Morte e rinascita di una nazione, per una data che ancora oggi fa discutere. E induce molti a ripensare a quell'idea di patria che fu.
l'e-dittoreale
L'8 settembre è morto il concetto di patria. Con l'8 settembre è rinato il concetto di patria. Due visioni della stessa storia, due modi diversi e opposti di interpretare gli eventi. Due verità. Quelle che l'8 settembre 1943 portà in sè. Da una parte un'Italia monarchica e fascista, a-democratica, autoritaria, irrigimentata. Insomma, un concetto di patria. Dall'altra parte un'Italia repubblicana e democratica, libera, nuova. Un'altra idea di patria. Nell'Italia della seconda guerra mondiale si incontrano e si scontrano questi due pensieri di Italia, uno dominante e ormai indebolito, uno non più minoritario e mai così palpabile; nell'Italia della seconda guerra mondiale, con la guerra civile che segue all'armistizio, le due Italia prendono vita: la repubblica di Salò da un parte, l'Italia liberata dall'altra. Le forze in campo sono note a tutti: soldati alleati, soldati italiani fedeli a Badoglio e partigiani da una parte; soldati rimasti fedeli al Duce e Wermacht dall'altra. Lo scontro è inevitabile, e come ogni scontro che si rispetto ci sono dei vincitori e dei vinti. Dopo quello scontro, l'esito - storicamente - è inappellabile: l'Italia fascista viene meno. Al suo posto la Repubblica, espressione pluralista e di tutte le correnti che hanno concorso al nuovo corso. Popolari, liberali, socialisti, comunisti, repubblicani, socialdemocratici, cattolici. perchè la partigianeria, contrariamente a quanto erronamente oggi in molti pensano, non fu "rossa". Non esclusivamente, almeno. Alcide De Gasperi, tanto per fare un esempio, prese parte alla resistenza e si unì ai partigiani. E' anche grazie a loro se oggi abbiamo questa Italia, oggi tuttavia in crisi profonda di identità e di valori. Un'Italia che oggi fatica ad avere coscienza di sè, e quindi del concetto di sè, rischiando di ritrovarsi forse più vicina a un nuovo crocevia di quanto molti potessero immaginare. Perchè gli sconfitti, quelli che hanno perso l'Italia autoritaria anti-democratica con sempre maggiore insistenza tornano a reclamare il passato - a loro dire - fatto di grandezza, onore e splendore. Valori cancellati - sempre a loro dire - con l'infamia del voltafaccia. Per molti, ancora oggi, l'8 settembre viene visto come un tradimento nei confronti degli alleati dell'asse, una prova di inaffidabilità internazionale. Una lettura storica propria di quel concetto di patria morto con l'8 settembre, ma smentito nei decenni successivi, quando l'Italia rinata su altre basi e ben altri ideali era partner affidabile di una nuova Europa e protagonista del processo di integrazione. L'8 settembre 1943 muore il concetto di Italia patria fascista, e nasce il concetto di Italia patria democratica e libera. Un concetto oggigiorno sfuggito alla comprensione e alla coscienza dei sempre più che rischia di far morire un paese che tanto sangue ha dovuto versare per rinascere. L'Italia che si riscopre dopo l'8 settembre, infatti, lascerà sul campo i caduti della guerra, della guerra civile, delle rappresaglie, dei regolamenti di conti condotti anche dopo le ostilità. Questa, del resto, è storia. Ogni tentativo di riproporre modelli cancellati - attraverso la destra di ispirazione fascista, attraverso leggi e progetti di legge contro i fondamentali principi di libertà - sarebbe solo un'attentato alla Repubblica. A quanti ancora oggi si sentono sconfitti e umiliati, va detta una cosa: non siamo figli di un tradimento, ma il frutto della rinnegazione della parte peggiore di noi. Quella che arrivò a promulgare le leggi razziali e a condurre un paese in una guerra che non poteva permettersi. Per l'artefice di tutto ciò, Benito Mussolini, «regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano». Questo è vero, e in questo sta forse la principale sfida per una democrazia. Del resti, ha messo in guardia l'arcivescovo Ersilio Tonini, «entra in crisi la democrazia, perché essa, intendo la democrazia quantitativa moderna, è stata pensata supponendo che ci fossero dei valori stabili, fissi, condivisi da tutti». In questo monito, vero e preoccupante, risiede il compito di chi vuole una democrazia vera, solida, stabile, per tutti: rendere patrimonio comune quel concetto di patria nato dall'8 settembre.
