L'alleato storico dell'Europa democratica controlla gli amici con cimici e spie dall'Agenzia per la sicurezza nazionale. E la fiducia ne risente.
l'e-dittoreale
Gli Stati Uniti spierebbero gli alleati, con la Nsa (National security agency, l'agenzia per la sicurezza nazionale) che avrebbe messo in piedi una rete di controllo di telefoni e sistemi informatici dei paesi europei. Del caso "datagate", come è stato ribattezzato, si parla ormai da giorni e giorni. Si contesta la presunta attività illecita di Washington con la complicità di alcuni governi europei - Italia compresa - per avere accesso a informazioni sensibili. La questione politica è montata e potrebbe montare ancora di più, l'asse diplomatica sembrerebbe essersi incrinata. L'Unione europea anche in questa occasione si mostra divisa, con il Parlamento che chiede spiegazioni e minaccia contromisure (così ha dichiarato Martin Schulz nei giorni scorsi) e la Commissione che se da una parte pretende - a parole - chiarimenti, dall'altra - nei fatti - non pensa a sospendere i negoziati per gli accordi di libero scambio in corso con le autorità statunitensi. La Nato fa finta di niente («non la ritengo una questione che riguarda la Nato», dice il segretario dell'Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen) e lascia ai contendenti lo spinoso caso con l'annessa soluzione. La questione solleva non pochi imbarazzi, a Washington come nelle capitali europee, e non potrebbe essere diversamente. Ciò che colpisce è il dominio pubblico di certe rivelazioni, ed è chiaro che a preoccupare è la reazione dell'opinione pubblica. Ma di veramente nuovo c'è davvero poco: quanto venuto alla luce non è che un "residuato bellico", un accordo risalente alla fine della seconda guerra mondiale in base al quale ogni paese è classificato dagli Stati Uniti secondo il livello di presunta fiducia ed è obbligato a passare alla Nsa dati se richiesto, incluse conversazioni telefoniche e informazioni Internet (anche se, va detto, l'accordo in questione risalendo al secondo dopo guerra è dell'era che precede l'avvento di Internet). Oggi il clamore da una parte è rappresentato dalla talpa che ha violato il segreto di Stato - l'ingegnere informatico ed ex dipendente della Cia, Edward Snowden - e dalla difficoltà che l'Europa ha a dover ammettere di non essere nè libera nè autonoma. Martin Schulz ha sollevato quello che forse più di tutti è il vero tema centrale di tutta la vicenda: l'affidabilità dello storico alleato. «Se queste notizie fossero confermate, la situazione sarebbe estremamente seria e sarebbe un colpo terribile per le relazioni fra Unione Europea e Stati Uniti». Di fronte alle minacce vere o presunte in giro per il mondo, sapere di non potersi fidare della Casa Bianca è un osso duro da far accettare agli elettorati di tutto l'occidente. Se, dopo operazioni anti-terroristiche, campagne di Iraq e Afghanista, impegni Nato, vertici e meeting, accordi bilaterali e plurilaterali, se dopo tutto questo sorgesse il dubbio che forse il vero nemico è chi fino a oggi abbiamo considerato un amico? I rapporti non potrebbero che cambiare. Gli Stati Uniti sono un grande paese, e più i paesi sono grandi più grandi sono le loro contraddizioni. Democrazia e imperialismo è il binomio che accompagna da sempre, ormai, il paese nordamericano considerato da tutti - a torto o a ragione - l'esempio di libertà e democrazia. Schulz, a quanto pare non troppo ascoltato in Europa, ha posto una questione di fondo affermando che «se tutto questo fosse confermato mi sentirei trattato come un nemico». Gli Stati Uniti hanno rovesciato governi e sostenuto regimi - in questo secondo caso mai democratici - a proprio piacimento (come nei casi di Panama, Cile, Afghanista, tanto per fare qualche esempio): cosa succederebbe se improvvissamente dovessere non ritenere più affidabili i governi europei, anche una sola piccola parte di essi? L'Unione europea nasce con la guerra fredda, con la voglia di non dover dipendere da soggetti estranei, eppure oggi l'Europa si mostra ancora prigioniera di logiche mai superate. Nella debolezza europea emerge il dubbio circa l'affidabilità del partner d'oltre oceano e la certezza che poco o niente, a distanza di decenni, è cambiato. A cominciare dagli Stati Uniti, paladini dei diritti del mondo che solo loro hanno in testa. Meglio i russi post-comunisti? Probabilmente no, ma l'Europa - nella sua prigionia a stelle e strisce - rischia solo di aver scelto il male minore. Nel commentare l'accaduto Schulz è stato diplomatico, o forse ha solo torto: scricchiolando la fiducia negli Stati Uniti le relazioni con questo paese sono già compromesse.
