Di nuovo a casa. Dopo venti giorni trascorsi come fossero appena venti secondi, si torna a casa. Ma cos'è poi casa? Se è il luogo dove mangiamo e dormiamo, allora eccomi tornato. Ma se invece è il posto dove vivere allegri e sereni, decisamente sono fuori rotta. Riprendere l'aereo questa volta è stato anche più traumatico, e non per le 8 ore che sono occorse per poter rimettere piede in queste quattro mura: stavolta non posso dire quando tornerò. Inutile mentire a sé stessi, o ad altri: a meno di imprevisti, per lungo tempo la mia vita sarà qui. Sempre che vita possa essere considerata. Quanto a lungo? Difficile dirlo. I am here to stay. Ci sono certezze che lasciano senza fiato: morire - la prima che ognuno di noi acquisisce nel momento in cui viene alla vita - è forse quella che più di tutte spaventa. Ma poi, in un'esistenza di incertezza e in epoche di precarietà, sapere di non poter tornare indietro è quello che lascia i segni. Guardare indietro è un lusso che non sempre ci si può permettere. In questi casi il nodo cruciale allora è: si è davvero certi di poter essere in grado di andare avanti? Ho voluto continuare a farmi del male (inutilmente, direbbe, non a torto, qualcuno): certi incontri bisognerebbe evitarli accuratamente, anziché organizzarli. E il conto va pagato, soprattutto per certe cose. Così eccomi qui a combattere contro le vertigini del vuoto interiore, ancora peggiori di quelle prodotte dal vuoto circostante.
A proposito: dove sono tutte quelle persone che fino a ieri mi circondavano? Ah, già. Alcune di loro ancora dormono nei loro letti, altri forse sono già in piedi. Per chi ne ha uno, lunedì è giorno di lavoro. Ma che vivano l'alba nel caldo del letto, nel traffico o davanti a una tazza di caffé fumante, la loro vita è ancora là. Sono io che le abbandono, non viceversa. Dormire non si può: come si può cercare riposo se al posto di visioni oniriche si affollano le rivisitazioni dei giorni già andati? L'umore non è dei migliori, e non c'è calma per poter dormire. Non resta che continuare a contemplare l'atmosfera e pensare. Buffo: se mi vedesse Paola ora cosa direbbe? "E poi sono io quella con la testa persa chissà dove?! E tu che ce l'hai tra le nuvole?!". No, magari non lo direbbe. Questo lo penso io, che ancora trovo spazio per concedermi un sorriso. Amaro, ma pur sempre un sorriso. Fabio invece chissà che direbbe. Magari racconterebbe di quando con i suoi compagni di reparto volò in missione in Afghanistan, che in Iraq ormai era di casa. Velia non l'ho neppure salutata...
A Bruxelles piove e fa freddo: anche questa è un certezza. Clima inospitale ho lasciato e clima inospitale ho ritrovato. E pensare che appena un paio d'ore prima il sole e il bel tempo continuavano a fare da cornice al soggiorno natalizio. Il telefono emette suoni: sarà l'aggiornamento dell'operatore? No, è Federica che mi manda i suoi saluti. "Buon viaggio. Un abbraccio grande e non ti scordare di noi". Senso di vuoto e cielo grigio, fastidio per questa lingua che prima o poi dovrò imparare. E anche occhi che bruciano. No, decisamente questo non è un luogo che avrei mai voluto per me. Se questa è la casa io davvero non mi ci sento.
A proposito: dove sono tutte quelle persone che fino a ieri mi circondavano? Ah, già. Alcune di loro ancora dormono nei loro letti, altri forse sono già in piedi. Per chi ne ha uno, lunedì è giorno di lavoro. Ma che vivano l'alba nel caldo del letto, nel traffico o davanti a una tazza di caffé fumante, la loro vita è ancora là. Sono io che le abbandono, non viceversa. Dormire non si può: come si può cercare riposo se al posto di visioni oniriche si affollano le rivisitazioni dei giorni già andati? L'umore non è dei migliori, e non c'è calma per poter dormire. Non resta che continuare a contemplare l'atmosfera e pensare. Buffo: se mi vedesse Paola ora cosa direbbe? "E poi sono io quella con la testa persa chissà dove?! E tu che ce l'hai tra le nuvole?!". No, magari non lo direbbe. Questo lo penso io, che ancora trovo spazio per concedermi un sorriso. Amaro, ma pur sempre un sorriso. Fabio invece chissà che direbbe. Magari racconterebbe di quando con i suoi compagni di reparto volò in missione in Afghanistan, che in Iraq ormai era di casa. Velia non l'ho neppure salutata...
A Bruxelles piove e fa freddo: anche questa è un certezza. Clima inospitale ho lasciato e clima inospitale ho ritrovato. E pensare che appena un paio d'ore prima il sole e il bel tempo continuavano a fare da cornice al soggiorno natalizio. Il telefono emette suoni: sarà l'aggiornamento dell'operatore? No, è Federica che mi manda i suoi saluti. "Buon viaggio. Un abbraccio grande e non ti scordare di noi". Senso di vuoto e cielo grigio, fastidio per questa lingua che prima o poi dovrò imparare. E anche occhi che bruciano. No, decisamente questo non è un luogo che avrei mai voluto per me. Se questa è la casa io davvero non mi ci sento.
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