Il mondo volta pagina, o meglio, si volta dall'altra parte. L'impegno alla riduzione del numero degli affamati si ferma, e i sottonutriti sono sempre di più.
di Emiliano Biaggio
Nel 2000, quando si decise di arrivare a dimezzare il numero degli affamati, la fame nel mondo colpiva 800 milioni di persone. Oggi ne colpisce un miliardo. Dopo nove anni, dunque, nulla è stato fatto. Non solo: nel 2000 si indicò il 2025 il termine ultimo entro cui sconfiggere la fame. Adesso il documento finale del vertice di Roma si limita a dire che bisogna cancellare la fame «il prima possibile». Il mondo si ferma, e inizia a voltarsi dall'altra parte. Fino a pochi anni fa, almeno c'erano impegni, seppur sulla carta. Adesso non ci sono più nemmeno quelli. E ciò nonostante «oggi nel mondo muoiono 17.000 bambini al giorno, sei milioni all'anno, uno ogni cinque secondi», denuncia il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon. Una vergogna. «Il cibo è un diritto di tutti», afferma Benedetto XVI, che giudica «inaccettabili opulenza e spreco». Ma il Pontefice, alla fine, "si dimentica" di parlare di impegni finanziari per contrastare la povertà, ed evita ai paesi più ricchi e avanzati di mettersi in gioco. Nel documento finale solo principi vaghi e generali, e di risorse nemmeno l'ombra: restano solo i 20 miliardi in tre anni promessi nel G8 dell'Aquila. Soldi ancora non visti, ma comunque ben poca cosa rispetto ai 44 miliardi di dollari all'anno a sostegno dell'agricoltura locale chiesti dal presidente della Fao, Jacques Diouf. Il vertice sulla sicurezza alimentare è stato un flop, certificato dall'assenza dei "grandi otto" del pianeta. Anche se, a ben vedere, non erano solo loro a mancare. Perde tutta la comunità internazionale, che alla Fao assiste anche all'intervento di Robert Mugabe, quel leader controverso e molto discusso, considerato da buona parte del mondo un dittatore sanguinario. Sarà per questo che i grandi del pianeta hanno disertatato? Per isolare Mugabe? No. Sulla piaga mondiale della fame, il messaggio silenzioso lanciato è: "Potremmo, ma non vogliamo". Di fronte a tutto questo resta un'amara considerazione: per le spese militari (vogliamo chiamarle "missioni di pace"?) i governi rifinanziano e continuano a rifinanziare. La direzione è chiara e - ammesso che sia umanitaria - non è però umana.
(Prima parte dell'editoriale della puntata del 20 novembre 2009 di E' la stampa bellezza, in onda su Radio Libera Tutti.)
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