Tuesday, 12 October 2010

Bombe sugli aerei. Italia in guerra in Afghanistan?

Muiono altri soldati italiani e La Russa propone di equipaggiare con armi di offesa i nostri velivoli. Ed è polemica.

di Emanuele Bonini
 
In Afghanistan in missione di pace. In assetto di guerra. Dopo la morte dei quattro alpini italiani nel paese dei talebani si rirpropone il dibattito sulla missione all'estero del nostro contingente. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, propone di dotare di bombe gli aerei italiani. «In Afghanistan- afferma- tutti i contingenti internazionali presenti - Stati Uniti, Germania, Francia - hanno i bombardieri con l'armamento previsto, cioè le bombe. L'Italia no, per mia decisione». Ma adesso, «di fronte a quello che sta accadendo, non me la sento più di assumere questa decisione da solo, di fronte a quello che sta avvenendo: voglio che sia confortata o cambiata dalle commissioni parlamentari competenti». La politica si divide e la polemica si accende: «Siamo oltre la missione di pace?», domanda Rosa Calipari, vicepresidente Pd della Camera. Più netto Massimo Donadi, capogruppo Idv a Montecitorio. «Si deve prendere atto che i nostri soldati stanno combattendo una guerra e non si può più parlare di missione di pace». Quindi, aggiunge, «serve al più presto una discussione in Parlamento sul rientro dei nostri militari e sul necessario cambiamento di strategia in Afghanistan». Gli fa eco l'eurodeputato Antonio De Magistris: «In Afghanistan è in corso una guerra che coinvolge i nostri militari», e che vede «violato l'articolo 11 della Costituzione». Per La Russa armare i bombardieri italiani in Afghanistan non significa «cambiare la natura della missione» perché «non è l'arma che la qualifica, ma il modo in cui la usi». Ma anche nella maggioranza le voci critiche sulla missione in Afghanistan non mancano. Pur precisando di esprimere una «posizione personale», il presidente del Veneto Luca Zaia (Lega) non usa mezzi termini: «Tutto, anche le missioni internazionali, ha un inizio e una fine: riportiamo a casa i nostri ragazzi. Non mi sembra di essere blasfemo se pongo il problema di quando finirà», consapevole comunque che «il ritiro dev’essere graduale e compatibile con gli impegni presi dall’Italia in sede internazionale». La protesta monta, tanto che il ministro degli Esteri, Franco Frattini, arriva ad annunciare che «il 2011 deve essere l'anno di inizio del ritiro». E, aggiunge, «da qui al 2014 vedo una riduzione complessiva del contingente combattente». Insomma, dopo 34 militari lasciati sul campo e oltre 3 miliardi di euro spesi dall'inizio della missione (2003), anche in Italia si inizia a parlare di ritiro. Nessuno ammette la guerra, ma bisogna saper non chiedere troppo. O no?

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