Dall'accademia militare di West Point (New York), dove Bush lanciò la guerra preventiva al terrore, il presidente Nobel per la pace rilancia la campagna avviata dal suo predecessore.
di Emanuele Bonini
Trentamila soldati da inviare entro sei mesi, «per vincere» la guerra ai talebani, al fondamentalismo islamico e, quindi, al terrorismo. Una mobilitazione rapida per una vittoria rapida, almeno secondo i calcoli. Perchè secondo i piani di Barack Obama dall'estate 2011 i soldati statunitensi inizieranno a essere smobilitati. Il tanto atteso annuncio di un aumento di truppe in Afghanistan non ha deluso le aspettative: il presidente degli Stati Uniti ha confermato le voci circolate e le notizie trapelate negli ultimi giorni, per una decisione che va a rispondere alle richieste dello stato maggiore dell'esercito, che aveva sollecitato più uomini e mezzi per contrastare la controffensiva talebana nel paese. Perciò, adesso, ai 68.000 soldati già presenti sul territorio, se ne vanno ad aggiungere altre tre decine di migliaia, portando a 100.000 il numero degli uomini del solo contingente statunitense. Con l'America in recessione, e con un conflitto costato finora più di 230 miliardi di dollari, la Casa Bianca opta per una scelta che - secondo le stime - costerà all'Erario federale tra i 15 e i 30 miliardi di dollari l'anno. Obama, nel suo discorso, ha glissato sul come conta finanziare queste nuove ulteriori spese militari. Alla nazione, e ai contribuenti ormai stanchi di una campagna durata già otto anni, ha soltanto ricordato che in Afghanistan «è in gioco la sicurezza nazionale dell'America». Un messaggio che il presidente Usa rivolge anche agli alleati. «Questo fardello- sostiene Obama- non è soltanto il nostro. Non è soltanto la guerra dell’America». Alla comunità internazionale vengono chiesti 10.000 soldati, e a quanto pare ne sarebbero stati sollecitati 2.000 alla Germania, 1.500 ciascuno a Italia e Francia e 1.000 al Regno Unito, oltre ad altre 4.000 unità che proverrebbero da altri membri della Nato. Immediate le risposte della comunità internazionale: il premier britannico, Gordon Brown, fa sapere che invierà 500 uomini, mentre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi garantisce che l'Italia «farà la sua parte». Persino la Spagna risponde all'appello statunitense, con il governo di Madrid che annuncia l'invio di 200 soldati. Da sottolineare la semplicità nel trovare uomini e mezzi per la campagna afghana e l'immediata disponibilità dei diversi paesi a dare ognuno il proprio contributo. Cose, queste, venute clamorosamente a mancare quando, appena due settimane fa, si chiedeva di individuare risorse e strategie per combattere la fame nel mondo. Allora tutti assenti, oggi tutti pronti a spendere. In tempo di crisi, per di più. Il gioco vale la candela? Difficile dirlo, certo è che «gli attacchi aumenteranno», annunciano i talebani. Ma Obama è sicuro: «l'Afghanistan non è perduto», e soprattutto, aggiunge, «non è un altro Vietnam». Meno male, con quello che ci costa... E non solo in termini economici: dal 2001 a oggi sono caduti sul campo 1.533 soldati, 486 solo quest'anno. Per non parlare delle decine di migliaia di vittime civili: solo nei primi mesi del 2009 ne sono state conteggiate 1.013, ben il 24% in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Ma non deve soprendere, sono i numeri propri di una guerra, e in Afghanistan si combatte. Obama dice fino al 2011. Nel frattempo tutti resteranno a guardare. Anche chi, nel sud del mondo, riuscirà a non morire di fame.
di Emanuele Bonini
Trentamila soldati da inviare entro sei mesi, «per vincere» la guerra ai talebani, al fondamentalismo islamico e, quindi, al terrorismo. Una mobilitazione rapida per una vittoria rapida, almeno secondo i calcoli. Perchè secondo i piani di Barack Obama dall'estate 2011 i soldati statunitensi inizieranno a essere smobilitati. Il tanto atteso annuncio di un aumento di truppe in Afghanistan non ha deluso le aspettative: il presidente degli Stati Uniti ha confermato le voci circolate e le notizie trapelate negli ultimi giorni, per una decisione che va a rispondere alle richieste dello stato maggiore dell'esercito, che aveva sollecitato più uomini e mezzi per contrastare la controffensiva talebana nel paese. Perciò, adesso, ai 68.000 soldati già presenti sul territorio, se ne vanno ad aggiungere altre tre decine di migliaia, portando a 100.000 il numero degli uomini del solo contingente statunitense. Con l'America in recessione, e con un conflitto costato finora più di 230 miliardi di dollari, la Casa Bianca opta per una scelta che - secondo le stime - costerà all'Erario federale tra i 15 e i 30 miliardi di dollari l'anno. Obama, nel suo discorso, ha glissato sul come conta finanziare queste nuove ulteriori spese militari. Alla nazione, e ai contribuenti ormai stanchi di una campagna durata già otto anni, ha soltanto ricordato che in Afghanistan «è in gioco la sicurezza nazionale dell'America». Un messaggio che il presidente Usa rivolge anche agli alleati. «Questo fardello- sostiene Obama- non è soltanto il nostro. Non è soltanto la guerra dell’America». Alla comunità internazionale vengono chiesti 10.000 soldati, e a quanto pare ne sarebbero stati sollecitati 2.000 alla Germania, 1.500 ciascuno a Italia e Francia e 1.000 al Regno Unito, oltre ad altre 4.000 unità che proverrebbero da altri membri della Nato. Immediate le risposte della comunità internazionale: il premier britannico, Gordon Brown, fa sapere che invierà 500 uomini, mentre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi garantisce che l'Italia «farà la sua parte». Persino la Spagna risponde all'appello statunitense, con il governo di Madrid che annuncia l'invio di 200 soldati. Da sottolineare la semplicità nel trovare uomini e mezzi per la campagna afghana e l'immediata disponibilità dei diversi paesi a dare ognuno il proprio contributo. Cose, queste, venute clamorosamente a mancare quando, appena due settimane fa, si chiedeva di individuare risorse e strategie per combattere la fame nel mondo. Allora tutti assenti, oggi tutti pronti a spendere. In tempo di crisi, per di più. Il gioco vale la candela? Difficile dirlo, certo è che «gli attacchi aumenteranno», annunciano i talebani. Ma Obama è sicuro: «l'Afghanistan non è perduto», e soprattutto, aggiunge, «non è un altro Vietnam». Meno male, con quello che ci costa... E non solo in termini economici: dal 2001 a oggi sono caduti sul campo 1.533 soldati, 486 solo quest'anno. Per non parlare delle decine di migliaia di vittime civili: solo nei primi mesi del 2009 ne sono state conteggiate 1.013, ben il 24% in più rispetto allo stesso periodo del 2008. Ma non deve soprendere, sono i numeri propri di una guerra, e in Afghanistan si combatte. Obama dice fino al 2011. Nel frattempo tutti resteranno a guardare. Anche chi, nel sud del mondo, riuscirà a non morire di fame.
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