A inizio 2011 si vota per l'indipendenza del sud del paese, tra interessi economici e insofferenze politiche.
di Emiliano Biaggio
Il 9 gennaio il Sudan deciderà il proprio futuro, anche se tutto potrebbe prendere pieghe imprevedibili. Il sud del paese, cristiano, con ogni probabilità dirà sì al referendum di secessione dal nord, musulmano, decratando la nascita di uno stato indipendente. Ma meno scontate sono le reazioni all'esito di un risultato referendario per tutti già scritto. Le grandi potenze occidentali sostengono infatti il sud e la nascita di uno stato indipendente senza più legami con il governo di Khartoum: in questo modo hanno mani più libere sui giacimenti petroliferi sotto le paludi del sud del paese. E il petrolio potrebbe essere motivo di attrito con le autorità del golpista militare Omar al-Bashir, signore indiscusso del Sudan per nulla disposto a fare concessioni ai secessionisti: con loro, nel 2005, al termine di una guerra civile costata la vita a 2 milioni di persone, ha firmato accordi per la designazione di zone estrattive e di gestione petrolifera di competenza. Tradotto, c' è stata una divisioni delle risorse di greggio presenti nel sottosuolo tra autorità del nord e quelle del sud del paese, ma su diversi giacimenti - piuttosto redditizi - le intese non ci sono. E questo fa temere per gli equilibri precari del paese, che guarda con attenzione alle ricchezze del paese, fonte di scontri interni e tensioni esterne. Perchè sulle risorse si gioca parte della stabilità del Corno d'Africa: l'Egitto, paese dialogante con l'occidente, guarda con patema d'animo la formazione di una nuova nazione indipendente che controllorebbe una parte del Nilo, fiume indispensabile per l'agricoltura egiziana. Il presidente egizionano Hosni Mubarak in passato ha minacciato di guerra qualora uno dei paesi che bagna il Nilo (Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan ed Egitto, ma il suo bacino idrografico include porzioni della Repubblica Democratica del Congo, Kenia, Etiopia ed Eritrea) decidesse di deviare il corso delle acque o realizzare dighe che possano influire sul flusso del corso d'acqua. A tutto questo si lega il problema della stabilità politica: è praticamente unanime lo scetticismo circa la tenuta del governo dell'eventuale nuovo paese d'africa. Insomma, in Sudan si gioca una partita geo-politica di grande complessità e di enorme delicatezza. E di profonda incertezza.
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