusconi insiste sulle intercettazioni, e tenta addirittura la carta del decreto - per nulla gradita al Quirinale - andando a discuterne al Colle proprio con il capo dello Stato. La risposta è stata una nuova ennesima bocciatura del programma del capo di Governo, che per cercare di convincere il presidente della Repubblica ha sostenuto la necessità di un decreto per il volere degli italiani. Il padre di tutti gli italiani, però, sa fin troppo bene che non sono questi i pensieri e i problemi per gli italiani. La crisi incombe e assume ogni giorno che passa scenari sempre meno rassicuranti, la disoccupazione aumenta, la precarietà dilaga, la quarta settima diventa un'ossessione per sempre più famiglie, il sud e il nord ampliano sempre più il loro divario, mancano a oggi misure per rilanciare crescita, consumi e mercato del lavoro, cose queste ultime di cui non c'è traccia nelle due manovre d'estate. Questo il presidente della Repubblica lo sa bene, non se ne accorge invece il presidente del Consiglio, che ancora una volta dimostra di pensare ai propri affari piuttosto che ai problemi reali del paese. Ancora una volta, come da sempre ha fatto da quando ha preso in mano le redini dell'Italia. Falso in bilancio, rogatorie internazionali, legittimo impedimento, rientro dei capitali all'estero, lodo Schifani e lodo Alfano, condono edilizio, condono fiscale: tutti provvedimenti varati nel nome della presunta volontà degli italiani, che adesso fanno i conti con una crisi non affrontata nè prevenuta per l'inerzia di diversi governi guidati tutti da uno stesso premier, intenti a pensare a tutt'altro. Come una legge anti-intercettazione in tempi di crisi. Per volere e paura di un re sempre più nudo.

Wednesday 14 September 2011

breviario

«Vi sono dei limiti oltre i quali l'idiozia dovrebbe venire controllata».
Heinrich Böll, Opinioni di un clown, 1963.

Tuesday 13 September 2011

AS Grifondoro (maggica giallo-rossa)


Presentata nuova maglia ufficiale della A.S. Grifondoro. Classica casacca rossa con bordi gialli, come da tradizione. Stemma della casata sul cuore, la nuova maglia - semplice ed elegante - si può trivare tutte le domeniche sui campi di quidditch e in tutti i Gryffindor store di Hogwarts e di Diagon Alley. A qualcuno potrà ricordare la maglia della maggica, ma si sa, la Roma è maggica per definizione, l'A.S. Grifondoro è magica perchè fatta di maghi.

AS Grifondoro (maggica giallo-rossa)

Arrivano i prodotti ufficiali

Presentata la collezione "tutti i mesi più uno 2011-2012" dell'A.s. Grifondoro. In tutti i Gryffindor store di Hogwarts e di Diagon Alley disponibile quindi i nuovi modelli per lui e per lei. Tante linee, tante novità. Qui accanto solo un assaggio di quello che riserva la nuova stagione. Tantissimi e numerosissimi gadget, articoli per la casa e per quello che più vi serve. La magia giallo-rossa sempre con voi.

Monday 12 September 2011

Legge bavaglio, la maggioranza ci riprova

Berlusconi invoca maggiore privacy, il Guardiasigilli traduce: accelerare l'approvazione del ddl sulle intercettazioni alla Camera.

di Emiliano Biaggio

La legge bavaglio non è affatto morta, anzi è più viva che mai. Dopo gli sviluppi del filone d'indagine sul caso Tarantini che vedono il presidente del Consiglio al centro di un presunto giro di prostituzione e concessione irregolare di appalti, la legge con cui vietare la pubblicazione degli atti giudiziari e delle intercettazioni torna di attualità nell'agenda politica di una maggioranza e di un Governo ancora una volta piegati alle logiche personali e personalistiche del Cavaliere. Quindi avanti tutti con la legge bavaglio. Niente decreti, perchè non passarebbero il vaglio del presidente della Repubblica, lavorare quindi su quell'impianto di legge che venne bloccato dai finiani ma su cui adesso si può trovare terreno fertile grazie a Scililpoti e ai "responsabili". La linea - che suona come vera e propria parola d'ordine - la detta il ministro della Giustizia, Nitto Palma: «Accelerazione dell'iter di approvazione del ddl intercettazioni, che giace alla Camera».
Il testo prevede il divieto di pubblicazione anche parziale di atti coperti da segreto e, fino alla fine delle indagini preliminari, di tutti gli atti non coperti da segreto. Questo riguarda ogni tipo di atto (conversazioni telefoniche, mail, messaggini, lettere, ordinanze emesse). Previste multe salate per i giornalisti e i direttori dei giornali che pubblicano ogni tipo di atto, la sospensione fino a tre mesi dall'attività lavorativa e anche il carcere. Provvedimenti per il centrodestra sacrosanti. Come spiega Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, la situazione è «del tutto inaccettabile», in Italia si assiste a «una nuova edizione del Grande Fratello» da «limitare».
Cicchitto, come Palma, fa quadrato attorno a Berlusconi, che vuole lasciare l'Italia e gli italiani nel silenzio più assoluto. «Tutti abbiamo diritto a fare degli umani sfoghi se parliamo al telefono con altre persone», afferma il premier ad Atreju. «Un Paese senza privacy, dove le conversazioni sono ascoltate e anche sfornate sui giornali - sottolinea - non è un Paese completamente libero». Del resto, torna ad attaccare il Cavaliere, «oggi il potere sovrano non e' più dei cittadini ma è dei magistrati di Magistratura democratica». Federico Palomba, capogruppo Idv in commissione Giustizia alla Camera, rassicura: «Nessuna accelerazione al bavaglio, semmai un freno», perchè «sarebbe criminale privare la magistratura di uno strumento di indagine essenziale». Il problema, però, come riconosce lo stesso Palomba, è che «da questa maggioranza, che non esita a presentare una legge vergogna che garantisce l'immunita' ai criminali come il processo lungo, non ci si puo' aspettare nulla di buono».

