Decisione storica in un paese dove i militari hanno sempre avuto grande influenza. Gül: «Così ci adeguiamo all'Ue».
di Emiliano Biaggio
La Turchia cambia: il 58% dei votanti ha detto "si" al referendum che chiede di rivedere la costituzione del paese e ridefinire l'assetto dello Stato. In particolare, se - come appare ormai cosa fatta - passa il progetto del premier Recep Tayyip Erdogan verranno posti limiti ai poteri dell'esercito, in Turchia da sempre molto influente sulla vita politica e la giustizia e depositaria di quel laicismo di stato che finora ha saputo evitare la nascita di uno spirito islamico forte. Alcune delle modifiche in cantiere riguardano la Corte costituzionale, che sarà composta da 17 giudici (e non più da 11 come oggi), 14 dei quali nominati dal capo dello Stato e tre dal Parlamento. L'alta Corte potrà giudicare i massimi gradi militari, mentre d'ora in poi saranno i tribunali civili e non più quelli militari, a processare i membri delle forze armate accusati di reati contro la sicurezza dello Stato o la Costituzione. Resta da vedere come lo prenderanno i militari, ma sia per il premier Erdogan (dell'Akp, Partito per la giustizia e lo sviluppo) che per il presidente della Repubblica Abdullah Gül, adesso si apre una nuova pagina per la storia del paese. «Condividiamo i valori del mondo occidentale», ha commentato Gül. «Con questo voto abbiamo assolto alla richiesta di adeguare i nostri standard a livello comunitario». Sul tavolo resta aperta la questione di Cipro, ma per il governo di Ankara questo referendum segna senza ombra di dubbio un risultato senza precedenti.
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