Friday, 13 August 2010

Il Risiko del Pacifico: Israele e la Lega araba si contendono le isole

«Offensiva della seduzione» in chiave Onu. Strategie nella regione in cui lo stato ebraico ha alleati.

di Francesco Battistini (dal Corriere della Sera del 13 agosto 2010)

«Ma che c'importa della Micronesia?». Il traffico impazzisce a Gerusalemme, quando c`è una visita di Stato. La King David Street viene chiusa a ogni auto e la pagina 14 del jerusalem Post si apre a ogni protesta. Come la mail di Sholom Gold, che a gennaio rimase imbottigliato guardando la parata di limousine nere: «Quando ho scoperto che stavo perdendo tempo per il presidente della Micronesia, sono rimasto senza parole. Mica è la Clinton. Che c'importa d`un Paese che ha meno abitanti di Rishon LeZion?». A 15 mila chilometri dal Medio oriente, si combatte una silenziosa guerra diplomatica. Una corsa a regalare amicizie, denari, sostegni. Un'«offensiva di seduzione», la definisce il giornale The Australian, che fa sempre d'Israele il partner prediletto dai microstati del Pacifico, ma che ora la Lega araba ha deciso di contrastare. Stanco di trovare quei lontani arcipelaghi dalla parte del «nemico sionista», tutti 14 regolarmente pronti a votare contro i palestinesi in ogni sede internazionale, il segretario Amr Moussa ha mandato fin laggiù una delegazione ufficiale. Ad aprire una rappresentanza. A inventarsi un annuale Arab-Pacific Cooperation Forum ad Abu Dhabi, 30 premier e ministri invitati. A portare (con gli Emirati arabi) decine di milioni per scuole, ospedali, energia. A strappare finalmente una dichiarazione congiunta, la prima nella storia di governi come Palau e Nauru, in cui si chiede il rispetto delle «risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e dei princìpi della Road Map», riconoscendo che «le posizioni degli Stati arabi sono cruciali per una pace giusta» in Palestina. Si giocasse a Risiko, sarebbe una mossa che vale il jolly. «II nostro è un investimento consistente e vogliamo restarci a lungo», ha detto il ministro degli Esteri emiratino, Abdullah bin Zayed al Nahyan, alla fine d`un tour fra Samoa, Figi, Tuvalu, le Isole Salomone e le Marshall. Dove non è mancato un accenno alle risoluzioni Onu sulla Palestina che i minuscoli oceanici non hanno mai votato: quella del '98, sul diritto dei palestinesi a sedere all`Assemblea generale (124 sì, 4 no: Usa, Israele, Micronesia, Marshall); quella del 2004 di condanna del Muro (150 sì, 6 no: Usa, Israele, Australia, Micronesia, Marshall, Palau); quella del 2009 sull'autodeterminazione palestinese (171 sì, 6 no: Usa, Israele, Micronesia, Marshall, Nauru, Palau). «Conosco le dimensioni del vostro Paese, ma anche le dimensioni della vostra amicizia», ha brindato il presidente israeliano Peres, ricevendo il collega di Nauru. «I nostri amici più fidati - ripete spes- so il premier Netanyahu - sono quelli che stanno più lontani». Tanta fedeltà è premiata: dal 2000, alle microisole arrivano consulenze agricole e per l`energia solare; ogni anno partono team di oculisti israeliani per operare a Nukualofa, capitale di Tonga; nelle accademie militari israeliane, alloggiano i cadetti micronesiani. L'estate scorsa, dall`ospedale di Tel Hashomer è partito un progetto per combattere l`obesità dei tongani, una vera malattia sociale. E l'urlo «Israel!» risuona nell`isola, ogni volta che ritorna in patria l`idolo locale del rugby, Israel Folau. L`asta va al rialzo: «Se è una questione di soldi, possiamo darvene molti di più», ha detto ai samoani Hesham Youssef, consigliere di Amr Moussa, promettendo nuovi investimenti. «Rimanete i nostri piccoli grandi amici», è stato l`invito di Avigdor Lieberman, il ministro degli Esteri israeliano che ha una visita segnata sull`agenda 2011. La pace non passerà per il Pacifico: ma perché rinunciarvi?

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