Wednesday, 6 May 2009

Iraq, stillicidio militare ed economico degli Usa

di Emiliano Biaggio
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Il disimpegno in Iraq va avanti. Il presidente Usa Barack Obama non ne ha fatto mistero, del resto. Uno dei primi annunci da quando si è insediato nella Casa Bianca è stato il “piano d’uscita in più fasi”, e il governo di Baghdad ha fatto sapere che gli Stati Uniti non intendono rivedere i termini fissati per il ritiro graduale dei soldati. Il bilancio degli ultimi attacchi, quelli avvenuti in questo primo quadrimestre del 2009, parla di 61 morti tra le fila dell’esercito statunitense: 15 morti al mese, uno ogni due giorni. Segno che nel paese dell’ex rais la situazione rimane turbolenta, segno che forse l’Iraq è ancora lontano dall’essere sicuro e sotto controllo. Obama eredita dall’amministrazione Bush una patata che definirla ‘bollente’ sarebbe poco, un’eredità con cui deve fare i conti. E alla Casa Bianca i conti, se già non li conoscevano, se li sono fatti: la guerra in Iraq è costata finora alla Casa Bianca più di 4.200 soldati e oltre 650 miliardi di dollari. Cifre da capogiro, costi umani ed economici sempre più insostenibili. E questo anche per via di un deficit record che ha raggiunto quota 164 miliardi di dollari. Se a questo si aggiunge l’attuale crisi economica e finanziaria si capisce perché, nonostante gli attacchi degli insorti, allo studio si continui a non riconsiderare i termini del disimpegno in Iraq. Ma se potrebbe convenire in termini di risparmio economico, un po’ meno potrebbe risultare congeniale agli interessi statunitensi nella regione, dove l’Iran prosegue nel suo programma nucleare e in più di un’occasione, in passato, è stata accusata di sostenere e aiutare gli sciiti in Iraq. Non a caso il disimpegno dettato da Obama è graduale e “in più fasi”: le sfere politiche e militari americane vogliono mantenere comunque un piede nel Paese, e attendere l’evolversi della situazione. Ufficialmente, comunque, per il momento la linea del ritiro ‘senza troppa fretta’ dettata dal nuovo inquilino della Casa Bianca va avanti. Con la speranza, per Washington, che la presenza “residua” degli Usa non costi come in questi quasi sette anni di operazioni.

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