di Emiliano Biaggio
Barack Obama premio Nobel per la pace per «i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione dei popoli» e per «gli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti». Insomma, premiato l'effetto Obama. La decisione di conferire il riconoscimento al presidente degli Stati Uniti - presa all'unanimità - ha colto di sopresa l'intero mondo, compresa la Casa Bianca, con uno sbigottito Robert Gibbs a commentare con uno «Wow» una notizia che nessuno attendeva a Washington. Come non la attendevano da nessun'altra parte. Perchè, sia chiaro, è vero che Obama ha dato chiari e netti segni di discontinuità - in politica interna come in politica internazionale - con la politica del suo predecessore George W. Bush, ma è anche vero che ad oggi risultati concreti il presidente Usa ne può contare pochi. In Medio Oriente ha dato prova di voler andare findo in fondo, ma anche Israele, che vuole continuare con la costruzione di colonie; l'Iran non sembra intenzionato a rinunciare al proprio programma nucleare; e in Afghanistan non intende andare via in tempi brevi, Come se non bastasse adesso si pone la questioone dei brogli, che potrebbe generare ulteriori disordini nel Paese enlla regione. L'unico gesto concreto è la rinuncia alla realizzazione de3llo scudo antimissile, cosa che ha pernesso una distensione con la Russia, Cosa di non poco conto, certo. Ma di risultati concreti su ltavolo ce ne sono pochi. Questo va detto, perchè qualcuno fa notare come non il Nobel non lo diedero a Gandhi, e quindi darlo a Obama? E allora perchè premiare Marti Athissari, l'inviato Onu incaricato di trovare una definizione della questione del Kosovo, risoltasi con l'indipendenza unilaterale dell'ex regione serba e la sconfitta della politica delle Nazioni Unite? Il punto è che - e la storia ce lo insegna - i cambiamenti non avvengono dall'oggi al domani, ma richiedono anni. E il rivoluzionario non è colui che porta a termine un processo di rinnovamento, ma colui che lo inizia. E Obama in tal senso ha iniziato a tracciare una rotta, a indicare una direzione: quella del dialogo, della mediazione, della politica del compromesso. Che poi, a ben guardare, è quella propria delle democrazia. In politica estera come - soprattutto - in quella interna Obama ha optato per scelte coraggiose, operando un avvio di un nuovo corso a tutto campo, per un nuovo modo di vedere e intendere il mondo. Il presidente degli Stati Uniti, lo ha detto più volte: intende tendere una mano al mondo. Adesso sta al mondo decidere se stringere questa mano. Sì, si premiano le intenzioni dell'uomo: e in tal senso il Nobel assume una certa rilevanza, perchè insignire Obama per «gli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti» significa dire a Teheran che la rinuncia all'atomica e alle armi premia. Nessuno si aspettava il Nobel a Obama, ma forse nessuno si aspettava che Obama realmente si spendesse sin da subito in prima persona su più fronti. Lui, primo afro-americano nella storia degli Stati Uniti a ottenere la presidenza, quarto presidente Usa a ricevere il Nobel, il terzo in carica (Jimmy Carter lo ricevette quando aveva già terminato il mandato), vuole raggiungere altri importanti traguardi, dalla riforma del sistema sanitario alla pace in Medio Oriente. Lui ha dato prova di volerci provare. E allora, good luck, mister president!. And congratulations.
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