Espressione di una Chiesa mai innovativa, Benedetto XVI si scaglia contro le coppie di fatto: «non sono famiglie».
l'e-dittoreale
Le coppie di fatto non sono una famiglia. O meglio: non rappresentano la famiglia vera. Benedetto XVI condanna la convivenza tra uomo e donna non uniti dal matrimonio, riproponendo quel solito dibattito sul nucleo familiare. A Zagabria, in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate, il pontefice riafferma «il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli». Papa Ratzinger lancia quindi un appello al mondo cattolico: «Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come sostitutiva del matrimonio». Benedetto XVI esorta quindi a dimostrare che «è possibile amare, come Cristo, senza riserve». Verrebbe da obiettare che Cristo amava il prossimo senza distinzione alcuna, mentre la Chiesa di Roma - che dice di diffondere il verbo cristiano riscrivendolo però a proprio piacimento - ama non solo con distinzione ma anche, è il caso di dirlo, con discriminazione. Quello della famiglia, almeno in Italia, è un caso noto: La Repubblica - recita l'articolo 29 della nostra Costituzione - riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Da un punto di vista legislativo e giuridico si opera quindi una distinzione che contrasta col principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della stessa Carta, dando vita nella migliore delle interpretazioni a famiglie di seria A e di Serie B, nella peggiore al non riconoscimento e alla non tutela a nuclei famigliari a tutti gli effetti. Ma questo è un problema italiano legato alla radici cristiane che ahinoi molto spesso ci penalizzano. Qualcuno spieghi al cattolicesimo e al papa che l'amore senza riserve, così come il vero amore cristiano, è quello senza confini e senza atti burocratici, quello che cioè che va oltre il matrimonio e che non ha bisogno nè di riti nè di certificati. Si può amare anche senza anello al dito, si ama e si vive anche senza il sacro vincolo del matrimonio. ma questo il Vaticano non sa riconoscerlo, così come non sa vedere - arroccato com'è su sè stesso, sui propri sfarzi e sulle proprie manovre politiche - che la società ormai è talmente cambiata che forse la Chiesa dovrebbe adeguarsi ai tempi. A detta di Benedetto XVI «nella società odierna va diffondendosi una secolarizzazione che porta all’emarginazione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazione della famiglia», e come Chiesa «siamo chiamati a contrastare tale mentalità», perchè, sostiene il capo della Chiesa, «si riduce l’amore a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita». Affermazioni frutto di opinioni personali e slegate dalla realtà. Il matrimonio, si dovrebbe spiegare a Ratzinger, non è una garanzia, come dimostra il numero sempre più elevato di separazioni e divorzi. Quanto alle pulsioni, bisognerebbe sempre spiegare a Ratzinger che tra un uomo e una donna queste sono quasi sempre un atto d'amore. Tra un prete adulto e un minore invece tali pulsioni cosa sono, invece? Non vogliamo qui fare polemiche, ma resta un'ultima considerazione: la famiglia cristiana per eccellenza, vede uniti in matrimonio un uomo e una donna tra cui intercorre una notevole differenza d'età, con un figlio non frutto della loro unione nè del loro amore. La Chiesa spiega il tutto con la volontà divina, per non dover ammettere che forse la sacra famiglia è stata - semmai sia davvero esistita - la prima grande famiglia di larghe vedute del nostro tempo, capace di andare oltre i canoni e di insegnare che l'amore non ha nè età nè confini. Ma non ditelo alla Chiesa: potreste essere scomunicati o inquisiti.
(poi editoriale del 10 giugno per E' la stampa bellezza, su radioliberatutti.it)
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Le coppie di fatto non sono una famiglia. O meglio: non rappresentano la famiglia vera. Benedetto XVI condanna la convivenza tra uomo e donna non uniti dal matrimonio, riproponendo quel solito dibattito sul nucleo familiare. A Zagabria, in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate, il pontefice riafferma «il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio e la necessità di provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli». Papa Ratzinger lancia quindi un appello al mondo cattolico: «Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come sostitutiva del matrimonio». Benedetto XVI esorta quindi a dimostrare che «è possibile amare, come Cristo, senza riserve». Verrebbe da obiettare che Cristo amava il prossimo senza distinzione alcuna, mentre la Chiesa di Roma - che dice di diffondere il verbo cristiano riscrivendolo però a proprio piacimento - ama non solo con distinzione ma anche, è il caso di dirlo, con discriminazione. Quello della famiglia, almeno in Italia, è un caso noto: La Repubblica - recita l'articolo 29 della nostra Costituzione - riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Da un punto di vista legislativo e giuridico si opera quindi una distinzione che contrasta col principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della stessa Carta, dando vita nella migliore delle interpretazioni a famiglie di seria A e di Serie B, nella peggiore al non riconoscimento e alla non tutela a nuclei famigliari a tutti gli effetti. Ma questo è un problema italiano legato alla radici cristiane che ahinoi molto spesso ci penalizzano. Qualcuno spieghi al cattolicesimo e al papa che l'amore senza riserve, così come il vero amore cristiano, è quello senza confini e senza atti burocratici, quello che cioè che va oltre il matrimonio e che non ha bisogno nè di riti nè di certificati. Si può amare anche senza anello al dito, si ama e si vive anche senza il sacro vincolo del matrimonio. ma questo il Vaticano non sa riconoscerlo, così come non sa vedere - arroccato com'è su sè stesso, sui propri sfarzi e sulle proprie manovre politiche - che la società ormai è talmente cambiata che forse la Chiesa dovrebbe adeguarsi ai tempi. A detta di Benedetto XVI «nella società odierna va diffondendosi una secolarizzazione che porta all’emarginazione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazione della famiglia», e come Chiesa «siamo chiamati a contrastare tale mentalità», perchè, sostiene il capo della Chiesa, «si riduce l’amore a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita». Affermazioni frutto di opinioni personali e slegate dalla realtà. Il matrimonio, si dovrebbe spiegare a Ratzinger, non è una garanzia, come dimostra il numero sempre più elevato di separazioni e divorzi. Quanto alle pulsioni, bisognerebbe sempre spiegare a Ratzinger che tra un uomo e una donna queste sono quasi sempre un atto d'amore. Tra un prete adulto e un minore invece tali pulsioni cosa sono, invece? Non vogliamo qui fare polemiche, ma resta un'ultima considerazione: la famiglia cristiana per eccellenza, vede uniti in matrimonio un uomo e una donna tra cui intercorre una notevole differenza d'età, con un figlio non frutto della loro unione nè del loro amore. La Chiesa spiega il tutto con la volontà divina, per non dover ammettere che forse la sacra famiglia è stata - semmai sia davvero esistita - la prima grande famiglia di larghe vedute del nostro tempo, capace di andare oltre i canoni e di insegnare che l'amore non ha nè età nè confini. Ma non ditelo alla Chiesa: potreste essere scomunicati o inquisiti.
(poi editoriale del 10 giugno per E' la stampa bellezza, su radioliberatutti.it)
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