Tuesday, 1 March 2011

Il discorso del re

Da Berlusconi attacco alla scuola pubblica e critiche all'assetto dello Stato, tutto dal suo (completamente visionario) punto di vista. Poco democratico e molto autoritario.

l'e-dittoreale

Aveva ragione Pier Luigi Bersani, quando diceva che Berlusconi racconta un'Italia che non c'è. E il paradosso è che l'Italia è il paese del quale ha il controllo, che lui però vorrebbe assoluto. Ma, dice, i nostri padri costituenti, per evitare il ritorno di un altro regime «hanno distribuito il potere fra il Parlamento, il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale e hanno privato di ogni potere il presidente del Consiglio, che è imbrigliato e può solo suggerire». Non è assolutamente così: nel dimostrare di conoscere la teoria della separazione dei poteri di Montesquieu, il presidente del Consiglio dimostra di non conoscere la nostra costituzione, la stessa che stabilisce che il potere legislativo risiede nel Parlamento, che il governo di cui lui è capo è depositario del potere esecutivo e che il terzo potere, quello giurisdizionale, appartiene alla magistratura. La Corte costituzionale, lo suggerisce il nome stesso, ha il compito di vigilare sulla costituzionalità delle leggi. Evidentemente il premier non ha seguito mai lezioni di diritto costituzionale, o forse vuole semplicemente costruire quell'Italia che ancora non c'è ma che ha in mente, riscrivendo programmi e libri, se è vero - come ha avuto modo di dire - che «in una scuola di stato ci sono degli insegnanti che voglion inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figlio nell'ambito della loro famiglia». E scuola pubblica implica anche università statale, settori duramente colpiti dalle riforme Gelmini, spacciate per revisioni di portata storica e all'atto pratico manovre per affossare la cultura degli italiani e gli italiani. Nell'Italia che ha in mente Berlusconi vuole solo scuole di partito, tanti yesmen e ancor di più yesgirl, vuole un solo uomo a dettare legge tra l'obbedienza completa, incondizionata e assoluta di tutti. E chi dissente viene epurato, come dimostra il caso Fini. O quello, ultimo, di Napolitano. «Dal Colle arrivano solo tirate d`orecchie», accusa Berlusconi, secondo il quale «Se alcune cose non le ho potute fare è anche colpa sua», del presidente della Repubblica, «non solo di Fini». E se la prende con lo staff del Quirinale «sempre vigile e puntiglioso su tutto», dimenticando che il capo dello Stato ha come dovere dettato dalla carta quello di garanzia costituzionale. Per cui, reagiscono freddi dal Colle, «Se si contesta l`attenzione che quassù dedichiamo all`esame delle leggi, questa per noi è una sorta di gratificazione, quasi un complimento. Perché significa che facciamo bene il nostro lavoro». Aveva ragione Bersani, quando diceva che Berlusconi racconta un'Italia che non c'è. Ha invece torto, il leader del Pd, a bollare le ultime uscite del premier come «sciocchezze e battute». Perchè sono gravi e pericolose, specie per un pubblico facile da manipolare e disposto a credere che l'Italia è quella che racconta Berlusconi. Secondo il quale l'Italia vuole legge sulle intercettazioni e gli scudi processuali. Peccatp che queste siano le sue voglie di un'Italia tutta sua, peccato che ci sia un'Italia chè per davvero già sua.

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