Saturday, 28 September 2013

Nella ragnatela dell'Ue

Otto modifiche in corso d'opera, tra veti politici, vincoli tecnici e giuridici, e variabili contabili: l'intricata matassa del bilancio comunitario mostra la complessità delle dinamiche europee.

I due bilanci Ue a confronto
di Emiliano Biaggio

   Mettere a punto un bilancio dell'Unione europea non è una cosa facile, doversene occupare ancora meno. La rappresentazione di cosa possa significare l'Unione europea passa però attraverso le dinamiche comunitarie. Per le spese di un anno ci sono volute, in corso d'opera, otto manovre correttive. Rispetto alle spesa per il 2013 preventiva nel 2012, si è dovuto mettere più volte mani al portafoglio per modificare dei conti che non tornavano e che rischiano di continuare a non tornare. Dover rivedere i conti significa, in sostanza, che gli Stati membri devono attingere ai propri bilanci nazionali per rimpinguare l'Erario comunitario. E mettere mano al portafogli non è mai piacevole, specie in periodo di crisi. Questo è solo uno degli aspetti della questione, davvero complessa. Le sorti del prossimo bilancio settennale dell'Ue, quello che deve garantire il funzionamento della macchina europea dal 2014 al 2020, sono legate alle sorti della parte più consistente della parte di modifica del bilancio per l'anno in corso (da 11,2 miliardi), che è stata divisa in due parti (una prima manovra correttiva da 7,3 miliardi e una seconda manovra correttiva da 3,9 miliardi per un totale di 11,2 miliardi, quanto cioè richiesto). Quando si parla del tema, i profani - quelli che hanno l'onore e l'onere di dover raccontare delle vicende comunitarie - si riferiscono allora alla prima proposta emendativa e alla seconda proposta emendativa. Peccato che tra queste due proposte, temporalmente si sono susseguite altre quattra proposte di modifica del budget 2013, e gli addetti ai lavori delle istituzioni comunitarie identificano nella proposta emendativa 1 e 2 altre voci di modifica.
   Ripercorrendo la cronistoria del bilancio Ue per l'esercizio finanziario 2013, abbiamo otto proposte di modifica. Il 18 marzo la Commissione ha presentato la rettifica per il contributo necessario per le spese di allargamento dell'Unione con l'ingresso della Croazia (emendamento 1); il 27 marzo è stata avanzata la proposta da 11,2 miliardi per coprire i buchi maturati ed onorare i pagamenti, proposta di cui ancora si discute per la quota mancante (emendamento 2); il 15 aprile è stata approvata la modifica dovuta a entrate extra per un miliardo nel 2012 (nel 2012 l'Ue ha avuto in sostanza utili non previsti, e sono usati per le spese del 2013. E' la modifica n°3); il 29 aprile sono state presentate modifiche per dotare di maggiori risorse l'Agenzia spaziale Gnss e la Corte di giustizia (emendamento 4); il 2 maggio la Commissione ha chiesto la mobilizzazione di 14,6 milioni per far fronte alle inondazioni in Austria, Slovenia e Croazia (spese imprevedibili nel 2012, che costringono a rimettere soldi nel Fondo di solidarietà. E' la modifica n°5); il 10 luglio è stata esatta la richiesta di pagamento delle mancate riscossione dei dazi doganali (mancano all'appello circa 2,8 miliardi. E' la modifica n°6.); il 25 luglio la Commissione ha proposto di garantire 150 milioni di euro ai maggiori contributori del 'rebate' britannico, il rimborso per le spese sostenute a favore dell'Ue (Bruxelles intende garantire 100 milioni alla Francia, 30 milioni all'Italia, 20 milioni alla Spagna. E' la modifica n°7). Il 25 settembre la Commissione ha presentato una proposta di modifica da 3,9 miliardi (è la modifica n°8). La modifica n°8, l'ultima, è il completamento della proposta di revisione n°2 del 27 marzo: degli 11,2 miliardi richiesti dalla Commissione europea, il Consiglio (vale a dire gli stati membri) hanno garantito solo 7,3 miliardi.
