Al vertice del 28 gennaio ribaditi gli impegni per la ricostruzione, tra i "se" degli Usa e i "però" dell'Ue. Con avvertimenti dell'Onu e messaggi a Karzai e soci.
Di Valentina Pop (per EUobserver)
traduzione di Emiliano Biaggio
Dai leader mondiali arriva l'ok all'inizio di trasferimento delle competenze in materia di sicurezza afghana alle forze armate del paese e alle forze locali preposte. Riuniti a Londra per la conferenza sull'Afghanistan, i rappresentanti di 70 paesi si sono detti d'accordo a iniziare il passaggio di consegne agli inizi del 2011, per un processo che durerà cinque anni e nel corso del quale si dovranno trovare i fondi con cui persuadere i gruppi talebani a deporre le armi. I partecipanti alla conferenza sono convinti di aver mosso «passi decisivi per un un più forte leadership afghana che sappia rendere sicuro, stabilizzare e sviluppare l'Afghanistan». Ma perchè questi obiettivi possano essere davvero raggiunti occore garantire aiuto alla Nato, come richiesto nella conferenza di Londra. Un aiuto in termini di appoggio attuale ma soprattutto nella definizione di una road map che possa garantire il graduale ma definitivo disimpegno. Anche perchè la campagna afghana - iniziata nel 2002- è finita. I talebani non sono più al potere, anche se le insurrezioni non sono state arrestate ma hanno addirittura visto un'espansione in Pakistan e in altri territori in passato più sicuri. Gli Stati Uniti pensano di iniziare il richiamo dei propri soldati già il prossimo luglio, nel caso in cui l'aumento di 30.000 uomini non produca risultati. Ma questo non deve ingannare, perchè comunque ad agosto il numero complessivo di soldati occidentali raggiungerà le 100.000 unità. Un contingente dai costi notevoli, con cui bisogna fare - e lo si sta già facendo - i conti. Anche il presidente afghano, Hamid Karzai, pensa alle spese in tema di sicurezza e ha fatto sapere che l'Afghanistan avrà bisogoi di sostegno finanziario alle forze armate per altri 10-15 anni. Karzai ha quindi sottolineato l'importanza di politiche di reintegro degli ex miliziani talebani: una simile politica, ha assicurato, «taglierà i rapproti con Al Qaeda i gli altri gruppi terroristici e permetterà di giungere alla pacificazione» della nazione. Ancora una volta ha promesso di combattere contro la corruzione, ma la sua credibilità in questo ambito risente ancora delle accuse di nepostimo che gli sono state mosse. Ma Karzai ha promesso l'istituzione - di qui a un mese - di un ufficio indipendente per «l'indagine e la sanzione degli ufficiali corrotti». Catherine Ashton, responsabile della politca estera dell'Unione euopea ha comunque sottolineato che Karzai dovrà mantenere le sue promesse se vorrà continuare a godere del sostegno internazionale: «Sa bene quanto ci aspettiamo», ha detto. Gli alleati intanto hanno garantito almeno 350 milioni di euro per la riconciliazione nazionale dell'Afghanistan, con il meeting di Londra che ha esortato a contribuire al fondo per la ricostruizione, attualmente sotto gli 80 milioni. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha posto le condizioni degli Stati Uniti: «L'esercito statunitense è stato autorizzato a garantire un fondo sostanziale» ma solo nel caso in cui gli insorti rinuncino alla violenza e accettino la democrazia. Nel frattempo le Nazioni Unite mantengono in vita i loro mandati esplorativi per negoziati di pace con i comandanti talebani. «La soluzione a una guerra è sempre quella di parlare al tuo nemico, a meno che non vinca una delle parti», ha ricordato Bernard Kouchner, ministro degli esteri francese. Kai Eide, inviato speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, ha ricordato però come nel paese asiatico il quadro sia piuttosto complesso: «Il processo di riconciliazione nazionale è importante, ma deve essere accompagnato da una riconciliazione politica». Messaggio non casuale, dopo le elezioni che hanno riconfermato - tra molti dubbi e tante proteste - Ahmid Karzai alla guida del paese.
