Wednesday, 19 May 2010

Divieto di stampa

Multe e carcere per le "pubblicazioni facili": ecco il ddl intercettazioni

l'e-dittoreale
Non si potranno più fare riprese televisive di un processo senza che ci sia il consenso di tutte le parti interessate; chiunque pubblichi intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione o che risultino estranee alle indagini potrà essere punito con il carcere da 6 mesi a 3 anni; chiunque riveli indebitamente notizie che riguardano atti o documenti del processo coperti da segreto rischia il carcere da 1 a 6 anni; dare immediato avviso al Vaticano se un pubblico ministero intercetta un uomo di chiesa. Questi alcuni dei provvedimenti previsti dal ddl intercettazioni ancora in itinere ma prossima all'approvazione. Passa il cosiddetto "emendamento D'Addario' che vieta la registrazione delle conversazioni e delle riprese se non vi è il consenso delle parti interessate: pena prevista in caso di infrazione, fino a 4 anni di carcere. Ancora, in caso di pubblicazione arbitraria di indagini e intercettazioni prima dell'udienza preliminare, gli editori dovranno pagare una multa dai 64.500 ai 464.700 euro. I giornalisti, invece, rischiano una condanna fino a 2 mesi di carcere o un'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la pubblicazioni degli atti anche per riassunto; una sanzione fino a 2 mesi di carcere e un'ammenda da 4.000 a 20.000 euro per la pubblicazione delle intercettazioni. Inoltre, è prevista la sospensione temporanea dalla professione. I provvedimenti sono stati votati in commissione Ambiente del Senato, e a breve potranno ottenere il via libera dall'Aula di palazzo Madama. Berlusconi aveva promesso di voler stringere, l'ha fatto: ha serrato le fila, corso contro il tempo e ristretto - per non dire stritolato - stampa e libertà di stampa. Deterrente economico agli editori, che pur di evitare di pagare multe salate non esiterebbero a dettare linee editoriali "soft"; pericolo carcere, multe elevate e sospensione dell'attività per i cronisti, in una mossa che in un mercato del lavoro all'insegna della precarietà e in un contesto di crisi metterebbe in seria difficoltà chiunque. Se le intercettazioni erano un problema, adesso non lo saranno più. Per chi ha voluto queste disposizioni. Berlusconi in prima persona, per intenderci: il premier ha voluto uno strumento normativo che lo mettesse al riparo dalla giustizia e dal suo corso, e con sè quanti lo affiancano. Un pensiero va alla questione degli appalti, che ha già investito Scajola e Bertolaso e che sta investendo Matteoli. E poi, quel dover riferire alla Chiesa: certo, si tratta di un altro stato, indipendente e sovrano, ma si tratta di un altro potere forte. L'impressione è che si voglia tutelare il potere, la certezza è che si vuole legare le mani a chi scrive e tappare la bocca a chi può raccontare. I giornalisti minacciano lo sciopero, ma appare difficile credere che una simile azione possa sortire degli effetti utili: per chi vuole il silenzio, giornali non in edicola e tg non in onda non fanno che accrescere il senso di compiacimento e di autocompiacimento. uno sciopero va a tutto vantaggio di chi ha creato le condizioni perchè si verifichi. In tutto questo si prevede il ridimensionamento del valore delle dichiarazioni dei pentiti di mafia: un pensiero va a Spatuzza. O Fonti, che ha svelato alcuni retroscena del fenomeno delle navi dei veleni, dove più governi avrebbero avuto un ruolo attivo. Se il diritto d'informazione esce ridimensionato e più indebolito, il governo appare più delegittimato davanti alla democrazia - ammesso ci sia - e alla Costituzione. Gli italiani invece o non sanno o non si espongono in prima persona. Stiano tranquilli: anche se dovessero dire la propria, tanto non lo riporterebbe alcun mezzo d'informazione.

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