Le estrazioni petrolifere off-shore nell'arcipelago di Lofoten e Vesteralen dividono il Paese. MA adesso il governo è chiamato a dover prendere una decisione. Tra spinte di conservazione paesaggistica ed interessi economici. Guardando alla vicina Russia.
di Alberto Fiorillo
Petrolio o paesaggio? La scelta di una delle due risposte determinerà il futuro dell'arcipelago norvegese delle Lofoten e Vesteralen, un paradiso naturalistico dove il riconfermato governo laburista di Oslo vorrebbe avviare nuove trivellazioni petrolifere per sfruttare i giacimenti al largo delle loro coste. La questione divide la Norvegia da molto tempo. Il primo ministro Jens Stoltenberg ha rimandato per il momento ogni decisione sullo sfruttamento del petrolio delle Lofoten, ma il governo sta subendo fortissime pressioni della lobby petrolifera che ha già completato la fase preliminare delle ricerche (con studi sismici e geologici) propedeutica alle trivellazioni esplorative. I tre partiti di sinistra che formano la coalizione di governo in Norvegia (Partito laburista, sinistra socialista e partito di centro) nella loro piattaforma comune prevedono di non aprire le Lofoten e le Vesteralen allo sfruttamento petrolifero, confermando la decisione presa nel 2006. Però ora si trovano di fronte alla decisione se autorizzare o meno l'avvio della Valutazione di impatto ambientale (Via) e sembrano intenzionati a dare via libera. Secondo la Total, molto attiva nei mari norvegesi, bisogna rimpiazzare al più presto gli attuali giacimenti off-shore: il picco di produzione è stato ormai superato e i giacimenti si stanno riducendo, occorre quindi puntare alle isole del grande nord per garantire la continuità dell'industria petrolifera norvegese e dei posti di lavoro nel settore. Helge Lund, amministratore della Statoil, compagnia petrolifera della quale lo Stato detiene i due terzi delle azioni, calcola che le entrate potenziali che potrebbero venire dal petrolio della Lafoten siano di almeno 180 miliardi di euro. L'Olf, la Confindustria del petrolio norvegese, promette dal canto suo «duemila nuovi posti di lavoro senza il minimo danno all'ambiente o alla pesca». I petrolieri sono sostenuti dalla destra populista del Partito del Progresso (il secondo partito della Norvegia) che minimizza ogni rischio ambientale. Sul giornale Novethic un deputato della destra, Pal Arne Davidsen, spiega che «ci sono voluti circa 25 anni tra la scoperta del giacimento di Sno Hvit e l'inizio del suo sfruttamento. I progressi tecnologici saranno tali che si potranno sicuramente ridurre al minimo i rischi».
L'altro argomento forte dei petrolieri è lo sfruttamento futuro dell'enorme giacimento russo di Stockhman, attualmente in fase di sviluppo, che comporterà un forte aumento del traffico marittimo al largo delle coste norvegesi. Un'azione che forzerà in ogni modo le autorità norvegesi a sviluppare delle tecnologie e dei servizi di soccorso in caso di maree nere. Forti della vicinanza con un potenziale inquinamento prodotto dalla Russia i favorevoli all'apertura di nuovi pozzi off-shore spingono sull'acceleratore, mentre per gli ambientalisti norvegesi si tratta di un'aggressione a quello che in patria è considerato un santuario della natura. Le acque delle Lofoten ospitano l'ultimo grande stock di merluzzo del pianeta e soprattutto le sue aree riproduttive. Inoltre le Lofoten hanno una fiorente industria turistica che potrebbe essere compromessa dalle trivellazioni o, peggio, da incidenti e maree nere.
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