Di Valentina Pop (per EUobserver)
traduzione di Emiliano Biaggio
Dai leader mondiali arriva l'ok all'inizio di trasferimento delle competenze in materia di sicurezza afghana alle forze armate del paese e alle forze locali preposte. Riuniti a Londra per la conferenza sull'Afghanistan, i rappresentanti di 70 paesi si sono detti d'accordo a iniziare il passaggio di consegne agli inizi del 2011, per un processo che durerà cinque anni e nel corso del quale si dovranno trovare i fondi con cui persuadere i gruppi talebani a deporre le armi. I partecipanti alla conferenza sono convinti di aver mosso «passi decisivi per un un più forte leadership afghana che sappia rendere sicuro, stabilizzare e sviluppare l'Afghanistan». Ma perchè questi obiettivi possano essere davvero raggiunti occore garantire aiuto alla Nato, come richiesto nella conferenza di Londra. Un aiuto in termini di appoggio attuale ma soprattutto nella definizione di una road map che possa garantire il graduale ma definitivo disimpegno. Anche perchè la campagna afghana - iniziata nel 2002- è finita. I talebani non sono più al potere, anche se le insurrezioni non sono state arrestate ma hanno addirittura visto un'espansione in Pakistan e in altri territori in passato più sicuri. Gli Stati Uniti pensano di iniziare il richiamo dei propri soldati già il prossimo luglio, nel caso in cui l'aumento di 30.000 uomini non produca risultati. Ma questo non deve ingannare, perchè comunque ad agosto il numero complessivo di soldati occidentali raggiungerà le 100.000 unità. Un contingente dai costi notevoli, con cui bisogna fare - e lo si sta già facendo - i conti. Anche il presidente afghano, Hamid Karzai, pensa alle spese in tema di sicurezza e ha fatto sapere che l'Afghanistan avrà bisogoi di sostegno finanziario alle forze armate per altri 10-15 anni. Karzai ha quindi sottolineato l'importanza di politiche di reintegro degli ex miliziani talebani: una simile politica, ha assicurato, «taglierà i rapproti con Al Qaeda i gli altri gruppi terroristici e permetterà di giungere alla pacificazione» della nazione. Ancora una volta ha promesso di combattere contro la corruzione, ma la sua credibilità in questo ambito risente ancora delle accuse di nepostimo che gli sono state mosse. Ma Karzai ha promesso l'istituzione - di qui a un mese - di un ufficio indipendente per «l'indagine e la sanzione degli ufficiali corrotti». Catherine Ashton, responsabile della politca estera dell'Unione euopea ha comunque sottolineato che Karzai dovrà mantenere le sue promesse se vorrà continuare a godere del sostegno internazionale: «Sa bene quanto ci aspettiamo», ha detto. Gli alleati intanto hanno garantito almeno 350 milioni di euro per la riconciliazione nazionale dell'Afghanistan, con il meeting di Londra che ha esortato a contribuire al fondo per la ricostruizione, attualmente sotto gli 80 milioni. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha posto le condizioni degli Stati Uniti: «L'esercito statunitense è stato autorizzato a garantire un fondo sostanziale» ma solo nel caso in cui gli insorti rinuncino alla violenza e accettino la democrazia. Nel frattempo le Nazioni Unite mantengono in vita i loro mandati esplorativi per negoziati di pace con i comandanti talebani. «La soluzione a una guerra è sempre quella di parlare al tuo nemico, a meno che non vinca una delle parti», ha ricordato Bernard Kouchner, ministro degli esteri francese. Kai Eide, inviato speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, ha ricordato però come nel paese asiatico il quadro sia piuttosto complesso: «Il processo di riconciliazione nazionale è importante, ma deve essere accompagnato da una riconciliazione politica». Messaggio non casuale, dopo le elezioni che hanno riconfermato - tra molti dubbi e tante proteste - Ahmid Karzai alla guida del paese.
No comments:
Post a Comment