Friday 9 September 2011

Nessun riconoscimento della Palestina all'Onu

L'Anp chiederà di far parte del mondo, gli Stati Uniti annunciano il veto. E riaccendono il conflitto.

di Emiliano Biaggio

La comunità internazionale dice no al riconoscimento in sede Onu della Palestina. Tony Blair, ex premier britannico e inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, mette in guardia. «Qualsiasi gesto unilaterale è espressione di frustrazione e può essere comprensibile ma non per questo utile a fornire una soluzione per la nascita dello Stato palestinese». Anche per questo gli Stati Uniti hanno detto esplicitamente che ricorreranno al veto al Consiglio di sicurezza per bloccare ogni tentativo palestinese di ottenere l'ingresso all'Onu se la questione verrà affrontata alla prossima assemblea generale che inizierà il 19 settembre. «Il Presidente (Obama, ndr) - ha scandito Wendy Sherman, neo-nominata sottosegretario di Stato - è stato molto chiaro: una risoluzione Onu per il riconoscimento della Palestina non ci porterà alla soluzione a due Stati che entrambe le parti cercano e la gran parte del mondo cerca». La questione arabo-israeliano torna dunque di scottante attualità. Con il segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon, che irrompe sulla scena rendendo ancor più incandescente il clima. «Sono a favore dello Stato palestinese, uno Stato sovrano e indipendente della Palestina», ha sottolineato. Ma uneventuale ingresso palestinese all'Onu, ha aggiunto, è una questione su cui decideranno gli Stati membri. Le responsabilità di ciò che avverrà (o non avverrà) è dunque sulle spalle degli attori dello scacchiere internazionale.
La dirigenza palestinese, intanto ha deciso: chiederà ufficialmente l'adesione alle Nazioni Unite dello Stato di Palestina indipendente e sovrano con Gerusalemme est capitale, accanto ad un Israele confinato alle frontiere del 1967. Poi si presenterà per la ratifica in Consiglio di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno annunciato un veto, Israele non rinuncerà mai a Gerusalemme. Al momentoappare cosa certa l'isolamento della Palestina, che rischia però di isolare ancor di più Israele in una regione dove gli equilibri sono mutati e gli scenari appaiono incerti. Libia e Siria da sempre sono paesi critici nei confronti dello stato ebraico, l'Egitto, con la caduta di Mubarak, ha riaperto il valico di Rafah e bisogna capire come si comporterà con Isralele, e la Turchia ha appena istituzionalizzato la crisi diplomatica. Israle è dunque sempre più isolato e forse una soluzione della questione palestinese oggi potrebbe essere quanto mai necessaria.

Thursday 8 September 2011

Dall'8 settembre un nuovo concetto di Italia

Morte e rinascita di una nazione, per una data che ancora oggi fa discutere. E induce molti a ripensare a quell'idea di patria che fu.

