Ha "creato" il commissario Montalbano, e ha vinto la sua scommessa. A colloquio con uno dei maggiori scrittori dei nostri giorni.
di Emiliano Biaggio
«No che non mi aspettavo di avere tutto questo successo». Sentirselo dire dal "padre" del commissario Montalbano, fa un certo effetto. Ma Andrea Camilleri è davvero sincero, non ha falsa modestia da mostrare. E si vede da come si ferma a conversare, da come si lascia intervistare e dal modo - cordiale e disponibile - con cui sta "al gioco" delle domande e risposte. L'incontro è del tutto fortuito e imprevisto, un pò come il successo che - a sentire lo scrittore siciliano - ha riscontrato lo stesso Camilleri. «Pensa che questa popolarità e tutta questa pubblicità è arrivata grazie al passaparola...», dice quasi a voler sottolineare che, almeno per lui, le case editrici hanno ricoperto un ruolo minore nella pubblicizzazione e nel lancio dello scrittore. «Ma del resto non esiste una formula per fare successo», ricorda Camilleri. E questo, alla fine, è un bene, perchè «se esistessero formule magiche saremmo tutti scrittori di successo». Come dire, se ci fosse una ricetta per confezionare libri che poi vendono milioni di copie, il talento e la capacità personali non avrebbero più modo di esistere. E poi, a ben vedere, «servono gli scrittori, ma servono soprattutto i lettori», evidenzia Camilleri. «Per il successo di una qualsiasi opera serve l'apprezzamento del pubblico, nel caso dei libri del lettore», spiega.
Nella vita, per lavoro, ha scritto gialli. Storie complesse fatte di intrighi e casi intricati da risolvere. Ma il creatore di Montalbano, via via che parla, dimostra di essere persona semplice. Lo conferma quando punta i suoi occhi pieni di vitalità su una confezione di prodotti sott'olio, esposta sul ripiano alle nostre spalle: parla, forse riflettendo tra sè o forse rivolgendosi a chi gli sta di fronte: «Quando vai a mangiare fuori ti rendi conto che le cose hanno un sapore diverso», esclama lo scrittore. «Oggi serve un ritorno ai cibi veri». Il pensiero di Camilleri va alla terra, alla "sua" terra: la Sicilia. «In trent'anni ho visto scomparire distese di ulivi saraceni, ed è un vero peccato. Lo sviluppo edilizio è necessario, ma non a danno dell'ambiente». Un ambiente, che sulla sua isola, risulta fin troppo trascurato. «In Sicilia ci sono troppe terre abbandonate, c'è poca attenzione». Avremmo potuto parlare di tanto, ma Camilleri vuole che, almeno per un attimo, si parli della Sicilia, la sua Sicilia. Che poi è la Sicilia di Montalbano. Chissà quanta fatica per concepire tutte quelle storie... «Nessuna fatica», assicura lo scrittore. Certo, «ogni giorno mi sveglio alle 6 del mattino, mi rado, mi faccio la doccia, faccio colazione, e poi scrivo fino all'ora di pranzo. E poi dopo pranzo fino a sera». Insomma, nessun sacrificio, solo tanta voglia di creare e stupire. E passione per il proprio lavoro. «Certo. E penso che Brunetta dovrebbe darmi una medaglia per questo...».
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