Nove anni fa veniva ucciso un uomo che per molti aveva innovato, e per altri, invece, ucciso a sua volta. Mercato del lavoro e diritti.
di Emiliano Biaggio
Il 19 marzo del 2002 veniva assassinato Marco Biagi, esperto di diritto del lavoro padre della legge 30, quella che - come recita il titolo della stessa norma - delega al Governo la materia di occupazione e mercato del lavoro. Morto a seguito di un agguato delle Brigate Rosse, Marco Biagi è per una larga parte del mondo italiano un martire, una vittima, un eroe, un onesto lavoratore, un grande giuslavorista, un grand'uomo, un uomo di stato, dato che più volte ha offerto consulenze al Governo italiano. Per qualcuno - Claudio Scajola - Biagi era solo «un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza». Nel ricordare come tali dichiarazioni costarono a Scajola il posto di ministro dell'Interno, va ricordato che c'è una parte d'Italia - non sappiamo se grande quanto l'altra - che ritiene Biagi un nemico dei lavoratori, un picconatore del diritto e dei diritti, l’artefice della flessibilità e il padre del precariato. Perchè la sua idea di riforma del mercato del lavoro si infrange con la dura realtà. L'idea di mercato del lavoro di Biagi è un potere organizzativo e direttivo dell'azienda che spetta esclusivamente al datore di lavoro, e non può quindi essere sindacato o sottoposto a giudizio di merito dalla magistratura del lavoro; nella risoluzione dei licenziamento sarebbe illegittima un'ordinanza di reintegrazione nel posto di lavoro, potendosi la controversia risolvere al massimo con un'indennità pecuniaria; ancora, i contratti di lavoro flessibili, piuttosto che la libertà di licenziamento in un contratto a tempo indeterminato, sono visti non soltanto come una via per creare o mantenere nuova occupazione, ma come una questione di diritto e legalità nei confronti dell'imprenditore. La realtà ci dice invece che alla prevista flessibilità non ha fatto seguito una riforma perpendicolare sugli ammortizzatori sociali, tramutando di fatto una situazione di lavoro flessibile in una situazione precaria. E il precariato pone il dipendente in una situazione di debolezza, nella quale, sottoposto al rischio di perdere il lavoro, più difficilmente potrà rivendicare i suoi diritti (sicurezza compresa) ed un salario migliore. E quand’anche il salario dovesse essere rivisto all’insù, sarebbe comunque per pochi euro e a minori diritti, come dimostra il caso Fiat, esempio lampante ed emblematico di come le imprese siano state messe nella condizione di forzare unilateralmente leggi e diritti a scapito del lavoratore, costantemente sotto ricatto, e in barba ai sindacati, aggirati e messi nella condizione di non poter incidere né decidere nel mercato del lavoro. Chi era, allora, Marco Biagi? Un uomo di Stato o un nemico degli italiani? Un sostenitore di un nuovo intendere il lavoro o l'ideatore di una nuova schiavitu? Per tutti una persona da ricordare. Ben'inteso: la morte non si augura a nessuno, e della morte degli altri mai si deve gioire. Ma di fronte a una persona che non c'è più si resta comunque liberi di non piangerla. Nè rimpiangerla.
(editoriale per la puntata del 18 marzo 2011 di E' la stampa bellezza, su RadioLiberaTutti)
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