Friday, 12 February 2010

Soldi ai talebani o sostegno a Karzai? Il dilemma che divide sull'Afghanistan. Dove serve altro.

Mancanza di una strategia condivisa e scarsa visione del futuro: ecco a cosa non guarda la comunità internazionale per la rinascita di un paese desideroso di normalità

di Emanuele Bonini

Inceretezze, dubbi, strategie militari e via del dialogo. Impegni finanziari ed erogazione di soldi, ma a chi? Ai talebani che traggono vantaggi dalla situazione attuale? Oppure al governo di Karzai, debole, instabile e corrotto? C'è chi vuole darli agli uni, chi all'altro. Tutti però con delle condizioni. Variabili in un'equazione farcita di incognite. L'Afghanistan resta un rebus e una scommessa per la comunità internazionale, che nella conferenza di Londra ha saputo solo tracciare una bozza di road map per un disimpegno, tra le perplessità diffuse e un generale accordo condizionato. Gli Stati Uniti vorrebbero garantire fondi ai talebani, ma senza avere ad oggi - e chissà se potranno averla in un breve futuro - la certezza che una simile strategia si riveli vincente, e porti cioè dalla loro parte chi in questo momento li attacca. Gli Stati Uniti già una volta hanno saputo portare dalla propria parte i talebani, sostenendoli con armi e soldi in chiave anti-sovietica nella campagna intrapresa alla fine degli anni Settanta a Mosca. E' indubbio che allora gli americani raggiunsero i loro obiettivi, ma con i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Basteranno i soldi per convincere (o meglio dire comprare) i talebani a sposare la causa occidentale? Difficile dirlo, e lo sanno bene sia alla Casa Bianca che al Pentagono, che però tentano d'azzardo con una strategia che sa quasi di ultima spiaggia. L'Unione europea non approva, e sostiene invece - ma con riserva - il governo di Kabul. Rinnova una parziale fiducia in Karzai, più che avventurarsi in finanziamenti a gruppi di insorti che non si sa cosa potranno fare di quei soldi. Ma l'Ue non si fida di Karzai, al quale non a caso ha chiesto di tener fede ai propri impegni. Anche in questo caso, dunque, una scommessa. L'unica certezza, anche in ambito Ue, è l'ipegno militare dei 27, presenti - magari non proprio tutti e 27 ma comunque ci sono - con i vari contingenti dei vari paesi membri. Per adesso c'è la via militare a mettere d'accordo Stati Unite ed Unione europea: entrambi sono presenti ed entrambi pensano ad un disimpegno. Per ilresto i "come" dividono le forze in campo, e soprende ascoltare dal responsabile della diplomazia francese parole che ci si aspetterebbe di sentire da un Nobel per la pace qual è Obama. Invece Bernard Kouchner invita al dialogo e alla via diplomatica, in quella che a oggi è la terza opzione, quella delle Nazioni Unite. Ecco il quadro, allora: Stati Uniti, Unione europea, nazioni Unite. Ognuno con la propria diversa strategia, ognuno con i propri interessi. Ognuno tassello di quel grande mosaico afghano fatto di forze locali, occupanti stranieri, insorti talebani, fondamentalismo islamico, traffico di armi, oppio, instabilità, corruzione, frammentazioni etniche. E poi, il nodo della riconciliazione nazionale e dello sviluppo della nazione: potranno mai avvenire le due cose se non si pongono le basi per un'alternativa? No. Facciamo che gli afghani abbiano una propria economia, un proprio mondo del lavoro, occupazione e mestieri. E tanto altro rispetto alla coltivazione del papavero da oppio. Garantire soldi così ha un senso, perchè dare soldi a pioggia senza poi poterli investire in nulla non produrrà altro che una continua alimentazione del narcotraffico e della compravendita di armi. E l'Afghanistan non smetterà mai di essere una pesante eredità per la comunità internazionale e un posto - per gli afghani - dove morire o da dove fuggire.

No comments:

Post a Comment