C'è chi si dimette per aver trascorso vacanze pagate da personaggi legate ad "appaltopoli", e chi invece - pur accusato di collusione con la Camorra - continua a essere onorevole.
l'e-dittoreale
Carlo Malinconico lascia, Nicola Cosentino resta. L'ormai ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Monti si è dimesso dopo lo scandalo delle vacanze pagate da Francesco Maria De Vito Piscicelli, l'imprenditore indagato nell'ambito dell'inchiesta su Appaltopoli, che interessò il G8 e la ricostruzione de L'Aquila; l'ex sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi rimane invece alla Camera - e soprattutto in libertà - dopo che Montecitorio ha votato contro la richiesta di arresto del deputato Pdl accusato di essere il referente politico del clan dei Casalesi. Nel primo caso fa discutere la relazione tra Maliconico e un personaggio noto per essere passato agli onori della cronaca per appalti truccati, nel caso secondo caso - più che le presunte frequentazioni di Cosentino - fanno discutere i voti contrari all'arresto di deputati leghisti e dei radicali, ma qui si tratta di una questione politica. Vale però la pena di soffermarsi sul diverso atteggiamento dei due protagonisti e, soprattutto, sul diverso stile mostrato. Malinconico, per paura di poter intaccare la credibilità di un governo e di un paese, ha rassegnato le proprie dimissioni. Non ci è dato di sapere al momento se sia stato intimato o costretto a rassegnarle, e probabilmente non lo sapremo mai, ma Malinconico - in nome di quel paese che rappresentava - si è fatto da parte. Cosentino, dopo averla sfangata a Montecitorio, ha annunciato le sue dimissioni da coordinatore del Pdl ma non da deputato. Scelta legittima la sua, ma forse poco opportuna. Per il paese che ancora rappresenta essere accusato di favorire l'anti-stato avrebbe dovuto bastare a spingere quantomeno a vergognarsi, ma nell'Italia senza pudore del berlusconismo Cosentino rimane un baluardo dell'impunità. In fin dei conti esistono opportunità e opportunisti: le prime si colgono, i secondi si palesano. Il governo Monti e il governo Berlusconi, in questo, hanno già ampiamente dimostrato tutte le loro diversità. C'è poco da dire, se non che l'attuale ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, dopo essere stato accusato di conflitto di interesse, ha promesso di vendere le azioni di Intesa San Paolo da lui detenute: una promessa mantenuta nel giro di pochi giorni, quando ha effettivamente ceduto - a fine dicembre - il suo pacchetto azionario. Il precedente presidente del Consiglio, invece, pur essendo accusato - e non una volta sola - di conflitto di interesse, non ha mai provveduto a sanare la propria posizione.
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Carlo Malinconico lascia, Nicola Cosentino resta. L'ormai ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Monti si è dimesso dopo lo scandalo delle vacanze pagate da Francesco Maria De Vito Piscicelli, l'imprenditore indagato nell'ambito dell'inchiesta su Appaltopoli, che interessò il G8 e la ricostruzione de L'Aquila; l'ex sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi rimane invece alla Camera - e soprattutto in libertà - dopo che Montecitorio ha votato contro la richiesta di arresto del deputato Pdl accusato di essere il referente politico del clan dei Casalesi. Nel primo caso fa discutere la relazione tra Maliconico e un personaggio noto per essere passato agli onori della cronaca per appalti truccati, nel caso secondo caso - più che le presunte frequentazioni di Cosentino - fanno discutere i voti contrari all'arresto di deputati leghisti e dei radicali, ma qui si tratta di una questione politica. Vale però la pena di soffermarsi sul diverso atteggiamento dei due protagonisti e, soprattutto, sul diverso stile mostrato. Malinconico, per paura di poter intaccare la credibilità di un governo e di un paese, ha rassegnato le proprie dimissioni. Non ci è dato di sapere al momento se sia stato intimato o costretto a rassegnarle, e probabilmente non lo sapremo mai, ma Malinconico - in nome di quel paese che rappresentava - si è fatto da parte. Cosentino, dopo averla sfangata a Montecitorio, ha annunciato le sue dimissioni da coordinatore del Pdl ma non da deputato. Scelta legittima la sua, ma forse poco opportuna. Per il paese che ancora rappresenta essere accusato di favorire l'anti-stato avrebbe dovuto bastare a spingere quantomeno a vergognarsi, ma nell'Italia senza pudore del berlusconismo Cosentino rimane un baluardo dell'impunità. In fin dei conti esistono opportunità e opportunisti: le prime si colgono, i secondi si palesano. Il governo Monti e il governo Berlusconi, in questo, hanno già ampiamente dimostrato tutte le loro diversità. C'è poco da dire, se non che l'attuale ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, dopo essere stato accusato di conflitto di interesse, ha promesso di vendere le azioni di Intesa San Paolo da lui detenute: una promessa mantenuta nel giro di pochi giorni, quando ha effettivamente ceduto - a fine dicembre - il suo pacchetto azionario. Il precedente presidente del Consiglio, invece, pur essendo accusato - e non una volta sola - di conflitto di interesse, non ha mai provveduto a sanare la propria posizione.
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