Saturday, 11 April 2009
Ossezia del Sud e Kosovo, fronti della nuova guerra fredda tra Mosca e Washington.
di Emiliano Biaggio
Il mondo deve fare i conti con la Russia. Il presidente Dmitrij Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin lo hanno dimostrato chiaramente con la guerra in Caucaso. Mai come in questo frangente i leader russi hanno ribadito che la Russia non resterà a guardare l’operato degli altri governi. Perché dietro le manovre militari russe in Georgia non c’è solo la difesa di un territorio - l’Ossezia del sud, filo russa, appartenente alla Georgia e desiderosa di riunirsi all’Ossezia del nord, russa – ma anche la necessità di dimostrare al mondo interno che se provocata la Russia è pronta a mostrare i muscoli. La decisione degli Stati Uniti di schierare lo scudo missilistico in Polonia e Repubblica Ceca, vale a dire sotto il naso di Mosca, viene vista dal Cremlino come un atto ostile. Un atto non gradito da Putin e Medvedev, che rispondono con una politica che ha un sapore più aggressivo che diplomatico. E alla prima occasione, la Russia ha dato prova di essere pronta a rispondere con decisione e fermezza ad ogni azione che contro il Paese e i suoi interessi. Un tipo di politica ritenuta “deprecabile” dagli Stati Uniti, che minacciano di “rivedere per intero” i rapporti con una Russia che ora rischia di essere esclusa dal Wto e dalla Nato, con quest’ultima estremamente critica nei confronti del Cremlino. Per l’alleanza atlantica, infatti, le azioni della Russia “hanno messo in discussione il suo impegno per la pace e la sicurezza nel Caucaso”, e il Consiglio atlantico “condanna con decisione la decisione della Federazione Russa” di muovere guerra alla Georgia e riconoscere unilateralmente l’indipendenza di Ossezia del sud e Abkhazia. Condanna che non impensierisce i leader russi, con Vladimir Putin Putin e Dmitrij Medvedev che replicano alla comunità internazionale: “la Nato ha più interesse della Russia alla cooperazione”, ha stigmatizzato il presidente russo. “Se non ha intenzione di cooperare, per noi non ci sarà nulla di terribile. Possiamo anche fare a meno di avere relazioni con la Nato”. Putin, invece, avverte: isolare Mosca, fa sapere il primo ministro russo , “non avrà solo un impatto negativo per la Russia, ma certamente anche per gli interessi economici” degli altri Stati. E gli interessi economici sono quelli che giocano un ruolo di primo piano nell’intera vicenda, e non solo in Caucaso. Qui e nei Balcani Stati Uniti e Russia si scontrano per il controllo del mercato energetico: il gigante euro-asiatico rifornisce infatti di gas ed energia buona parte dell’Europa e dell’occidente, fortemente dipendenti dal Paese dell’est. Per ridurre questa dipendenza da Mosca, gli Stati Uniti spingono per la realizzazione del gasdotto Nabucco che, attraversando Armenia e Georgia- passando per Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria- aggirerebbe proprio la Russia. Dal canto suo la Russia ha in cantiere la costruzione del gasdotto South Stream che dal Caspio, attraverso il Mar Nero, dovrebbe portare gas in Europa passando attraverso l’intero territorio dell’Ossezia del sud. Da qui si evince l’importanza strategica del territorio e si può capire meglio cosa abbia prodotto la crisi del Caucaso: un conto è avere una pipeline che attraversa una regione di uno Stato filo-occidentale- la Georgia- e un conto è avere il gas che scorre lungo una Paese indipendente e filo-russo- la neonata repubblica dell’Ossezia del sud. Logico, dunque, che Putin e Medvedev siano decisi a difendere i propri interessi e a mantenere inalterati i rapporti di forza, specie dopo lo squilibrio rappresentato dall’autoproclamazione di indipendenza del Kosovo, subito riconosciuto come stato indipendente e sovrano da Washington. Il Kosovo è un altro territorio strategico in questa nuova ‘corsa all’oro’: povero di risorse e privo di petrolio, ospiterà però la pipeline trans-balcanica, il cosiddetto gasdotto Ambo. Questa conduttura, diramandosi da quella principale Nabucco, è destinata a trasportare gas e petrolio dal mar Caspio al mar mediterraneo attraversando Bulgaria, Macedonia e Albania. A preoccupare il Cremlino non è solo la concorrenza con il progetto russo South Stream (il gasdotto in questione attraverserà Bulgaria e Grecia per il corridoio est-ovest e Bulgaria, Serbia e Ungheria per il corridoio nord-sud), quanto il fatto che Ambo potrà essere collegato alla base militare statunitense di Bondsteel, in Kosovo. La regione autoproclamatasi indipendente dalla Serbia rischia quindi di diventare un avamposto Usa in un territorio che, per la sua collocazione e gli interessi che sviluppa, diventa strategico e delicato allo stesso tempo. La ‘nuova guerra fredda’ tra i due Paesi passa infatti per l’Europa. Non solo quella balcanica dell’est, perché se qui si gioca la battaglia energetica (e militare, per quanto riguarda gli Usa in Kosovo) in quella centrale e nord-orientale si gioca quella ‘di difesa’: gli Stati Uniti hanno rispolverato il progetto di scudo spaziale tanto caro a Reagan, da realizzare tra Repubblica Ceca (installazioni radar) e Polonia (batteria missilistica). Motivazione ufficiale, sostengono gli Usa, difendersi dalla minacce terroristiche, soprattutto quelle provenienti dall’Iran. La Russia non sta a guardare, e già minaccia di installare missili nell’enclave europea di Kalingrad. Perché il mondo deve fare i conti con la Russia: Medvedev e Putin lo stanno ricordando.
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