Scontri a fuoco e assalto alla stazione Onu di confine di Jarinje, nel nord di un paese che la minoranza serba non sa riconoscere.
di Emiliano Biaggio
Tensione in Kosovo, dove un gruppo della minoranza serba ha attaccato e incendiato la località di frontiera di Jarinje, al confine con la Serbia. Si riaccende improvvisa e violenta la questione kosovara, con i serbi - minoranza in Kosovo ma maggioranza nel nord della Repubblica - che non accettano l'indipendenza della regione che fu della Serbia e vorrebbero un ricongiungimento politico e territoriale con Belgrado. «Gli estremisti e gli hooligans agiscono contro gli interessi dei cittadini serbi e della Serbia», ha detto subito il presidente della Repubblica serbo, Boris Tadic, preoccupato per una possibile rivitalizzazione del conflitto proprio mentre la Serbia sta accelerando il processo di ingresso all'interno dell'Unione europea. E proprio l'Ue ha condannato l'accaduto, con l'alto rappresentante della politica estera dell'Unione, Catherine Ashton, che ha parlato di «violenze inaccettabili». Ma l'accaduto non suscita solo le preoccupazioni europee: anche le Nazioni Unite guardano con timore ai nuovi scontro in Kosovo, tanto che il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunirà giovedì «a porte chiuse» proprio per affrontare il tema della nuova emergenza in Kosovo. E mentre i capi di governo serbo e kosovaro, Boris Tadic e Hashim Thaci condannano l'accaduto e invitano a riprendere la via del dialogo, il capo del team negoziale di Belgrado con Pristina, Borislav Stefanovic, lascia trasparire l'incertezza per quello che verrà. Quello verificatosi al confine nord, afferma è un «atto criminale commesso quando eravamo molto vicini a una soluzione, un colpo alle speranze dei serbi del Nord del Kosovo». Intanto tornano i carriarmati, come non accadeva dal 1999.
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