Il Nagorno Karabakh e il corridoio energetico |
Si trascina praticamente da sempre, nel silenzio e nell'ignoranza, ma il conflitto del Nagorno Karabakh parte da lontano e ancora non trova una conclusione. Ufficialmente è una regione caucasica tra Armenia e Azerbaijan, de facto è una repubblica indipendente autoproclamata nel 1992 ma non riconosciuta ufficialmente da nessuno. Nel 1806 la Russia strappò il khanato di Karabakh alla Persia, che lo avevano istituito attorno al 1750 come territorio autonomo del loro dominio. Dopo la conquista russa il khanato venne sciolto e fatto diventare parte della provincia russa dell'Azerbaijan. Una decisione che determinò la nascita della questione che ancora oggi si trascina: la maggior parte della popolazione era infatti armena, ma anche successivamente alla rivoluzione d'ottobre i bolscevichi istituirono - nel 1923, per volere di Stalin in persona - la regione autonona del Nagorno-Karabakh all'interno della repubblica socialista sovietica azera. Ciò nonostante il censimento di due anni prima avesse determinato che all'epoca il 95% della popolazione era armena e solo il restante 5% azera. Con il crollo dell'Unione sovietica la questione riemerse, e gli azeri iniziarono subito a mobilitarsi per riunificarsi all'Armenia, ancora prima dell'indipendenza di quest'ultima (dichiarata nel 1990, riconosciuta nel 1991). Con l'Azerbaijan che invece voleva mantenere il controllo del territorio, le frizioni sfociarono inevitabilmnete nella guerra del Nagorno-Karabakh (1992-1994). IN base alle leggi sovietiche se all'interno di una repubblica che decideva il distacco dall'Urss vi era una regione autonoma, questa aveva diritto di scegliere o meno la repubblica secessionista nel suo distacco dall'Urss. Una scelta che non fece la regione autonoma del Nagorno-Karabakh nel 1991, quando il 30 agosto l'Azerbaijan dichiarò la propria indipendenza. Pochi giorni più tardi, il 2 settembre, il Nagorno Karabakh annuncia la sua indipendenza, confermata con referendum a gennaio dell'anno successivo. Il 31 gennaio 1992 l'Azerbaijan inizia i bombardamenti del Nagorno Karabakh: la guerra ha inizio. Da una parte l'Azerbaijan, dall'altra l'Armenia, che sostiene la piccola repubblica. Nel 1994 la guerra si conclude con un nulla di fatto: il Nagorno Karabakh rimane de facto indipendente anche se non riconosciuta da nessuno. L'Azerbaijan ha però dalla sua un'arma molto affilata: le risorse. Il paese vanta giacimenti di gas piuttosto ingenti, soprattutto nel bacino del mar Caspio, ed è pronto a venderli soprattutto agli europei, desiderosi di diversificare le fonti di approvvigionamenti energetiche uscendo dalla pericolosa dipendenza russa. I gasdotti che partono dall'Azerbaijan e arrivano in Turchia attraverso la Georgia (paese per nulla filo-russo) rappresentano un elemento per indebolire l'Armenia con un'economia meno florida, un paese meno ricco di risorse e al contrario fortemente dipendente dal greggio russo. La Russia gioca un ruolo fondamentale nella regione: non vuole perdere i clienti energivori europei nè il pagatore armeno, ma non può tollerare che l'Azerbaijan possa diventare troppo forte economicamente, soprattutto con l'energia da vendere agli europei. Allo stesso tempo Mosca non può permettersi un nuovo scoppio di un conflitto, che rischierebbe di destabilizzare una regione dove ancora il Cremlino ha poteri amministrativi forti (si pensi all'Ossezia del sud) e controllo. Si cerca quindi di lasciare tutto così com'è, cristallizzato in questo limbo. Dal 1994 l'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, lavora a una soluzione della questione attraverso il Gruppo di Minsk. Ma le condizioni di pace dello speciale gruppo di lavoro non sono accettabili nè per gli armeni nè per il Nagorno Karabakh: si chiede di ripristinare provvisoriamente il controllo azero sulla regione, a cui vanno garantiti poteri di auto-controllo fino a un nuovo referendum sullo status del Nagorno Karabakh. Peccato che il Nagorno Karabakh si sia già espresso. L'Unione europea adotta una politica poco chiara: da una parte difende l'integrità territoriale dell'Azerbaijan, dall'altra riconosce il principio di autodeterminazione dei popoli. Chiede in sostanza di prepare il terreno a un nuovo referendum e invita i due paesi a lavorare per rispettare le condizioni poste dal gruppo di Minsk. Senza successo, proprio come il gruppo di lavoro dell'Osce.
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