Wednesday, 25 August 2010

Pieterburen, da 40 anni al fianco delle foche

Nel nord dei Paesi Bassi si cura e si studia il mammifero dal 1971. Mentre nel resto d'Europa si parla di bando alla caccia e al commercio solo in questi giorni.

di Emiliano Biaggio

Doveva entrare in vigore il 20 agosto il regolamento Ue che vieta in tutto il territorio dell'Unione europea il commercio dei prodotti derivati dall'uccisione delle foche. Ma i ricorsi presentati da quanti lucrano sul mammifero hanno indotto la Corte di giustizia europea a sospendere il provvedimento, per via dei contenziosi. E' vero che, come ricordano gli animalisti, da una parte paesi come Norvegia, Islanda, Russia, Danimarca (Groenlandia) e Canada continuano con la caccia e il commercio del mammifero; ma dall'altra va detto che il provvedimento Ue "stringe le maglie" bandendo di fatto in tutto il territorio dell'Ue la caccia delle foche e la commercializzazione dei prodotti che ne derivano. Ma se il regolamento per alcuni può essere considerato storico, non è certamente nulla di rivoluzionario per i Paesi Bassi. Almeno per il centro di ricerca e di riabilitazione per foche Zeehondencreche Lenie't Hart di Pieterburen, nella provincia settentrionale di Groningen. Qui, dagli anni Settanta, le foche vengono curate e studiate.
Come spiegano dal centro, «ogni anno vengono portate qui circa 200 foche tra cuccioli ed esemplari adulti malati o feriti». E «per essere in grado di poter garantire alle foche nel modo migliore e più sicuro possibile, ricerca scientifica e personale specializzato sono di vitale importanza». Ed è «per questo motivo che la ricerca è parte integrante dell'attività del Centro dagli anni Ottanta». Ma la ricerca è una parte dell'attività del centro: il centro è nato infatti nel lontano 1971 (quasi 40 anni fa), come "semplice" struttura di cura per le tante foche ferite o impigliate nelle reti che finivano sulle spiagge del posto. Furono i coniugi Wentzel ad avere l'idea di soccorrere e curare gli animali, quando un loro vicino trovò un esemplare ferito su un polder (un tratto di mare asciugato artificialmente attraverso dighe e sistemi di drenaggio dell'acqua, molto diffusi nei Paesi Bassi). Da ospedale col tempo il Zeehondencreche Lenie't Hart è diventato un vero e proprio centro specializzato, con sale operatorie, zone di riabilitazione, laboratori, piscine. E a tutto questo si aggiunge il museo delle foche: un percorso formativo per quanti vogliono conoscere il mammifero, il suo habitat e tutte le caratteristice - oltre al lavoro della struttura - è stato allestito all'interno del centro di ricerca e di riabilitazione per foche di Pieterburen. Qui si possono anche vedere - dall'esterno, attraverso vetrate - i laboratori dove si curano le foche, le sale parto e il "reparto maternità", o anche le vasche dove gli animali nuotano. Ma quello che non si può fare è entrare in contatto con gli "ospiti", perchè «tutte le foche dopo la riabilitazione sono rimesse in cattività». Tradotto: la salvaguardia della specia passa anche e soprattutto attraverso la non interferenza dell'uomo sulla vita dell'animale. Insomma, ormai il centro di ricerca e di riabilitazione per foche Zeehondencreche Lenie't Hart di Pieterburen è un punto di riferimento per tutti: ovviamente olandesi, ma anche animalisti, ricercatori, turisti, studenti (in sette nei Paesi Bassi hanno discusso tesi di laurea o fatto dottorati di ricerca sul centro di Peterburen). Un riferimento, e un esempio.

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