Sui banchi di scuola a lezione di analfabetismo. E mentre gli italiani fanno fatica a leggere e scrivere, il governo abbassa l'età dell'istruzione obbligatoria.
l'e-dittoreale
Studenti italiani che hanno difficoltà a scrivere in italiano, e non in prima elementare - come sarebbe lecito aspettarsi - ma in quinto liceo, alla prova di maturità. La metà delle prove scritte contiene errori di ortografia, frasi senza senso e periodi sgrammaticati; e poi i giovani studenti non riescono a capire quello che leggono. A questo va aggiunto che il tasso di abbandono degli studi da parte degli studenti tra 1 18 e i 24 anni è del 21,9%, contro una media europea del 14,9%. Peggio degli studenti italiani, in questa graduatoria, solo Malta (44,3%), Portogallo (38,2%) e Spagna (30,8%). Un problema di sistema scolastico, dunque. Ma non solo. Difficile credere che i giovani e èiù giovani italiani siano stupidi: se fanno fatica a comprendere il senso di quello che leggono, forse - azzardiamo un'ipotesi - non sono abituati a leggere e ragionare. Colpa della troppa tv e di una società invasa da telefonia cellulare e modelli non proprio educativi, ma anche dell'istruzione e, quindi, dello stato. Perchè è lo stato che deve garantire istruzione ai propri cittadini. Almeno, a livello teorico. Perchè nella pratica il Governo - in una situazione come quella appena dipinta - anzichè cercare di invertire questi trend con politiche scolastiche, propone un emendamento al disegno di legge Lavoro collegato alla Finanziaria - approvato dalla commissione Lavoro della Camera - che prevede che l'apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell'obbligo di istruzione. Tradotto, se la proposta dovesse andare in porto, l'obbligo scolastico in Italia passerebbe così dai 16 ai 15 anni di età. Non senza polemiche: «La maggioranza e il ministro del Lavoro Sacconi hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico» critica Beppe Fioroni, ex-ministro della Pubblica istruzione. «E' inaccettabile- sostiene- che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico». Di diverso avviso Confidustria e, ovviamente, il Governo secondo cui - a detta del ministro Sacconi - con questo provvedimento si intende dare vita ad una «efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo». Diversa la posizione dei sindacati, con la Cgil che parla di «ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico». Smantellamento. Accusa forte, ma che sembra trovare fondatezza nel fatto che dai programmi dei licei e degli istituti tecnici e professionali - in via di definizione - sta per scomparire la geografia. Volendo essere maligni verrebbe da pensare che tutto sembrerebbe rispondere ad un disegno ben preciso, che è quello di affossare il sistema la scuola e regalare ignoranza alle future generazioni (e anche quelle "attuali"). E, sempre a voler essere maligni, si potrebbe quasi sostenere che il Governo voglia indebolire quella che dovrebbe essere la "fabbrica" del sapere, visto che il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ha addirittura annunciato tagli del 25% ai fondi per la pulizia nelle scuole. Tutti sanno, o almeno dovrebbero sapere, quanto è facile manipolare un popolo ignorante. E quello italiano, come si vede, ignorante lo è sempre di più. Se mai doveste capitare a Praga, recatevi al museo Kampa: là, affissa sulla parete d'ingresso, troverete una targa con su scritto "Se la cultura di una nazione sopravvive, allora sopravvive anche la nazione". Alla luce di questa semplice frase, per chi riesce a coglierne il significato, la sfida dell'Italia per l'immediato futuro è quella di non morire. Perchè lo sta lentamente facendo.
l'e-dittoreale
Studenti italiani che hanno difficoltà a scrivere in italiano, e non in prima elementare - come sarebbe lecito aspettarsi - ma in quinto liceo, alla prova di maturità. La metà delle prove scritte contiene errori di ortografia, frasi senza senso e periodi sgrammaticati; e poi i giovani studenti non riescono a capire quello che leggono. A questo va aggiunto che il tasso di abbandono degli studi da parte degli studenti tra 1 18 e i 24 anni è del 21,9%, contro una media europea del 14,9%. Peggio degli studenti italiani, in questa graduatoria, solo Malta (44,3%), Portogallo (38,2%) e Spagna (30,8%). Un problema di sistema scolastico, dunque. Ma non solo. Difficile credere che i giovani e èiù giovani italiani siano stupidi: se fanno fatica a comprendere il senso di quello che leggono, forse - azzardiamo un'ipotesi - non sono abituati a leggere e ragionare. Colpa della troppa tv e di una società invasa da telefonia cellulare e modelli non proprio educativi, ma anche dell'istruzione e, quindi, dello stato. Perchè è lo stato che deve garantire istruzione ai propri cittadini. Almeno, a livello teorico. Perchè nella pratica il Governo - in una situazione come quella appena dipinta - anzichè cercare di invertire questi trend con politiche scolastiche, propone un emendamento al disegno di legge Lavoro collegato alla Finanziaria - approvato dalla commissione Lavoro della Camera - che prevede che l'apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell'obbligo di istruzione. Tradotto, se la proposta dovesse andare in porto, l'obbligo scolastico in Italia passerebbe così dai 16 ai 15 anni di età. Non senza polemiche: «La maggioranza e il ministro del Lavoro Sacconi hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico» critica Beppe Fioroni, ex-ministro della Pubblica istruzione. «E' inaccettabile- sostiene- che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico». Di diverso avviso Confidustria e, ovviamente, il Governo secondo cui - a detta del ministro Sacconi - con questo provvedimento si intende dare vita ad una «efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo». Diversa la posizione dei sindacati, con la Cgil che parla di «ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico». Smantellamento. Accusa forte, ma che sembra trovare fondatezza nel fatto che dai programmi dei licei e degli istituti tecnici e professionali - in via di definizione - sta per scomparire la geografia. Volendo essere maligni verrebbe da pensare che tutto sembrerebbe rispondere ad un disegno ben preciso, che è quello di affossare il sistema la scuola e regalare ignoranza alle future generazioni (e anche quelle "attuali"). E, sempre a voler essere maligni, si potrebbe quasi sostenere che il Governo voglia indebolire quella che dovrebbe essere la "fabbrica" del sapere, visto che il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ha addirittura annunciato tagli del 25% ai fondi per la pulizia nelle scuole. Tutti sanno, o almeno dovrebbero sapere, quanto è facile manipolare un popolo ignorante. E quello italiano, come si vede, ignorante lo è sempre di più. Se mai doveste capitare a Praga, recatevi al museo Kampa: là, affissa sulla parete d'ingresso, troverete una targa con su scritto "Se la cultura di una nazione sopravvive, allora sopravvive anche la nazione". Alla luce di questa semplice frase, per chi riesce a coglierne il significato, la sfida dell'Italia per l'immediato futuro è quella di non morire. Perchè lo sta lentamente facendo.
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