Allarmi disattivati nella piattaforma del golfo del Messico, e l'ombra di intese con la Libia per le operazioni della compagnia Britannica nelle acque della Sirte. "Chiudendo un occhio" sul disastro di Lockerbie.
di Emiliano Biaggio
Politica e affari, diplomazia segreta e accordi sottobanco, prigionieri in cambio di petrolio: Libia e Gran Bretagna, per un'intesa - ironia della sorte, il gioco di parole finisce con rappresentare la realtà - dai foschi contenuti. Bp, ovvero British Petroleum: la principale compagnia petrolifera di sua maestà oggi al centro della tragedia ecologica del golfo del Messico, fatta di milioni di litri di petrolio e un incidente che - man mano che passono i giorni ed emergono i piccoli tasselli dell'accaduto - ha dell'incredibile. Così come dell'incredibile quella presunta - ma sembrerebbe sempre più effettiva - trattiva tra Londra e Tripoli. Sul piatto, un cittadino libico detenuto e oro nero. Così Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi, uno dei responsabili della strage di Lockerbie, diventa moneta di scambio per concessioni di estrazioni petrolifere al largo delle coste libiche, nella zona della Sirte. Incarcerato in Scozia, al-Megrahi deve scontare la condanna per l'abbatimento dell'aereo della Pan Am, avvenuto il 21 dicembre 1988 e costato la vita a 270 persone (259 sul velivolo e 11 a terra). Fino al 20 agosto 2009 al-Megrahi resta nel Gateside Prison, carcere scozzese a Greenock. Poi le autorità britanniche lo rilasciano e lo riconsegnano a quelle libiche, per le condizioni di salute del detenuto: ad al-Megrahi viene infatti diagnosticato un cancro alla prostata. I medici dicono che gli restano pochi mesi di vita, ma arrivato a Tripoli la diagnosi cambia: potrà vivere altri 10 anni. Gli Stati Uniti non capiscono e non gradiscono, e oggi che aleggia con sempre maggior forza lo spettro di uno scambio tra Libia e Gran Bretagna, lo sdegno aumenta. E non solo negli ambienti di Washington. Perchè le vittime del volo PA 103 della Pan Am sono di 21 nazionalità diverse, e perchè al centro c'è la Bp. Ricapitoliamo: la Gran Bretagna libera al-Megrahi e lo riconsegna a Gheddafi, e Gheddafi permette alla British Petroleum l'accesso alle proprie riserve di petrolio off-shore (in mare). Ciò diventa ufficiale in questi giorni, a pochi mesi dal disastro del golfo del Messico e riguarda trivellazioni di pozzi a 1700 metri di profondità, 200 metri più giù, cioè, dei pozzi al largo delle coste Usa da dove continua a fuoriuscire greggio. Con gli stessi - se non peggiori - rischi. Gli scenari futuri - alla luce del disastro della piattaforma Deepwater Horizon - preccupano in molti, primi fra tutti i paesi del Mediterraneo, e la notizia imbarazza la Gran Bretagna e fa infuriare la Casa Bianca. Londra tende di defilarsi: la liberazione di al-Megrahi l'ha deciso il parlamento scozzese. Da Edimburgo, il primo ministro scozzese Alex Salmond rispedisce al mittente allusioni e accuse: «Il governo scozzese non ha avuto contatti con la compagnia britannica Bp quando ha preso la decisione di liberare il libico Abdelbaset al-Megrahi, condannato per l'attentato di Lockerbie». Tradotto: chiedete spiegazioni a Londra, dove gli imbarazzi aumentano. Adesso si apprende infatti che l'allarme sulla piattaforma Bp esplosa nel golfo del Messico era stato disattivato da un anno «per non disturbare l'equipaggio». Violazione delle norme, leggerezze, responsabilità per un caso sempre più politico e sempre più surreale: la Bp ha annunciato la sostituzione dell'attuale amministratore delegato Tony Hayward, mandato via con una buona uscita da 1 milione di sterline. Un motivo di ulteriore imbarazzo? Forse. O forse un'ulteriore dimostrazione di come alla fine vinca la logica dei petrodollari.
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