Friday, 2 July 2010

La donna nella società mussulmana - Il caso Marocco

Non è assolutamente vero che il Corano mortifica la donna, e nel paese del Maghreb la questione femminile è stata posta solo nel 2000.

di Mimmo del Giudice*
«II mondo islamico non ha altro mezzo per superare le sue difficoltà che di associare la donna alla promozione della società sul piano scientifico e pratico, permettendole di dare prova della sua competenza, di sviluppare le sue capacità e di assumere un ruolo nella realizzazione del progresso e la costruzione del futuro». Parola di Mohammed VI, re del Marocco. Il sovrano magrebino si è espresso in questi termini nel messaggio ai partecipanti al convegno internazionale sul tema «la donna mussulmana e le scienze: per un futuro migliore» che si è tenuto a Fes nel marzo del 2000. Succeduto al padre Hassan II nel luglio del 1999, il giovane Mohammed VI, sulla scia del genitore nonché del nonno Mohammed V, ha posto alla base dell'ammodernamento del Paese la questione femminile. Un problema affatto semplice da risolvere. Un problema che trae la sua origine da alcune regole del credo di Allah. Ma che viene esasperato da una interpretazione spiccatamente maschilista che di queste regole si da. Infatti non è assolutamente vero che il Corano mortifica la donna. Anzi, se si tiene conto dell'epoca in cui il libro sacro è stato dettato da Dio, attraverso l'angelo Gabriele, a Maometto vale a dire tra la fine del VI e l'inizio del VII secolo dopo Cristo, e delle condizioni di vita di allora, esso contiene norme che non è azzardato ritenere una sorta di riforma del diritto di famiglia per quanto attiene alla condizione della donna. Nella società politeista di allora vigeva la poligamia illimitata, la donna era esclusa dalla ripartizione dell'eredità (anzi la vedova faceva parte del patrimonio ereditario), e addirittura non era reato seppellire vivo un neonato di sesso femminile.
Nel Corano si biasima l'infanticidio («perduti sono coloro che uccidono scioccamente nella loro ignoranza i propri figli», recita il versetto 140 del capitolo VI, la sura dei Greggi), si limita a quattro il numero delle mogli, si dice che anche alla donna spetta parte dell'eredità (la metà di quanto va all'uomo al quale tocca di più perché è a lui che compete mantenere colei che prenderà in moglie). Vero è che nel libro sacro sta pure scritto che «gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri «(versetto 34, sura delle Donne), ma il primo versetto dello stesso capitolo recita: «Rispettate le viscere che vi hanno portato». Persino nel suo ultimo discorso Maometto così si rivolge ai suo fedeli: «O gente, voi avete dei diritti sulle vostre donne, ma anche esse hanno dei diritti su di voi... Trattate bene le donne perché esse sono le vostre aiutatrici». Insomma nel Corano non c'è traccia, non si fa cenno alcuno alle mortificazioni, alla violenza fisica e psicologica nei confronti della donna di cui ancora oggi ci sono segni evidenti persino in paesi per molti aspetti moderni come è appunto il Marocco. Qui uno slogan comune a tutte le associazioni femminili dice «Guardare indietro per andare avanti». E vuole appunto significare che basta rifarsi al Corano per riconoscere alla donna quella dignità che spesso le viene negata da una società tutta impostata in chiave maschilista. Un maschilismo che vede la donna perennemente «sotto tutela». Un maschilismo che ha tenaci assertori nel governo, nel Parlamento, in molti settori dell'opinione pubblica. Per cui anche con il sostegno del sovrano la battaglia per l'emancipazione è lunga e dura, avendo le resistenze due forti alleate: l'ignoranza e la miseria. Due piaghe contro le quali molto si sta facendo e con risultati anche abbastanza evidenti, soprattutto per quanto riguarda l'analfabetismo. Rilevante è, infatti, il numero delle donne adulte le quali recependo l'esortazione del re secondo cui «è disumano che ci sia gente incapace di scrivere persino il proprio nome», hanno deciso di imparare a leggere e scrivere magari andando a scuola dopo una giornata di lavoro. Più ardua è la lotta alla miseria in un Paese il cui sovrano ha tra i suoi appellativi quello di «re dei poveri». Ma anche in questo campo continue iniziative cercano di alleviare le sofferenze di una condizione in cui si ritiene viva oltre metà della popolazione. Per dimostrare con fatti concreti la sua convinzione nella emancipazione della donna Mohammed VI ha scelto tra i suoi consiglieri una donna, l'ex segretario di stato agli Affari Sociali Zulikha Nasrie in un rimpasto di governo che ha visto la estromissione del ministro per la famiglia Said Saadi, ha voluto che la carica venisse affidata a Nouzha Chekrouni, l'unica rappresentante femminile nell'esecutivo. La quale si è vista così accrescere le sue mansioni, in principio limitate alla integrazione degli handicappati.

* Domenico Del Giudice, giornalista, è autore di «II velo e l'emiro», un saggio-inchiesta, edito dalla ESI (Edizioni Scientifiche Italiane) nel 2002

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