Friday, 4 November 2011

L'Unesco riconosce la Palestina, prima dell'Onu

L'agenzia per la cultura della Nazioni Unite ammette come membro il vicino di Israele, che congela i fondi e autorizza nuove costruzioni a Gerusalemme est e in Cisgiordania. E mentre l'Anp ottiene un'importante vittoria diplomatica, lo stato ebraico peggiora ulteriormente lo scenario regionale e internazionale.

di Emiliano Biaggio

L'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, riconosce di fatto la Palestina come stato e la fa entrare a pieno titolo al suo interno. Con 107 voti favorevoli, 14 voti contrari e 52 astensioni, la Palestina viene ammessa nel palazzo di vetro del sapere. Lo stato palestinese è quindi membro - il 195esimo - e quindi, automaticamente, riconosciuto. Una mossa che ha immediatamente scatenato le reazioni di Stati Uniti e Israele, con i due paesi che hanno bloccato i finanziamenti all'agenzia dell'Onu. Una ritorsione facilmente prevedibile, dato che proprio Israele e ancor più gli Stati Uniti - con seggio permanente e potere di veto in Consiglio di sicurezza dell'Onu - si erano già detti contrari a un riconoscimento della Palestina da parte delle Nazioni Unite e un'inclusione nella comunità internazionale con un nuovo status. Ora però, la decisione presa dall'Unesco, scrive una nuova pagina nella storia infinita della questione israelo-palestinese, mai come questa volta a un punto di svolta. Potrà ora l'Onu smentire l'Unesco - una sua agenzia - respingendo la richiesta di riconoscimento avanzata dall'autorità nazionale palestinese lo scorso 23 settembre? E soprattutto, come cambierà il rapporto tra Israele e il resto del mondo adesso che è dimostrato che Israele è contro ogni soluzione diplomatica - e forse contro ogni soluzione - della questione? Gli Stati Uniti, intanto, hanno bloccato i fondi destinati all'Unesco e già questo di per sè è un duro colpo. Dal governo di washington arriva infatti il 22% dei fondi dell'agenzia Onu, oltre un quinto dell'intero ammontare. Un danno enorme, se si calcola che nel solo mese di novembre il contributo degli Stati Uniti avrebbe dovuto essere di circa 60 milioni di euro. E a stretto giro è arrivato l'annuncio del governo di Israele del blocco dei fondi israeliano all'Unesco, pari a 2 milioni di dollari. Inoltre il premier dello stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha ordinato la ripresa selvaggia della costruzione delle colonie a Gerusalemme e in Cisgiordania. «Stiamo costruendo a Gerusalemme perché nostro diritto e obbligo», ha scandito Netanyahu, sostenendo che si va avanti con i lavori «non per punizione». «E' un diritto fondamentale del nostro popolo costruire nella nostra capitale eterna», ha aggiunto il premier israliano. Che non ha parlato degli altri cantieri. Sono infatti 2.000 i nuovi alloggi che Israele ha intenzione di costruire, 1.650 dei quali proprio a Gerusalemme est, che Abu Mazen ha indicato come capitale della Palestina nella richiesta di riconoscimento all'Onu. Il disegno israeliano è chiaro: fare di Gerusalemme un città completamente israeliana per sottrarla ai vicini rivali, e mangiare porzioni di territorio alla Palestina, in barba di ogni trattiva. Il messaggio di Israele è ancora più netto: nessuno si deve opporre alla volontà di Israele.
Intanto, però, è indubbio che Abu Mazen abbia ottenuto una grande e storica vittoria politica e diplomatica, accreditandosi a livello internazionale come leader credibile e affidabile e allo stesso tempo, mettendo a nudo le volontà di Israele di far naufragare ogni accordo e mostrando al mondo intero dove risieda realmente il problema della questione arabo-israeliana. Come finirà al momento non è chiaro, ma è probabile che alla fine le logiche dei soldi finiscano per piegare l'Unesco ai voleri di una miopia israeliana che toglierà forse nuove speranze ai palestinesi, ma che accrescerà l'odio mondiale nei confronti di popolo e stato di Israele, e risentimento nei confronti degli Stati Uniti. Da notare, infine, come in tempi di crisi economica globale, con gli Stati Uniti in affanno, a sostegno della Palestina, tra gli altri, abbiano votato Cina, India e Russia.
(editoriale del 4 novembre 2011 per E' la stampa bellezza, su RadioLiberaTutti)

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