A Gibilterra il rifornimento in acqua ha già prodotto inquinamento, e il pericolo disastro ambientale è sempre dietro l'angolo.
di Emiliano Biaggio
Si chiama bunkering, ed è il rifornimento delle navi di carburante in mare attraverso tubi di gomma che collegano le navi alle stazioni galleggianti. Un fenomeno che tra le colonne d'Ercole è cresciuto a dismisura e che mette in pericolo lo stretto di Gibilterra. Perchè sempre più navi si riforniscono in acqua grazie a questa pratica non certo indolore, poichè rischia di far lievitare l'inquinamento. Di più: gli ecologisti parlano di «una bomba ecologica pronta a scoppiare». Dallo stretto transitano più di 110 mila navi ogni anno, che beneficiano di un regime fiscale privilegiato: il carburante non viene tassato. Perciò le navi riescono a economizzare le spese di ammaraggio nel porto. Risultato: quotidianamente decine di navi cargo effettuano il bunkering, tra mille incertezze. Infatti, sostengono gli ecologisti, basta un piccolo errore durante le operazioni e il rischio di una marea nera è molto elevato. Rischio peraltro permanente. A Gibilterra, infatti, per via della mancanza di spazio per stoccare le cisterne, tre grandi pompe si trovano in via permanente nella baia. Autorizzate dalla Gran Bretagna, esse sono invece vietate in Spagna. Tant'è vero che, dal lato iberico, il rifornimento si fa solo a terra. E per ovvi motivi: nel porto di Algesiras, attraccano navi in grado di imbarcare fino a 100 mila tonnellate di carburante. Insomma, i pericoli ambientali esistono, ma per le autorità internazionali il bunkering è un'attività legale, che «rispetta alla lettera le normative» internazionali e dell'Ue, che il bunkering non l'ha vietato.
Eppure il volume degli idrocarburi che in passato sono finiti in mare è enorme. Solo nella baia di Algeciras, ha denunciato Patricia Navarro, ispettrice ambientale di Cadice, la mole di greggio finita in acqua è ingente, ma probabilmente il danno più grave è causato dalle perdite dovute al bunkering. «Gibilterra si comporta con assoluta irresponsabilità. Qui il principio del "chi inquina paga" non funziona», ha denunciato Navarro. Il problema è di tariffe, e quindi economico. In mare si Vende carburante nautico al 20% in meno rispetto ai prezzi praticati a terra. L'attrazione di Gibilterra è irresistibile, tanto che se dieci anni fa il volume del carburante travasato nella baia di Algeciras non arrivava al milione di tonnellate, alla fine del 2009 la cifra si era più che quintuplicata. E oggi nello stretto si possono vedere regolarmente navi isolate che sfilano lungo la costa: sono in fila davanti alle pompe di benzina galleggianti, e nell'attesa vagano tra le acque spagnole e quelle di Gibilterra (da questo lato della Rocca la colonia ha giurisdizione su tre miglia), invocando quello che in gergo marino si chiama "passaggio innocente", il diritto di attraversare acque territoriali di altri paesi se si naviga in modo rapido e ininterrotto e senza arrecare danno allo stato costiero. Ma pronte ad arrarcarlo al tratto marino.
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