di Francesco Pacifico
Nella prima puntata della serie tv Homeland, il personaggio di Claire Daines, un'agente della Cia, esce una sera per distrarsi, si siede al bancone di un jazz bar in cerca di compagnia. L' uomo della sua età con cui flirta le chiede: «Posso farti una domanda personale?» Lei: «Non vuoi prima farmi bere un paio di bicchieri?» La domanda è se è per caso sposata. Lei risponde no. «Ma porti un anello». La replica di Claire è molto diretta: «Tiene lontani quelli in cerca di una relazione». L'uomo le dice: «Non ho mai sentito una donna parlarne in maniera così sfacciata». Poco dopo, lui propone: «Suonano bene. Ci sediamo a un tavolo?» Claire lo brucia: «Meglio se ce ne andiamo». «Ok. Dove andiamo?» «Ho deciso abbastanza. Ora tocca a te». Anche senza mettere di mezzo la Cia può capitare di incontrare delle donne che prendono decisioni prima o al posto degli uomini. La mia generazione di uomini educati e progressisti è cresciuta con la paura di non avere abbastanza rispetto per le donne. Per cui ci vuole un po' per fare il primo passo: intanto, spesso, l'hanno già fatto loro. Non è raro imbattersi in una donna che compie, senza attendere che ci sbrighiamo, le seguenti mosse: chiede il contatto a un amico comune, o a un nostro collega. Ci contatta sui social network. Si mette a chattare con noi. Quando ci incontra in un locale, si avvicina a noi per farsi notare, saluta indifferente. Se poi ci incontra a una festa, si avvicina per ballare. Ogni tanto magari si assenta per litigare con un ex (mentre noi decidiamo se una nostra timida avance offenderà il suo onore). Se ce ne andiamo dalla festa, ci scrive il giorno dopo. Se non viviamo nella sua città, prende il treno e ci viene a esaminare. Qualche mese dopo ci lascia: deve emigrare per lavoro. Intanto siamo arrivati alla decisione: forse è il momento di invitarla a cena fuori. (da LaRepubblica del 28 aprile 2012)
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