l'e-dittoreale
L'8 settembre è morto il concetto di patria. Con l'8 settembre è rinato il concetto di patria. Due visioni della stessa storia, due modi diversi e opposti di interpretare gli eventi. Due verità. Quelle che l'8 settembre 1943 portà in sè. Da una parte un'Italia monarchica e fascista, a-democratica, autoritaria, irrigimentata. Insomma, un concetto di patria. Dall'altra parte un'Italia repubblicana e democratica, libera, nuova. Un'altra idea di patria. Nell'Italia della seconda guerra mondiale si incontrano e si scontrano questi due pensieri di Italia, uno dominante e ormai indebolito, uno non più minoritario e mai così palpabile; nell'Italia della seconda guerra mondiale, con la guerra civile che segue all'armistizio, le due Italia prendono vita: la repubblica di Salò da un parte, l'Italia liberata dall'altra. Le forze in campo sono note a tutti: soldati alleati, soldati italiani fedeli a Badoglio e partigiani da una parte; soldati rimasti fedeli al Duce e Wermacht dall'altra. Lo scontro è inevitabile, e come ogni scontro che si rispetto ci sono dei vincitori e dei vinti. Dopo quello scontro, l'esito - storicamente - è inappellabile: l'Italia fascista viene meno. Al suo posto la Repubblica, espressione pluralista e di tutte le correnti che hanno concorso al nuovo corso. Popolari, liberali, socialisti, comunisti, repubblicani, socialdemocratici, cattolici. perchè la partigianeria, contrariamente a quanto erronamente oggi in molti pensano, non fu "rossa". Non esclusivamente, almeno. Alcide De Gasperi, tanto per fare un esempio, prese parte alla resistenza e si unì ai partigiani. E' anche grazie a loro se oggi abbiamo questa Italia, oggi tuttavia in crisi profonda di identità e di valori. Un'Italia che oggi fatica ad avere coscienza di sè, e quindi del concetto di sè, rischiando di ritrovarsi forse più vicina a un nuovo crocevia di quanto molti potessero immaginare. Perchè gli sconfitti, quelli che hanno perso l'Italia autoritaria anti-democratica con sempre maggiore insistenza tornano a reclamare il passato - a loro dire - fatto di grandezza, onore e splendore. Valori cancellati - sempre a loro dire - con l'infamia del voltafaccia. Per molti, ancora oggi, l'8 settembre viene visto come un tradimento nei confronti degli alleati dell'asse, una prova di inaffidabilità internazionale. Una lettura storica propria di quel concetto di patria morto con l'8 settembre, ma smentito nei decenni successivi, quando l'Italia rinata su altre basi e ben altri ideali era partner affidabile di una nuova Europa e protagonista del processo di integrazione. L'8 settembre 1943 muore il concetto di Italia patria fascista, e nasce il concetto di Italia patria democratica e libera. Un concetto oggigiorno sfuggito alla comprensione e alla coscienza dei sempre più che rischia di far morire un paese che tanto sangue ha dovuto versare per rinascere. L'Italia che si riscopre dopo l'8 settembre, infatti, lascerà sul campo i caduti della guerra, della guerra civile, delle rappresaglie, dei regolamenti di conti condotti anche dopo le ostilità. Questa, del resto, è storia. Ogni tentativo di riproporre modelli cancellati - attraverso la destra di ispirazione fascista, attraverso leggi e progetti di legge contro i fondamentali principi di libertà - sarebbe solo un'attentato alla Repubblica. A quanti ancora oggi si sentono sconfitti e umiliati, va detta una cosa: non siamo figli di un tradimento, ma il frutto della rinnegazione della parte peggiore di noi. Quella che arrivò a promulgare le leggi razziali e a condurre un paese in una guerra che non poteva permettersi. Per l'artefice di tutto ciò, Benito Mussolini, «regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano». Questo è vero, e in questo sta forse la principale sfida per una democrazia. Del resti, ha messo in guardia l'arcivescovo Ersilio Tonini, «entra in crisi la democrazia, perché essa, intendo la democrazia quantitativa moderna, è stata pensata supponendo che ci fossero dei valori stabili, fissi, condivisi da tutti». In questo monito, vero e preoccupante, risiede il compito di chi vuole una democrazia vera, solida, stabile, per tutti: rendere patrimonio comune quel concetto di patria nato dall'8 settembre.
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