Wednesday, 15 December 2010

Silvio Berlusconi, una geopolitica molto personale (4)

Tappe, obiettivi ed esiti della strategia territoriale del Cavaliere. Dall’uso delle etichette geopolitiche nelle elezioni del 1994 alla retorica dei fatti e dei luoghi, ormai evaporata. Il proliferare delle Leghe. La personalizzazione come boomerang. di Ilvo Diamanti (editoriale del numero 6/2010 di Limes)

LE FRATTURE INATTESE DELL'UNIFICAZIONE PERSONALE DEL PAESE: Il nesso con il territorio, dunque, è in grado di spiegare molte ragioni del successo di Berlusconi. Ma ne annuncia anche la debolezza. Altrettanti motivi di instabilità. Intuibili fin dall’inizio della sua vicenda politica, che dura ormai da sedici anni, oggi sembrano divenuti palesi e difficilmente sostenibili. Li riassumiamo rapidamente.
A) La prima ragione richiama la difficoltà di ricomporre interessi e identità territoriali tanto contrastanti su basi «personali». Un problema che emerge subito, quando, nel 1994, dopo pochi mesi di governo, la Lega di Bossi rompe con la maggioranza e quindi con Berlusconi. Perché Berlusconi e Forza Italia, più che alleati, sono divenuti concorrenti della Lega. Ne hanno eroso i consensi e la rappresentanza nel Nord. Per cui la Lega se ne va e corre «da sola contro tutti». Ma soprattutto contro di lui: Berlusconi. E alle elezioni del 1996 lo sconfigge. O meglio, vince l’Ulivo guidato da Prodi, ma solo perché nel Nord la Lega batte nettamente il Polo delle Libertà, dove Berlusconi ha riunito accanto a Forza Italia Alleanza nazionale e i neo-dc. Legittimando la propaganda polemica di Bossi contro il Polo di Roma e del Sud. Perché la «rappresentazione» è diversa dalla «rappresentanza». Berlusconi può dare «immagine» al Nord, ma non dispone di radici forti e stabili che gli permettano di formare una base politica ed elettorale solida. Non a caso, nel 2000, Berlusconi ricuce il rapporto con Bossi e la Lega. Fiaccati, a loro volta, da un antagonismo «rivoluzionario» che li fa apparire «poco produttivi» agli elettori del Nord. Ai quali, assai più della secessione, interessa ottenere – da Roma – risorse e potere.
Berlusconi e Bossi, insieme, tornano a vincere. Nord e (Forza) Italia: di nuovo uniti. Lo stesso problema, peraltro, emerge nel rapporto con il Mezzogiorno, dove Forza Italia deve misurarsi con la concorrenza di An, i neo-dc e le altre formazioni regionali e locali (Udeur, Mpa eccetera). Tanto più forte quanto più esplicita diventa l’azione politica della Lega. E quanto più il peso politico della Lega diventa rilevante, nella Casa delle libertà. Cioè nel polo di centro-destra. Allora, la mediazione politica di Berlusconi diventa faticosa. E la sua immagine stenta, a sua volta, a unificare – o almeno a mediare – i diversi paesi del paese. Le diverse Italie che compongono l’Italia.
B) Questa tensione diviene lacerante dopo le elezioni del 2008. Quando il progetto unificante e unitario di Berlusconi sembra raggiungere il livello di suc- cesso più elevato. Non solo perché conduce la coalizione alla conquista di una maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato. Ma perché unifica An e Forza Italia. Il partito nazional-meridionale e quello nazional-personale sotto un’unica bandiera. La sua.L’alleanza con la Lega, peraltro, riproduce lo schema originario: l’intesa fra il Nord e l’Italia. Unico garante: lui. Insieme al suo amico e complice: Umberto Bossi. L’Italia fondata sui legami personali. Una cornice che non regge. Non tiene più. Perché l’Italia «mediale» deve fare i conti con quella «reale». E i conti dell’Italia reale sono critici. Fissati dalle regole e dai vincoli internazionali. Fiaccati dalle crisi economiche e finanziarie globali.
Non è facile, anzi: è impossibile soddisfare Nord e Sud. Allo stesso tempo. Tanto più – tanto meno – servendosi, come strumenti privilegiati, dell’immagine. Della narrazione. Della personalizzazione. L’immagine e la narrazione di Berlusconi non bastano più. Soprattutto nel Mezzogiorno. Dove le paure – e le conseguenze – della crisi sono difficili da accettare. E le politiche del Nord – riassunte nel federalismo – fanno paura. Tanto che la maggior parte dei cittadini del Sud le considerano strategie secessioniste. Contro gli interessi del Mezzogiorno. Mentre i cittadini del Nord, in misura crescente, considerano il Sud semplicemente «un peso per lo sviluppo del paese» e un costo senza benefici per il Nord.
C) Ancora: la rappresentanza «personale» della politica e dei territori produce, come conseguenza imprevista e indesiderata, il trasferirsi dei conflitti e delle fratture dal piano personale a quello geopolitico. Così, la frattura tra Berlusconi e Fini non produce solo la scomposizione del Pdl, ma anche la scomposizione tra Nord e Sud. Visto che Bossi, per primo, elegge Fini – insieme a Casini – portabandiera degli interessi del Sud. Il che, peraltro, ottiene, come ulteriore conseguenza, a cascata, la scomposizione interna ai territori. Fa emergere altre tensioni, che promuovono altri partiti, altri leader – locali. Soprattutto nel Mezzogiorno e in Sicilia. Infine, la «localizzazione» della politica, della comunicazione e della comunicazione politica. Trasforma la «retorica del fare» in retorica tout court. Perché se l’immondizia ritorna periodicamente a sommergere Napoli, se le macerie continuano a seppellire il centro dell’Aquila, allora i fatti diventano semplici parole. Contraddette dalle immagini. Mentre i luoghi diventano metafore. Di un’Italia immaginaria e illusoria. Raccontata e inesistente. Una favola, più che una parabola. Il racconto di un paese che non c’è. Neppure come raffigurazione. (4. fine)

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