Wednesday, 31 August 2011

Ci sono strumenti eccezionali?

di Vincenzo Scarpetta per Euobserver, traduzione di Emiliano Biaggio


A seguito della recente ondata di panico sui mercati, la decisione della Banca centrale europea di acquistare titoli italiani ha dato a Roma una boccata d'ossigeno. I timori dei mercati si spiegano con una semplice e spaventosa prospettiva: se l'Italia, la quarta economia più grande d'Europa, resiste, resiste anche l'Euro. Per scongiurare il peggio, l'Italia ha un'unica, verosimilmente ultima, occasione di spingere in direzione di riforme radicali in campo economico e risolvere i propri problemi ormai cronici di crescita. Fallendo in questo, Silvio Berlusconi e il suo governo dovranno pensare a un futuro fuori dalla moneta unica. I problemi economici dell'Italia sono ben documentati: un debito publico gigantesco raddoppiato con un imbarazzante modesto tasso di crescita e una popolazione sempre più vecchia. Tutti questi non sono problemi nuovi, sono problemi strutturali. Il periodo di relativa calma sui mercati è prova una breve sopravvivenza: l'Italia è infatti troppo grande per essere aiutata. Col suo debito pubblico di 1,8 trilioni di euro, nè la Bce nè i governo stranieri possono garantire la stabilità finanziaria dell'Italia nel lungo periodo. Per mettere al riparo l'Italia dai mercati, i contribuenti dell'eurozona dovrebbero sottoscrivere migliaia di miliardi di debito pubblico italiano, o attraverso la Bce o attraverso la Efsf (European financial stability facility, il fondo di salvataggio dei paesi dell'eurozona). Una simile ipotesi incontrerebbe le forti opposizioni dei parlamenti di Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Slovacchia. Ciò significa che, al di là di tutti i discorsi di solidarietà espresse dall'Europa, l'Italia è lasciata alle proprie strategie. Anche se ciò è un problema.
L'Italia è infatti bloccata in una situazione che vede una valuta sopravvalutata e tassi d'interesse inappropriati (che dovrebbero attestarsi attorno allo 0, e non all'1,5% della Bce). Quindi, c'è la necessità di tagliare più in profondità e con maggiore intensità rispetto alla Gran Bretagna, per convincere i mercati della sostenibilità lungo periodo del peso del proprio debito. Può quindi l'Italia ritornare sulla via della crescita economica e mostrare al mondo di poter far parte dell'eurozona? La partita per palazzo Chigi non è chiara, ma è certo che ora è tempo di accelerazioni.
Pressati Bce (che ha imposto misure concrete di austerity in cambio dell'acquisto dei titoli di stato) e mercati, Berlusconi e Tremonti si sono impegnati al pareggio di bilancio nel 2013 anzichè nel 2014, attraverso risparmi aggiuntivi per 45 miliardi. Questo è accolto con favore, ma adesso il punto è l'adozione di questo pacchetto di misure da parte del parlamento italiano e poi, ancor più importante, attuarlo correttamente e spingere per riforme a sostegno della crescita. Come sappiamo fin troppo bene dall'esempio greco, una cosa è far passare misure di tagli e risparmi, altra cosa è metterle in pratica.

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