   Per chiudere l'anno in parità come richiesto da trattati – l'esercizio finanziario non si può chiudere in deficit, ricordano a Bruxelles – questi 3,9 miliardi di euro sono indispensabili. Il Parlamento europeo - che su questioni di bilancio ha potere di voto e di veto - ha legato il proprio via libera all'accordo politico sul budget 2014-2020 (Mff) alla copertura totale delle spese per l'anno in corso. Tradotto: o gli stati sborsano tutti gli 11,2 miliardi richiesti dalla Commissione il 27 marzo o per i prossimi sette anni non si ha un bilancio. Il 2 ottobre è previsto il "trilogo" (riunione Commissione-Parlamento-Consiglio) chiamato a discutere la proposta emendativa di bilancio della Commissione europea per il 2013. Come detto se non c'è accordo salta anche l'accordo politico per il bilancio settennale che dovrebbe entrare in vigore dall'1 gennaio. Il calendario è pressochè obbligato: il testo sarà prima all'attenzione degli Stati membri, e solo successivamente all'attenzione del Parlamento. Per gli stati membri il primo appuntamento utile per votare il testo è il 15 ottobre, in occasione del consiglio Ecofin di Lussemburgo. Si tratta anche dell'ultima occasione utile per licenziare il testo (a meno di Ecofin straordinari) dato che serve il via libera del Parlamento nella sessione plenaria di ottobre (21-24). I 3,9 miliardi di proposta emendativa servono infatti per garantire i pagamenti da effettuare entro il 31 ottobre, e per approvare la proposta emendativa varata pochi giorni fa non ci sono margini. I soldi che servono per i pagamenti da effettuare entro fine ottobre non possono essere trovati dopo quella data. Il negoziato, già complesso di per sè, è in salita: Gran Bretagna, Finlandia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi non intendono mettere soldi, e sono intenzionati a votare contro la proposta emendativa di bilancio N°8 (3,9 miliardi). Un problema, vista che su questioni di bilancio serve l'unanimità.
  In mezzo ci sono gli altri paesi che chiedono ciascuno le proprie rassicurazioni. Ci sono Francia, Italia e Spagna che vogliono vedersi garantite le risorse aggiuntive per lo "sconto" britannico. Da trattati è previsto, per la Gran Bretagna e solo per lei, un rimborso per lo squilibrio tra ciò che si mette sul piatto dell'Ue e ciò che dall'Ue si riceve in termini economici e di benefici. I principali contributori sono Francia, Italia e Spagna. La Commissione vuole dare loro 150 milioni (100 milioni alla Francia, 30 milioni all'Italia, 20 milioni alla Spagna. E' la proposta emendativa n°7 al bilancio 2013). I negoziati su questo sono ancora in corso. Poi - anche qui in sospeso con negoziati Parlamento-Consiglio in corso - c'è la questione sottesa alla proposta rettificativa del 10 luglio (la n°6): nel 2012 si era previsto di raccogliere una quantità X attraverso dazi doganali, ma l'Ue ha riscosso meno del preventivato, circa il 20% in meno rispetto alle attese. C'è, in sostanza, un buco da 4 miliardi. L'ammanco è parzialemente coperto da 1,2 miliardi che l'Unione europea ha ricavato da multe agli stati membri: alla fine mancano 2,8 miliardi. A questi si aggiungono altri 5,3 miliardi non richiesti dalla Commissione: la proposta emendativa da 11,2 miliardi al centro delle dispute tra Parlamento e Consiglio e che rischia di far saltare i negoziati sul bilancio 2014-2020 è infatti stata avanzata al ribasso. Siccome gli stati non sono disposti a mettere soldi (la Commissione aveva proposto un bilancio settennale da 1.045 miliardi, il Consiglio si è accordato per 959), la Commissione ha chiesto lo stretto necessario per poter chiudere il 2013: ha chiesto 11,2 miliardi quando in realtà ne occorrerebbero 16,5. Questo significa che i pagamenti che possono essere dilazionati saranno dilazionati, e trasferiti al 2014 come impegni in sospeso che devono ancora essere trasformati in pagamenti (i cosiddetti "arretrati da liquidare", noti nel gergo di Bruxelles come "Ral – Reste à liquider"). Insomma, il bilancio 2013 che ancora non si chiude dice che in caso di accordo per il budget 2013 il bilancio per il 2014 si aprirà già in perdita, con un ammanco da otto miliardi (i 2,8 di mancati dazi doganali più i 5,3 miliardi non chiesti nella manovra correttiva n°2). Tutta questa storia offre un'idea della complessità delle tematiche comunitarie, legate alle dinamiche politiche e alle questioni meramente tecniche. E quella offerta non è che una delle tante storie che Bruxelles può far raccontare. A patto di saperle raccontare.

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