«Non ti fai mai sentire, non ci fai mai sapere quello che fai»
«Dovrei?»
«Sì che dovresti». A questo punto lei restò un attimo in silenzio. Lo stava rimproverando, perchè era dispiaciuta. Non sapeva dire bene se per sè stessa o per lui, ma a lei quel suo atteggiamento non andava proprio a genio. «Sei un insensibile», disse infine.
«Trovi davvero?»
«Sì. Sei davvero antipatico quando fai così. Non rispondi alle mail, sparisci per giorni, a volte anche per settimane»
«Cosa dovrei scrivere? Ricevo mail in cui si vuole sapere cosa faccio e come vivo. Come se non lo sapeste. Faccio sempre le stesse cose da quando sono arrivato qui. Se facessi qualcosa di diverso dal solito stai certa che lo direi. Ma se non ho niente da dire non vedo perchè debba parlare»
«Sei uno stupido», disse lei. Anche questa volta lasciò creare un silenzio. Aspettava che lui dicesse qualcosa, ma lui continuava a parlare solo se incalzato da lei. «Non ci dici neanche se stai bene»
«Se fossi felice lo sapreste, se fossi disperato anche»
A lei non piacque quella risposta, così come non gradiva il modo in cui lui stava partecipando a quella conversazione. Era secco nelle risposte, ruvido e freddo nei modi. Avvertì che aveva qualcosa. Non sapeva cosa, ma era chiaro che non era più quello che aveva imparato a conoscere. Il tempo lo stava cambiando, e in peggio. «Perchè non ti fermi qualche giorno di più?», le chiese dopo un po', cambiando argomento, sperando che la conversazione potesse assumere toni diversi.
«Perchè dovrei?»
«Perchè hai detto tu stesso che lì fino a tutta la settimana successiva a Pasqua non succede più nulla. E tu invece torni subito a Bruxelles»
«Ho sbagliato a comprare i biglietti. Li ho presi senza consultare prima il calendario. E poi, anche se fosse, cosa resterei a fare?»
«Beh, almeno potresti goderti qualche giorno di sole in più»
«Se ci dovesse essere bel tempo andrò a Knokke, al mare. E' un bel posto»
Lei tacque. Non sapeva più che dire. Le ultime risposte l'avevano ancor più contrariata. «E a tutte le persone che ti vogliono bene non pensi?», chiese infine.
«Sì. E penso che non avrei nulla da dire come non ce l'ho adesso, penso che ormai io mi considero un ospite in mezzo a loro e nulla di più, e penso...»
Lei lo interruppe. «Questo è come ti consideri tu. Ma ha mai pensato a come ti considerano gli altri?»
«Sì. So quante e quali voci girino sul mio conto. E anche se c'è chi la pensa diversamente, perdonami, ma non cambia di molto le cose»
«Sei un coglione, lo sai?!»
«Sì, so che c'è chi dice anche questo»
«E' tutto quello che hai da dire?»
«Sì»
«Io sto cercando di venirti incontro e tu rispondi così?» Attendeva una sua risposta, ma lui non disse nulla. Aspettava che lui mostrasse gratitudine, affetto, e invece non ci fu nulla di tutto questo. «Non è stata una bella conversazione. Almeno di questo te ne rendi conto?»
«Sei tu che hai insistito. Io non avevo nulla di dire, ma tu hai voluto parlare per forza...»
«Sei un idiota».
Riattaccò. Lui l'aveva indotta a lasciarlo in quel modo brusco. Ma la cosa forse peggiore fu che lui non se ne crucciò. Anzi, fu come contento di come andò. Spense l'applicazione del computer con cui stava chiamando e andò in cucina. Fuori era freddo e pioveva, e lui andò a riscaldarsi con un tè.
«Dovrei?»
«Sì che dovresti». A questo punto lei restò un attimo in silenzio. Lo stava rimproverando, perchè era dispiaciuta. Non sapeva dire bene se per sè stessa o per lui, ma a lei quel suo atteggiamento non andava proprio a genio. «Sei un insensibile», disse infine.
«Trovi davvero?»
«Sì. Sei davvero antipatico quando fai così. Non rispondi alle mail, sparisci per giorni, a volte anche per settimane»
«Cosa dovrei scrivere? Ricevo mail in cui si vuole sapere cosa faccio e come vivo. Come se non lo sapeste. Faccio sempre le stesse cose da quando sono arrivato qui. Se facessi qualcosa di diverso dal solito stai certa che lo direi. Ma se non ho niente da dire non vedo perchè debba parlare»
«Sei uno stupido», disse lei. Anche questa volta lasciò creare un silenzio. Aspettava che lui dicesse qualcosa, ma lui continuava a parlare solo se incalzato da lei. «Non ci dici neanche se stai bene»
«Se fossi felice lo sapreste, se fossi disperato anche»
A lei non piacque quella risposta, così come non gradiva il modo in cui lui stava partecipando a quella conversazione. Era secco nelle risposte, ruvido e freddo nei modi. Avvertì che aveva qualcosa. Non sapeva cosa, ma era chiaro che non era più quello che aveva imparato a conoscere. Il tempo lo stava cambiando, e in peggio. «Perchè non ti fermi qualche giorno di più?», le chiese dopo un po', cambiando argomento, sperando che la conversazione potesse assumere toni diversi.
«Perchè dovrei?»
«Perchè hai detto tu stesso che lì fino a tutta la settimana successiva a Pasqua non succede più nulla. E tu invece torni subito a Bruxelles»
«Ho sbagliato a comprare i biglietti. Li ho presi senza consultare prima il calendario. E poi, anche se fosse, cosa resterei a fare?»
«Beh, almeno potresti goderti qualche giorno di sole in più»
«Se ci dovesse essere bel tempo andrò a Knokke, al mare. E' un bel posto»
Lei tacque. Non sapeva più che dire. Le ultime risposte l'avevano ancor più contrariata. «E a tutte le persone che ti vogliono bene non pensi?», chiese infine.
«Sì. E penso che non avrei nulla da dire come non ce l'ho adesso, penso che ormai io mi considero un ospite in mezzo a loro e nulla di più, e penso...»
Lei lo interruppe. «Questo è come ti consideri tu. Ma ha mai pensato a come ti considerano gli altri?»
«Sì. So quante e quali voci girino sul mio conto. E anche se c'è chi la pensa diversamente, perdonami, ma non cambia di molto le cose»
«Sei un coglione, lo sai?!»
«Sì, so che c'è chi dice anche questo»
«E' tutto quello che hai da dire?»
«Sì»
«Io sto cercando di venirti incontro e tu rispondi così?» Attendeva una sua risposta, ma lui non disse nulla. Aspettava che lui mostrasse gratitudine, affetto, e invece non ci fu nulla di tutto questo. «Non è stata una bella conversazione. Almeno di questo te ne rendi conto?»
«Sei tu che hai insistito. Io non avevo nulla di dire, ma tu hai voluto parlare per forza...»
«Sei un idiota».
Riattaccò. Lui l'aveva indotta a lasciarlo in quel modo brusco. Ma la cosa forse peggiore fu che lui non se ne crucciò. Anzi, fu come contento di come andò. Spense l'applicazione del computer con cui stava chiamando e andò in cucina. Fuori era freddo e pioveva, e lui andò a riscaldarsi con un tè.
No comments:
Post a Comment