Lula e Jiabao a Copenhagen per parlare di clima avvertono il mondo: «vogliamo anche noi la possibilità di diventare ricchi».
di Emiliano Biaggio
«Non veniamo qui in ginocchio, e non abbiamo bisogno di denaro per risolvere i nostri problemi. Qui a Copenhagen la questione non è solo quella del denaro, si tratta di dare a tutti i paesi in via di sviluppo le opportunità di poter vivere come gli altri paesi industrializzati». Anche perchè, «adesso che abbiamo iniziato a crescere, non vogliamo tornare al passato». Interviene all'assemblea plenaria del vertice mondiale sul clima Luis Ignacio Lula da Silva, ma non parla prettamente di clima. Il messaggio che lancia dal Bella Center di Copenhagen il presidente del Brasile, suona più come pro-memoria per il tempo a venire e per le trattative future. Lula si dice «frustrato» per tutti i colloqui «non così utili» avuti nella capitale danese, e fa capire di non gradire il comportamento degli altri Paesi, specie quelli degli Stati più industrializzati. Questi ultimi promettono aiuti ai Pesi in via di sviluppo per 100 miliardi di dollari, anche se non dicono come e quando intendono erogarli. Ma il presidente del Brasile non si limita a riflettere sul presente, e vuole mettere le cose in chiaro anche e soprattutto per il futuro. «Bisogna fare attenzione», bisogna scongiurare la possibilità che «questi interventi nei paesi in via di sviluppo diventino troppo invasivi». Il presidente del Brasile si riferisce anche al denaro, ai 100 miliardi di dollari promessi ai paesi in via di sviluppo per poter mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. «C'è bisogno di trasparenza per capire dove questi fondi verrano posizionati», ammonisce. Ma Lula tiene a sottolineare che non si tratta solo di una questione di soldi, perchè «il denaro non ha risolto niente nel passato e non lo farà neanche in futuro. Ciò che vogliamo è la possibilità di lavorare tutti insieme». Fuor di parafrasi il messaggio del leader brasiliano è questo: i paesi meno ricchi non sono in vendita, e devono essere considerati come tutti gli altri. Non devono essere esclusi, ma inclusi, perchè nell'era della globalizzazione bisogna ragionare in termini globali. «Non c'è da discutere solo un accordo tra paesi, ma un qualcosa di più serio», sottolinea Lula. Chi approfitta del palcoscenico mondiale di Copenhagen per tracciare la politica del "di qui in avanti", è la Cina, che con il premier Wen Jiabao ricorda «l'importanza della riduzione delle emissioni di CO2 e degli aiuti da dare ai paesi poveri per farli uscire dalla loro condizione di povertà», una piaga che «affligge soprattutto i paesi in via di sviluppo». E la Cina rientra proprio in questa categoria di Stati. Anche dal governo di Pechino arriva dunque lo stesso messaggio di Lula: stiamo attraversando la nostra crescita e non vogliamo rinunciarvi, perchè anche noi abbiamo gli stessi diritti ad essere ricchi, proprio come i paesi ricchi. Cina e Brasile sono seriamente intenzionati ad andare dritti per le rispettive strade: una sfida per gli equilibri geopolitici.
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