Sesso, denaro e favori nell'inchiesta sui Grandi eventi. Da cui emerge una torbida relazione tra politica e imprenditoria.
di Emiliano Biaggio
Appalti in cambio di sesso e denaro: queste le accuse rivolte a Guido Bertolaso dopo l'inchiesta sui Grandi eventi che ha portato all'arresto degli ingegneri Angelo Balducci, Fabio De Santis e Diego Della Giovampaola insieme all'imprenditore Diego Anemone. Secondo l'accusa tutti loro sarebbero stati favoriti dal capo della Protezione civile, dimissionario ma con la fiducia di Governo e maggioranza. Berlusconi ha infatti respinto le dimissioni di Bertolaso, Bossi ha pubblicamente riconosciuto che il sottosegretario «non si deve dimettere», mentre Scajola ha invitato il capo della Protezione civile a «restare finchè i fatti non verranno accertati». Al momento l'unica cosa certa è l'ambigua relazione che lega pubblico e privato, Stato e imprese. Sul registro degli indagati è finito anche il nome di Denis Verdini, coordinatore del Pdl, al quale sarebbe stato chiesto un incontro con il ministro delle Infrastrutture per questioni di appalti, forse alla ricerca di una raccomandazione. Contatti poco chiari con una politica che solo una settimana fa veniva accusata di aver trattato con Cosa Nostra e di avere in Berlusconi e Forza Italia i risultati di quegli accordi. Anche in quel frangente, scenari inquietanti tutti da chiarire, come gli scenari che si configurano adesso, ma che rivelano falle in quello che qualcuno ha già definito "una struttura". Perchè mai assegnare alla Protezione civile la gestione di avvenimenti come la Louis Vuitton cup, i mondiali di nuoto e l'Expo 2015, tutti eventi non emergenziali? E poi il terremoto in Abruzzo: «La ricostruzione dell'Aquila non compete alla Protezione civile», ricorda Legambiente. Il Pd, con Ermete Realacci, nota a fa notare invece «pericolose derive». Derive di competenze e decisioni, in uno schema ben preciso e piuttosto ampio di potere che sottrae potere ad altri poteri. Perchè la Protezione civile opera attraverso ordinanze, atti amministrativi e quindi di Governo, che in nome di emergenze toglie voce in capitolo a chi invece, in situazione ordinaria, ha il vero compito di decidere. Come il Parlamento, ad esempio. Un disegno riassunto nel ragionamento di Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil. «Si è costruito attorno ad un tema vero un'ideologia di "politica del fare", intorno alla quale si possono avere condizioni insostenibili per una democrazia», afferma. Questa ideologia "del fare", continua Epifani, «porta a sostituire criteri ordinari con metodi straordinari», e «pone il problema di una "struttura dei fini"», dove «il fine finisce con giustificare il mezzo». Per Epifani «a questo punto bisogna chiedersi: in una democrazia, quando è tollerabile questa struttura? Io dico quando c'è una calamità e una situazione di emergenza, quando cioè è in discussione la vita delle persone». Altrimenti, avverte il leader sindacale, «se si allarga la nozione dei fini si viene a compromettere l'etica della responsabilità pubblica» arrivando a generare «un'oligarchia autoreferenziale in cui si perde il confine tra l'interesse pubblico e privato e tra l'interesse di mercato e quello di chi sta all'interno» di questo circuito. «Ed è quello che sta accadendo», secondo Epifani. Berlusconi sostiene invece che «non c'è una nuova tangentopoli», per Epifani «sì, ed è sotto gli occhi di tutti». A smentire il premier anche la Corte di Conti, che denuncia un aumento del 229% della corruzione nel 2009: l'organismo però non dice se in questo +229% siano stati calcolati il caso dei Grandi eventi, Bertolaso, Anemone e soci. Probabilmente è stato calcolato Mario Sancetta, magistrato proprio della Corte dei conti il cui nome è finito sul registro degli indagati.
(Editoriale della puntata del 19 febbraio 2010 di E' la stampa bellezza, in onda su Radio Libera Tutti.)
No comments:
Post a Comment