Non ha mai rinunciato a raccontare le verità più scomode, e per questo molto probabilmente è stata uccisa. Ma restano il suo coraggio e i suoi articoli. E la sua storia.
di Emiliano Biaggio*
Quattro anni veniva assassinata Anna Politkovskaja, giornalista della Novaja Gazeta e interprete del diritto-dovere dell'informazione vera e libera. Espressione della libertà d'espressione e capofila della controinformazione russa, Politkovskaja ha sempre scritto e denunciato quelle realtà che altri, tanti altri, non hanno saputo e voluto raccontare. A rischio della propria incolumità e nel rispetto della propria professionalità, non ha mai avuto timore ad apporre la propria firma su articoli fortemente critici su Vladimir Putin, sullo scarso rispetto dimostrato dei diritti civili e dello stato di diritto da parte di Governo ed esercito, sulla conduzione della guerra in Cecenia, sulle politiche del Cremlino in Daghestan e Inguscezia. Inchieste e resoconti pericolosi da realizzare, scomodi da pubblicare. Ma non per Politkovskaja e per il suo giornale, col tempo sempre più riferimento di una parte dell'opinione pubblica russa e di ampie fasce di quella internazionale. Una voce critica fuori dal coro e dagli schemi imposti da Mosca, quella di Politkovskaja, divenuta fastidiosa, troppo fastidiosa, alle orecchie e non solo dei gestori del potere. Avrebbe potuto occuparsi di altro, magari di sport, o avrebbe anche solo non farsi domande e porsi dei limiti, Anna Politkovskaja; così facendo avrebbe avuto una vita più tranquilla, lei che in più di un'occasione è stata minacciata di morte. Peccato invece che lei abbia preferito altro, e cioè spiegare come le cose andassero realmente, a dispetto delle versioni ufficiali fatte di silenzi, omissioni e menzogne. E' per rompere questo muro di false verità che Politkovskaja ha sempre scritto, perchè - scriveva ella stessa nel 2004 - «io vivo la vita e scrivo di ciò che vedo», e «vivere [...] e continuare a far finta che vada tutto bene, è già un crimine». Politkovskaja questo crimine non ha voluto compierlo, pur sapendo che esercitare la libera informazione non sempre è un diritto e in molti casi, al contrario, finisce con l'essere una colpa. E lei ne era consapevole. Nel 2005 arrivò a dire: «Certe volte le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano», ed io «non sono la sola ad essere in pericolo». Parole dette durante una conferenza di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, come a voler ribadire a tutti ciò che era, personalmente e professionalmente. Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaja è assassinata nell'ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. Per molti la sua morte è stata commissionata, forse da quegli stessi soggetti - governo ed esercito su tutti - che lei aveva messo in imbarazzo e in difficoltà di fronte al mondo. Un primo processo non è bastato a chiarire chi e perchè abbia voluto mettere a tacere la sua voce di verità, a ancora oggi - dopo l'annullamento del processo e il riavvio delle indagini - si attende di sapere chi ha privato Russia e non solo Russia di Anna Politkovskaja. Ciò non toglie che la sua storia e le sue storie sono quanto di più prezioso ci abbia lasciato.
(poi editoriale per la trasmissione del 10 ottobre 2010 di E' la stampa bellezza, su RadioLiberaTutti)
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