Le leyes de la selva sembravano destinate all'abrogazione, ma adesso ritornano prepotentemente. Colpa delle corporations del petrolio, disposte a tutto per il cercare l'oro nero sotto la foresta amazzonica.
di Emiliano Biaggio
Sembrava che il peggio fosse passato, e invece torna a farsi sentire la minaccia delle trivelle sull'Amazzonia peruviana: gli anglo-francesi di Perenco sono pronti ad investire due miliardi di dollari in prospezioni, le indagini del sottosuolo. Obiettivo, vedere se ci sono giacimenti all'interno del così detto 'Lotto 67', un'area remota della foresta amazzonica peruviana, raggiungibile solo attraverso il fiume Napo, un emissario del Rio delle Amazzoni, ed abitata da una delle tribù dei Popoli Incontattati, nonostante la Perenco si ostini a negarne l'esistenza. L'Aidesep, l'organizzazione che riunisce gli indiani dell'Amazzonia peruviana, si oppone al progetto, e per questo - fa sapere Survival international, l'organizzazione per la tutela dei popoli indigeni - ha presentato un «appello urgente» alla Corte costituzionale del paese per impedire lo sfruttamento petrolifero.
Attraverso i decreti 1090 e 1064 - conosciuti anche leyes de la selva, che regolano l’uso e lo sfruttamento delle risorse idriche e naturali - nel 2007 e nel 2008 il presidente peruviano Alan Garcia Perez aveva dato il via libera allo d un maggiore sfruttamento minerario del territorio. In particolare è prevista la cessione di circa il 70% della foresta amazzonica alle compagnie petrolifere straniere Perenco (anglo-francese), PlusPetrol (argentina), Petrolifera (canadese), Repsol (spagnola) e Petrobras (brasiliana), che si sono accaparrate ampi tratti di foresta. Provvedimenti contestati dai popoli nativi - perché ritenuti lesivi dei loro diritti - che hanno scatenato violente proteste, con scontri tra indios e forze dell'ordine. Alla fine lo scorso giugno si contarono 33 morti (anche se gli indigeni sostengono il numero sia più elevato di quello fornito dal governo di Lima) e presa in ostaggio di 38 poliziotti. L'eco dei disordini aveva indotto il primo ministro, Yehude Simon, a presentare al parlamento la proposta di abrogazione dei decreti 1090 e 1064. Adesso però, l'ombra delle trivelle torna a farsi vedere. Presentato immediatamente il ricorso, che vede coinvolto anche la società spagnola Repsol-Ypf, che sta esplorando nella stessa area.
«È vergognoso che gli indiani del Perù debbano rivolgersi al tribunale per farsi ascoltare dalla Perenco e dal governo», ha commentato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. «Dopo la tragedia di Bagua, le autorita' promisero che avrebbero consultato i popoli indigeni prima di procedere con i loro enormi progetti, ma ancora una volta- ha concluso- vanno avanti contro il volere della popolazione locale».
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