Il premier rischia di perdere rapporti privilegiati e benefici economico-commerciali, mentre la Francia cerca di scalzare Eni per favorire la sua Total.
l'e-dittoreale
«Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente». Parole di Silvio Berlusconi, capo del governo italiano, a commento degli ultimi sviluppi della crisi libica. Parole che non piacciono ai partiti di opposizione, e che non faranno certo piacere all'interno dell'Ue, che per quanto divisa e indecisa sul da farsi ha comunque condannato in modo unanime il leader libico. Le parole del primo ministro italiano, a ben vedere, non sorprendono: Berlusconi non ha mai fatto mistero del suo rapporto di amicizia con Gheddafi, ed è stato l'ultimo capo di governo a prendere le distanze dal rais. Certo, un rapporto di amicizia tramutatosi in supporto a raid aerei su Tripoli e la Tripolitania non farà piacere nemmeno a Gheddafi, ma è per motivi di amicizia a coinvolgere «personalmente» il cavaliere? Forse personale, certamente economica, visti gli interessi che gravitano attorno alle imprese italiane, Eni in testa. E attorno ad Eni si giocano forse le sorti del conflitto libico: se l'Italia cerca approvvigionamenti con Eni, altrettanto fa la Francia con Total. Non a caso Nicolas Sarkozy ha preso l'iniziativa avviando le azioni militari e riconoscendo gli insorti, stringendo accordi per il post-operazione; e non a caso l'Italia ha chiesto il rispetto degli accordi siglati con la Libia prima delle ostilità. Il quadro è chiaro: la Francia mira a destituire Gheddafi per negoziare con un nuovo governo concessioni energetiche, l'Italia ha interesse ad avere nella famiglia Gheddafi il proprio interlocutore, e quindi che resti al potere per proseguire in quel trattato di amicizia. berlusconi si sente colpito «personalmente» perchè sull'amicizia con Gheddagi ha costruito una buona fetta della sua politica estera ed energetica, e perchè teme una rinegoziazione degli accordi che vedrebbero il nostro paese penalizzato a scapito di altri stati ed altri player. Gheddafi ha già avvertito che se manterrà il potere farà pagare al nostro governo le scelte fatte in questi momenti di guerra, e con un programma nucleare allo stato attuale praticamente tramontato, l'Italia si troverebbe a fare i conti con una problemativa questione energetica, oltre al tema immigrazione. Da qui la richiesta di affidare alla Nato la gestione delle operazioni, per togliere all'Italia imbarazzi e alla Francia possibili vantaggi. In questo la Turchia dà una mano al nostro paese: «E' impossibile per noi immaginare che i nostri aerei lancino bombe sulla popolazione libica», scandisce il premier turco Recep Tayyip Erdogan, sconfessando di fatto l'operato della Francia, con cui Ankara ha più di un conto aperto. Anche in questo caso, non prevale lo sdegno per un tiranno che spara sulla folla e sui civili, non c'è che una vuota condanna di parole per un leader non democratico ma con in mano petrolio e gas. Ancora una volta prevalgono gli interessi personali ed economici. Logiche egoistiche e di profitto ancora una volta offuscano ragionamenti su valori e principi, ma si sa, il denaro non è nè etico nè morale, ma sempre profondamente iniquo. Soprattutto nei confronti di chi non ne possiede o ne perde. Che poi è il caso di Berlusconi, non per niente «addolorato» e colpito «personalmente».
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«Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente». Parole di Silvio Berlusconi, capo del governo italiano, a commento degli ultimi sviluppi della crisi libica. Parole che non piacciono ai partiti di opposizione, e che non faranno certo piacere all'interno dell'Ue, che per quanto divisa e indecisa sul da farsi ha comunque condannato in modo unanime il leader libico. Le parole del primo ministro italiano, a ben vedere, non sorprendono: Berlusconi non ha mai fatto mistero del suo rapporto di amicizia con Gheddafi, ed è stato l'ultimo capo di governo a prendere le distanze dal rais. Certo, un rapporto di amicizia tramutatosi in supporto a raid aerei su Tripoli e la Tripolitania non farà piacere nemmeno a Gheddafi, ma è per motivi di amicizia a coinvolgere «personalmente» il cavaliere? Forse personale, certamente economica, visti gli interessi che gravitano attorno alle imprese italiane, Eni in testa. E attorno ad Eni si giocano forse le sorti del conflitto libico: se l'Italia cerca approvvigionamenti con Eni, altrettanto fa la Francia con Total. Non a caso Nicolas Sarkozy ha preso l'iniziativa avviando le azioni militari e riconoscendo gli insorti, stringendo accordi per il post-operazione; e non a caso l'Italia ha chiesto il rispetto degli accordi siglati con la Libia prima delle ostilità. Il quadro è chiaro: la Francia mira a destituire Gheddafi per negoziare con un nuovo governo concessioni energetiche, l'Italia ha interesse ad avere nella famiglia Gheddafi il proprio interlocutore, e quindi che resti al potere per proseguire in quel trattato di amicizia. berlusconi si sente colpito «personalmente» perchè sull'amicizia con Gheddagi ha costruito una buona fetta della sua politica estera ed energetica, e perchè teme una rinegoziazione degli accordi che vedrebbero il nostro paese penalizzato a scapito di altri stati ed altri player. Gheddafi ha già avvertito che se manterrà il potere farà pagare al nostro governo le scelte fatte in questi momenti di guerra, e con un programma nucleare allo stato attuale praticamente tramontato, l'Italia si troverebbe a fare i conti con una problemativa questione energetica, oltre al tema immigrazione. Da qui la richiesta di affidare alla Nato la gestione delle operazioni, per togliere all'Italia imbarazzi e alla Francia possibili vantaggi. In questo la Turchia dà una mano al nostro paese: «E' impossibile per noi immaginare che i nostri aerei lancino bombe sulla popolazione libica», scandisce il premier turco Recep Tayyip Erdogan, sconfessando di fatto l'operato della Francia, con cui Ankara ha più di un conto aperto. Anche in questo caso, non prevale lo sdegno per un tiranno che spara sulla folla e sui civili, non c'è che una vuota condanna di parole per un leader non democratico ma con in mano petrolio e gas. Ancora una volta prevalgono gli interessi personali ed economici. Logiche egoistiche e di profitto ancora una volta offuscano ragionamenti su valori e principi, ma si sa, il denaro non è nè etico nè morale, ma sempre profondamente iniquo. Soprattutto nei confronti di chi non ne possiede o ne perde. Che poi è il caso di Berlusconi, non per niente «addolorato» e colpito «personalmente».
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