l'e-dittoreale

L'8 settembre è morto il concetto di patria. Con l'8 settembre è rinato il concetto di patria. Due visioni della stessa storia, due modi diversi e opposti di interpretare gli eventi. Due verità. Quelle che l'8 settembre 1943 portà in sè. Da una parte un'Italia monarchica e fascista, a-democratica, autoritaria, irrigimentata. Insomma, un concetto di patria. Dall'altra parte un'Italia repubblicana e democratica, libera, nuova. Un'altra idea di patria. Nell'Italia della seconda guerra mondiale si incontrano e si scontrano questi due pensieri di Italia, uno dominante e ormai indebolito, uno non più minoritario e mai così palpabile; nell'Italia della seconda guerra mondiale, con la guerra civile che segue all'armistizio, le due Italia prendono vita: la repubblica di Salò da un parte, l'Italia liberata dall'altra. Le forze in campo sono note a tutti: soldati alleati, soldati italiani fedeli a Badoglio e partigiani da una parte; soldati rimasti fedeli al Duce e Wermacht dall'altra. Lo scontro è inevitabile, e come ogni scontro che si rispetto ci sono dei vincitori e dei vinti. Dopo quello scontro, l'esito - storicamente - è inappellabile: l'Italia fascista viene meno. Al suo posto la Repubblica, espressione pluralista e di tutte le correnti che hanno concorso al nuovo corso. Popolari, liberali, socialisti, comunisti, repubblicani, socialdemocratici, cattolici. perchè la partigianeria, contrariamente a quanto erronamente oggi in molti pensano, non fu "rossa". Non esclusivamente, almeno. Alcide De Gasperi, tanto per fare un esempio, prese parte alla resistenza e si unì ai partigiani. E' anche grazie a loro se oggi abbiamo questa Italia, oggi tuttavia in crisi profonda di identità e di valori. Un'Italia che oggi fatica ad avere coscienza di sè, e quindi del concetto di sè, rischiando di ritrovarsi forse più vicina a un nuovo crocevia di quanto molti potessero immaginare. Perchè gli sconfitti, quelli che hanno perso l'Italia autoritaria anti-democratica con sempre maggiore insistenza tornano a reclamare il passato - a loro dire - fatto di grandezza, onore e splendore. Valori cancellati - sempre a loro dire - con l'infamia del voltafaccia. Per molti, ancora oggi, l'8 settembre viene visto come un tradimento nei confronti degli alleati dell'asse, una prova di inaffidabilità internazionale. Una lettura storica propria di quel concetto di patria morto con l'8 settembre, ma smentito nei decenni successivi, quando l'Italia rinata su altre basi e ben altri ideali era partner affidabile di una nuova Europa e protagonista del processo di integrazione. L'8 settembre 1943 muore il concetto di Italia patria fascista, e nasce il concetto di Italia patria democratica e libera. Un concetto oggigiorno sfuggito alla comprensione e alla coscienza dei sempre più che rischia di far morire un paese che tanto sangue ha dovuto versare per rinascere. L'Italia che si riscopre dopo l'8 settembre, infatti, lascerà sul campo i caduti della guerra, della guerra civile, delle rappresaglie, dei regolamenti di conti condotti anche dopo le ostilità. Questa, del resto, è storia. Ogni tentativo di riproporre modelli cancellati - attraverso la destra di ispirazione fascista, attraverso leggi e progetti di legge contro i fondamentali principi di libertà - sarebbe solo un'attentato alla Repubblica. A quanti ancora oggi si sentono sconfitti e umiliati, va detta una cosa: non siamo figli di un tradimento, ma il frutto della rinnegazione della parte peggiore di noi. Quella che arrivò a promulgare le leggi razziali e a condurre un paese in una guerra che non poteva permettersi. Per l'artefice di tutto ciò, Benito Mussolini, «regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano». Questo è vero, e in questo sta forse la principale sfida per una democrazia. Del resti, ha messo in guardia l'arcivescovo Ersilio Tonini, «entra in crisi la democrazia, perché essa, intendo la democrazia quantitativa moderna, è stata pensata supponendo che ci fossero dei valori stabili, fissi, condivisi da tutti». In questo monito, vero e preoccupante, risiede il compito di chi vuole una democrazia vera, solida, stabile, per tutti: rendere patrimonio comune quel concetto di patria nato dall'8 settembre.

8 settembre 1943

Sunday 4 September 2011

Friday 2 September 2011

breviario

«Disponiamo di una stampa di sinistra e di una opposizione di sinistra anti-italiane che accusano il governo di essere nella confusione e nel caos, mentre il governo sta lavorando per fare una manovra il meno pesante possibile anche aperta alle idee degli altri da valutare come il buon padre di famiglia. Abbiamo un'opposizione e tutti i suoi rappresentanti principali e i giornali di sinistra che gridano che manca la copertura alla Manovra, che la Manovra non funziona: sono cose che impressionano i mercati e aizzano la speculazione contro l'Italia. Sono cose che preoccupano i nostri amici europei».
(Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri, Parigi, 1 settembre 2011, al vertice sulla Libia)

«Vado via da questo paese di merda... di cui sono nauseato».
(Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri, 13 luglio 2011, al telefono con Valter Lavitola)