Edward Snowden |
Gli Stati Uniti spierebbero gli alleati, con la Nsa (National security agency, l'agenzia per la sicurezza nazionale) che avrebbe messo in piedi una rete di controllo di telefoni e sistemi informatici dei paesi europei. Del caso "datagate", come è stato ribattezzato, si parla ormai da giorni e giorni. Si contesta la presunta attività illecita di Washington con la complicità di alcuni governi europei - Italia compresa - per avere accesso a informazioni sensibili. La questione politica è montata e potrebbe montare ancora di più, l'asse diplomatica sembrerebbe essersi incrinata. L'Unione europea anche in questa occasione si mostra divisa, con il Parlamento che chiede spiegazioni e minaccia contromisure (così ha dichiarato Martin Schulz nei giorni scorsi) e la Commissione che se da una parte pretende - a parole - chiarimenti, dall'altra - nei fatti - non pensa a sospendere i negoziati per gli accordi di libero scambio in corso con le autorità statunitensi. La Nato fa finta di niente («non la ritengo una questione che riguarda la Nato», dice il segretario dell'Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen) e lascia ai contendenti lo spinoso caso con l'annessa soluzione. La questione solleva non pochi imbarazzi, a Washington come nelle capitali europee, e non potrebbe essere diversamente. Ciò che colpisce è il dominio pubblico di certe rivelazioni, ed è chiaro che a preoccupare è la reazione dell'opinione pubblica. Ma di veramente nuovo c'è davvero poco: quanto venuto alla luce non è che un "residuato bellico", un accordo risalente alla fine della seconda guerra mondiale in base al quale ogni paese è classificato dagli Stati Uniti secondo il livello di presunta fiducia ed è obbligato a passare alla Nsa dati se richiesto, incluse conversazioni telefoniche e informazioni Internet (anche se, va detto, l'accordo in questione risalendo al secondo dopo guerra è dell'era che precede l'avvento di Internet). Oggi il clamore da una parte è rappresentato dalla talpa che ha violato il segreto di Stato - l'ingegnere informatico ed ex dipendente della Cia, Edward Snowden - e dalla difficoltà che l'Europa ha a dover ammettere di non essere nè libera nè autonoma. Martin Schulz ha sollevato quello che forse più di tutti è il vero tema centrale di tutta la vicenda: l'affidabilità dello storico alleato. «Se queste notizie fossero confermate, la situazione sarebbe estremamente seria e sarebbe un colpo terribile per le relazioni fra Unione Europea e Stati Uniti». Di fronte alle minacce vere o presunte in giro per il mondo, sapere di non potersi fidare della Casa Bianca è un osso duro da far accettare agli elettorati di tutto l'occidente. Se, dopo operazioni anti-terroristiche, campagne di Iraq e Afghanista, impegni Nato, vertici e meeting, accordi bilaterali e plurilaterali, se dopo tutto questo sorgesse il dubbio che forse il vero nemico è chi fino a oggi abbiamo considerato un amico? I rapporti non potrebbero che cambiare. Gli Stati Uniti sono un grande paese, e più i paesi sono grandi più grandi sono le loro contraddizioni. Democrazia e imperialismo è il binomio che accompagna da sempre, ormai, il paese nordamericano considerato da tutti - a torto o a ragione - l'esempio di libertà e democrazia. Schulz, a quanto pare non troppo ascoltato in Europa, ha posto una questione di fondo affermando che «se tutto questo fosse confermato mi sentirei trattato come un nemico». Gli Stati Uniti hanno rovesciato governi e sostenuto regimi - in questo secondo caso mai democratici - a proprio piacimento (come nei casi di Panama, Cile, Afghanista, tanto per fare qualche esempio): cosa succederebbe se improvvissamente dovessere non ritenere più affidabili i governi europei, anche una sola piccola parte di essi? L'Unione europea nasce con la guerra fredda, con la voglia di non dover dipendere da soggetti estranei, eppure oggi l'Europa si mostra ancora prigioniera di logiche mai superate. Nella debolezza europea emerge il dubbio circa l'affidabilità del partner d'oltre oceano e la certezza che poco o niente, a distanza di decenni, è cambiato. A cominciare dagli Stati Uniti, paladini dei diritti del mondo che solo loro hanno in testa. Meglio i russi post-comunisti? Probabilmente no, ma l'Europa - nella sua prigionia a stelle e strisce - rischia solo di aver scelto il male minore. Nel commentare l'accaduto Schulz è stato diplomatico, o forse ha solo torto: scricchiolando la fiducia negli Stati Uniti le relazioni con questo paese sono già compromesse.
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