Sunday, 7 February 2010

Berlusconi show: «Il muro a Betlemme? Non l'ho visto. E il legittimo impedimento non è un privilegio».

Quando potere e politica sono al servizio di pochi o singoli, e non prestano attenzione allo stato.

di Emiliano Biaggio

«La reazione di Israele su Gaza fu giusta». Lo afferma Silvio Berlusconi di fronte alla Knesset, il parlamento dello stato ebraico. Nella sua visita nel paese del Medio Oriente, il presidente del Consiglio rilascia dichiarazioni a favore di Israele tra gli applausi dei parlamentari e contro il processo di pace del conflitto israelo-palestinese. Le reazioni dell'Autorità nazionale palestinese infatti non si fanno attendere: «Quella degli israeliani a Gaza fu un'aggressione», replica Nemer Hammad, uno dei più stretti consiglieri politici di Abu Mazen, presidente dell’Anp. «C'è un rapporto che si chiama Goldstone sui crimini israeliani- ricorda Hammad - e qualunque cosa dica il premier Berlusconi non cambia la realtà». La realtà. Questa dice che l'esercito israeliano ha usato fosforo bianco su obiettivi civili nel corso dell'operazione "Piombo fuso", la campagna militare israeliana condotta contro Hamas dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 e costata la vita a 1.400 palestinesi. “Piombo fuso” fu «reazione giusta», per il premier italiano, che giustifica e difende Israele. Una presa di posizione più che comprensibile, dato che il presidente del consiglio è andato nello stato ebraico per fare affari, a cercare di vendere 40 aerei d'addestramento militare italiani per un conto di un miliardi di euro. In questi casi non bisogna perciò contrariare il possibile acquirente, ma certo chiudere gli occhi di fronte alla realtà non aiuta, specie in una regione turbolenta come quelle mediorientale. Invece gli occhi si chiudono. O meglio, restano aperti ma a guardare altrove. Come dimostra perfettamente Berlusconi. A chi gli chiede del muro che circonda Betlemme, il premier risponde che «non me ne sono accorto». E questo perché, precisa, «stavo rimettendo a posto le mie idee, prendendo appunti sulle cose che avrei dovuto dire al presidente». Spiegazione diplomatica con una dichiarazione elegante utile a glissare e dribblare eventuali inconvenienti. Certo che 725 chilometri di barriera di cemento alta 3 metri, per quanto uno possa essere assorto, difficilmente possono non apparire, sia pur per sbaglio, all'interno del campo visivo di un occhio umano. Ma tant'è, non si vede. Certo, tra il non vedere e il non voler vedere intercorre una bella differenza, ma allo stato attuale la realtà - questa volta - cambia poco. Perchè giustificare e sposare aprioristicamente la linea di Israele consegna allo Stato ebraico (e ai paesi suoi amici) lo scettro del potere per decidere della questione arabo-israliano, tagliando fuori la Palestina e i palestinesi. Alla Knesset Berlusconi tende la mano a Israele e la nega all'Autorità palestinese. Ancora una volta, è la logica del profitto ad avere la meglio. In Italia invece prevale invece la logica di misure che poco hanno a che fare con necessità reali e bisogni diffusi. Né un esempio il provvedimento approvato alla Camera con 316 si, 239 no e 40 astenuti: è la legge sul legittimo impedimento, testo con il quale – secondo il segretario del Pd, Pierluigi Bersani – il premier «mette davanti a sé l’Italia». Polemiche politiche a parte c’è da dire che Montecitorio dà l’ok ad un provvedimento che blocca i processi Mills e Mediaset, processi che riguardano una sola e ben determinata persona. E ciò mentre Alcoa, Eutelia e Fiat annunciano la chiusura dei propri stabilimenti, in un’ottica di politiche industriali che interessano migliaia di lavoratori ormai prossimi alla disoccupazione. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano spiega che il legittimo impedimento «non è un privilegio ma una tutela al diritto di governare» e in quest’ottica per il leader della Lega Umberto Bossi «la legge andava fatta e l’abbiamo fatta». Adesso che è stata fatta, votata e approvata si torni a far prevalere il buonsenso agli interessi personali. Al limite, si governi per il paese e non per sé stessi. Perché stare al Governo – è bene ricordarlo – lo impone. E questa crisi ancora di più.
(Editoriale della puntata di E' la stampa bellezza del 5 febbraio 2010, in onda su Radio Libera Tutti.)

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