E' il grande manovratore, il maestro della P4 ed esecutore dei desideri del premier. Che adesso trema con tutti i palazzi del potere e i centri di interesse.
di Emiliano Biaggio
Un governo ufficiale e un governo ombra. Un grande capo e un grande manovratore, poteri manifesti e poteri occulti, entrambi molto forti. Talmente forti da decidere nomine, controllare procure, ottenere informazioni vere e crearne di false, pilotare tg e designare i più alti vertici di imprese e di istituti di credito. Benvenuti nella Bisignani spa, vera e propria rete di interessi e pressioni atta a scandire ogni battito politico-economico-finanziario del paese. E’ la famigerata P4, su cui stanno indagando i pm della Procura di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock. Due anni di lavoro, quindicimila carte messe insieme, per portare alla luce un intrigo che tocca ogni parte sensibile del paese. Il tutto, sembrerebbe, architettato secondo un disegno ben chiaro: controllo dei mezzi d’informazione, controllo di politici e imprenditori, ricatti facili e nomine semplici, riforma della giustizia, accesso a informazioni top secret e loro controllo. Per gli inquirenti alla fine Berlusconi era Bisignani e Bisignani era Berlusconi: entrambi uniti al potere e dal progetto, che sa tanto di rinascita democratica P2. Piduista Berlusconi e piduista Berlusconi, accomunati e uniti da tanto: la riforma della giustizia, per cominciare. Emerge che Bisignani avrebbe detto a Paolo Scaroni, ad di Eni, di dire al premier di procedere con la riforma della giustizia. «Gli devi dire di fare l’accordo», ordina addirittura. E poi quell’avversione verso Santoro e Gabanelli, giornalisti liberi in un mondo dell’informazione terreno di conquiste e infiltrazioni. «Gente da licenziare», tanto che arrivano ordini chiari ed espliciti di farli fuori. Ordini che partono da Bisignani destinazione Mauro Masi, direttore generale Rai protagonista di scelte discutibili e discusse ora più che mai chiare. Masi è del resto «il nostro eroe in Rai», ammette Bisignani. Luigi Bisignani, faccendiere già condannato a tre anni e 4 mesi nel processo Enimont e coinvolto nell'inchiesta Why Not, è talmente forte da correggere le interviste del tg1, talmente potente da indurre Alessandro Profumo a lasciare la presidenza di Unicredit, talmente in vista da ricevere lui – e non il ministro degli Esteri Frattini – l’ambasciatore libico. Del resto lo ammette lo stesso Gianni Letta, plenipotenziario di Berlusconi a palazzo Chigi: «Bisignani- riconosce- è amico di tutti, Bisignani è l'uomo più conosciuto che io conosca. Bisignani è uomo di relazioni». Colui che fa e disfa a sua immagine e somiglianza. E proprio perché così conosciuto è impossibile che adesso nessuno sappia. Tremano i palazzi del potere e i centri di interesse, in fibrillazione come neanche dopo lo scandalo della P3, quell’altra organizzazione sotterranea ma pur sempre parallela che mise in luce il sistema corrotto dei grandi appalti pubblici. Sistema da scandalo per il quale Marco Simeon, uomo vicino al segretario della Cei, chiede l’intervento di Bisignani per mettere a tacere certa stampa che approfondisce e scrive.
Nel frattempo, mentre il governo ufficiale lavora nei canali legali, quello ombra agisce per vie traverse: Alfonso Papa, ex magistrato eletto deputato, gira per conto di Bisignani le procure di tutta Italia per dare al capo del governo occulto tutto ciò potesse essere utile per insabbiare, depistare o usare come arma di difesa (leggi ricatto). Adesso per entrambi c’è la richiesta di arresto. Adesso per tutti c’è il rischio che la profezia di Bisignani possa avverarsi: in una della intercettazioni il faccendiere sostiene che «se non gli fanno passare il processo breve, finisce che a Berlusconi danno cinque anni di condanna e l’interdizione dai pubblici uffici, e il gioco è finito per tutti». Viene da augurarselo, anche se in questo momento non da escludere che da qualche parte, in parallelo, una loggia P5 stia già disegnando l’assetto della nuova Italia che potrebbe venire.
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