Friday, 8 January 2010

Pd, crisi di un partito che fa male all'Italia

Liti e pochi pogrammi. E mentre la sinistra perde terreno, il paese viaggia verso un inquietante assetto "monocolore".

l'e-dittoreale
In Puglia una coalizione a dieci, nel Lazio nessun candidato, con la dirigenza nazionale che dice "si" a Emma Bonino e i bersaniani della sezione laziale del Pd che invece invocano le primarie. Il Partito democratico non perde occasione per dimostrare il profondo stato confusionale che lo anima, e stiamo pur certi che non perderà occasione per perdere. In Puglia, anche ammesso che il progetto a dieci alla fine prevalga (insieme si troverebbero Udc, Idv, Socialisti, Verdi, Pdci, Api, Radicali, Repubblicani, Comunisti Sinistra Popolare e il Movimento di Enzo Divella) si pone il problema della stabilità di una eventuale giunta: come potrebbe essere formata e quanto potrebbe durare. Nel Lazio, invece, si manifesta l'assenza di un progetto, palesato dalla mancanza di candidati. Renata Polverini la propria campagna elettorale l'ha già avviata, e da tempo. Viceversa il Pd da tempo perde terreno prezioso, sia nella corsa alla prima poltrona regionale, sia sul fronte dei consensi. Le strade - almeno nella Capitale - sono tappezzate da manifesti con l'immagine di Pierluigi Bersani sopra un slogan che recita "per l'alternativa". Diciamolo chiaramente: questo Partito democratico, in questo momento, non offre alcuna seria alternativa credibile ed efficacia al Pdl di Silvio Berlusconi. Il premier, certo, ha i suoi problemi interni, e sostenere che il cavaliere non sia ostaggio delle varie correnti di coalizione (si pensi a Lega e alla corrente finiana dell'An che fu) più di quanto lo sia Bersani nel suo partito, sarebbe offrire un lettura miope del panorama politico nazionale. Ma l'immagine del Pd è ben diversa, perchè se nella maggioranza c'è comunque un gruppo che nonostante tutto e malgrado tutto va per una prorpia strada e segua una propria politica - sia questa condivisibile o meno - sul fronte dell'opposizione permane l'immagine di un fronte disomogeneo - se pensiamo ai rapporti Pd-Idv e al ruolo dell'Udc - e di partito, il Pd, diviso al proprio interno e in preda ad una confusione tale da portare l'apparato tutto alla paralisi e all'inevitabile fallimento polico. Finora solo sconfitte, da quelle subite da Veltroni a quelle - inevitabili - che dovrà metaboizzare Bersani: sia chiaro che nessuno ha il dono di prevedere il futuro, ma certo è arduo credere che la linea assunta dal Pd fino ad oggi possa pagare. Al massimo potrà essere fatta pagare. A danno del Pd, certo, ma anche a danno del Paese. L'assenza di una opposizione che sia non tanto forte quanto almeno credibile, rafforza Berlusconi sbilanciando pericolosamente l'asse democratico in Italia. Con i partiti di centro-sinistra che perdono terreno, voti e consensi e un parallelo continuo rafforzamento delle forze di centro-destra, l'Italia viaggia verso un assetto "monocolore" di inquietante preoccupazione. E non potrebbe essere altrimenti: in un sistema democratico, per quanto imperfetto, c'è bisogno di una destra e di una sinistra, di pesi e di contrappessi. Altrimenti si instaura un regime e la democrazia viene meno. Con un Berlusconi che attacca stampa, potere giudiziario, e una maggioranza che si scaglia contro la Costituzione, sarebbe lecito nutrire timori. Va qui chiarito che la Costituzione non è certo un tabù, ma come tutte le cose il problema non è cambiare, ma come cambiare. Va quindi precisato che dico sarebbe lecito nutrire timori se ci fosse un fronte tra la società civile che si rendesse conto dei rischi che si corrono. L'impressione è che invece ci sia un sempre maggiore consenso, silenzioso e manifesto. Ciò si deve anche alla sinistra, sempre più incapace di essere alternativa e sempre più sull'orlo dell'autodisgregazione. Malinconico specchio di un società da reinventare in un paese in crisi. D'identità e non solo.

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