Wednesday, 29 June 2011

Afghanistan, pantano da cui non si esce

Il presidente degli Stati Uniti medita il ritiro, contro il parere dell'esercito. Mentre i talebani, per nulla sconfitti, tornano a colpire.

di Emanuele Bonini

Barack Obama annuncia il ritiro dall'Afghanistan, o meglio, l'intenzione di un disimpegno statunitense dal paese, e per tutta risposta ottiene le aspre critiche dei repubblicani e delle alte sfere dell'esercito oltre alla rivitalizzazione dei talebani, che attaccano l'hotel di lusso di Kabul frequentato da occidentali. L'attentato all'hoterl Intercontinental (almeno 18 vittime civili, secondo un primo bollettino medico) mostra tutto il fallimento militare e strategico degli Stati Uniti in Afghanistan: dopo 8 anni di operazioni e presidio del territorio i talebani sono ancora una minaccia, una forza in grado di colpire in qualunque momento e in qualsiasi luogo. Ed è proprio per questo che l'esercito - generale David Petraeus in testa, comandante della operazioni in Afghanistan - chiedono a Obama di restare e contestano al presidente Usa la mappa del ritiro stilata dalla sua amministrazione. L'inquilino della Casa Bianca sa però che questa guerra finora non ha prodotto risultati, se non costi esorbitanti per le casse dello Stato e per i contribuenti, stanchi di finanziare la "campagna di Afghanistan". Inoltre Obama è consapevole che gli americani sono stufi di questa guerra che ormai percepiscono come persa e che tutte queste risorse economiche se dirottate su politiche a sostegno del mercato permetterebbero manovre di più ampio respiro a un'economia ancora in affanno e nella morsa della crisi. Ma l'Afghanistan resta un problema, un vero e proprio pantano dal quale non si sa come e quando se ne verrà fuori. L'amministrazione Obama comunque valuterà il ritiro, nei prossimi 12-18 mesi, dei 30.000 militari extra mandati nel 2009. Anche se alla luce degli ultimi avvenimenti probabilmente si valuterà se lasciarceli.

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