Tuesday, 15 December 2009

Quando a essere aggredita è la democrazia

Aggredito il presidente del Consiglio, nel mirino finiscono tv, internet, sindacati e partiti di opposizione.
L'e-dittoreale

Berlusconi aggredito a Milano da Massimo Tartaglia, uomo affetto da disturbi psichici che ha colpito al volto il premier con un souvenir. Conseguenze del gesto, dicono le fonti mediche, due denti rotti, frattura del setto nasale e lesione del labbro. Ma a risentirne non è solo il presidente del Consiglio, come testimoniano le reazioni scatenate da quanto accaduto. Prim'ancora dell'aggressione a Milano si erano alzati fischi, «una cosa che non si può accettare» a detta del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. A un giornalista che le chiede se non si possono più accettare le contestazioni, Gelmini risponde «si, penso che serva un disegno di legge che sanzioni in maniera decisa certi comportamenti». Il ministro dell'Istruzione, di fatto non fa che dire che il dissenso non è permesso. Come se non bastasse, il ministro dell'Interno urla con forza che «bisogna chiudere i siti più volenti». Si mette mano alla rete, insomma, oscurando siti e blog come in Cina e Iran, tanto per fare un esempio. Paesi, quelli citati, non proprio emblema di democrazia e contestati in fatto di rispetto di diritti umani. Ma del resto, avverte Maroni, «sui social network sono subito apparsi più di 300 gruppi inneggianti a Tartaglia con titoli espliciti e violenti. Su You tube sono apparsi video dell'aggressione al Presidente del consiglio con appelli alla violenza». Youtube e social network (il più famoso - e usato - dei quali è Facebook, su cui sono apparsi gruppi pro-Tartaglia), veri e propri canali telematici "di massa": se si oscurano questi canali si assesta un duro colpo alla democrazia e a tutti i principi ad essa collegata, non bisogna nasconderselo. Per questo le ultime dichiarazioni non devono passare inosservate, perchè contengono in sè il rischio della deriva anti-democratica e il germe della dittautura. Come se non bastasse, il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, nell'aula di Montecitorio sostiene la tesi secono cui la campagna di odio contro Berlusconi «è condotta dal network Repubblica-L'Espresso, da Il Fatto, dalla trasmissione di Santoro Annozero e da un terrorista mediatico di nome Travaglio». Per il deputato del Pdl «l'Italia dei valori, attraverso il suo leader di Pietro, sta evocando la violenza» insieme a «qualche settore giustizialista del Pd». Come se non bastasse, Cicchitto denuncia «l'allarmante e spesso improprio protagonismo degli organismi sindacali e istituzionali della magistratura: dall'Anm con i suoi proclami politici, al Csm con il suo continuo e strumentale ricorso alle cosiddette pratiche di tutela e ai pareri non richiesti sulle leggi in discussione in Parlamento». Attacchi a tutto campo, quindi. Si mettono in discussione partiti di opposizione, giudici, sindacati, programmi televisivi e giornalisti, e quindi libertà di stampa, libertà di espressione e libertà di opinione. Intanto Maroni annuncia che giovedì arriveranno sul tavolo del Consiglio dei ministri due proposte: una che intende inasprire le misure anti-contestazione alle manifestazioni, l'altra per valutare l'oscuramento dei siti internet «che inneggiano all'odio». Il ministro dell'Interno non si sbilancia: «Non ho intenzione di dire quali: lo dirò prima al Consiglio dei ministri, essendo misure delicate, che riguardano terreni delicati come la libertà di espressione sul web e quella di manifestazione, ancorché in luoghi pubblici». C'è poco da dire: il clima è veramente esasperato. A farne le spese non Berlusconi, ma tutto il Paese, ordinamento compreso. Come si è arrivati a questo? Come mai oggi si respira quest'aria pesante? Di Pietro, subito dopo aver stigmatizzato l'aggressione al premier ha detto parole che hanno scatenato un terremoto politico: «Io non voglio che ci si mai violenza, ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefraghismo istiga alla violenza», ha affermato il leader dell'Idv. Diciamolo: in questi anni Berlusconi si è preoccupato dei suoi affari e dei suoi problemi più che concepire politiche realmente sociali. E ha attaccato sempre Quirinale, magistratura e opposizione. Il clima di oggi è quello che piano piano si è costruito nel tempo. Quello a cui siamo giunti è quindi un punto di arrivo, su cui anche il premier ha le sue responsabilità - forse ben consapevoli. A Satiricon diceva satirico Daniele Luttazzi: «Di questo passo, dove andremo a finire? Ci siamo già».

(Editoriale per la puntata del 18 dicembre 2009 di E' la stampa bellezza, in onda su
Radio Libera Tutti.)

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