Si rischia la perdita della competitività. Tajani: «serve risposta politica, aiutare le Pmi».
di Emiliano Biaggio
L’Europa fatica a crescere nel settore dell’innovazione, non tiene il passo dei competitor principali e rischia di essere raggiunta dalle economie emergenti e dagli altri paesi (Cina, Canada, Australia e Russia su tutti): questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge dall’Innovation Union scoreboard 2011, l’analisi della Commissione europea sulle performance nell’ambito di ricerca e innovazione. La situazione, spiega Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per l’Industria, «è di luci e ombre». Infatti, se da una parte le prestazioni nella ricerca e nell’innovazione «sono migliorate in quasi tutti gli stati membri», dall’altro però questi sono stati miglioramenti blandi, con il conseguente risultato che «l’Ue non riesce a ridurre il ritardo e colmare il gap con i leader globali dell’innovazione», vale a dire Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti.
L’Europa, ricorda lo studio pubblicato oggi, si è posta l’obiettivo di arrivare a destinare il 3% del Pil in ricerca e innovazione, ma oggi si è ancora lontani dall’obiettivo fissato: la media europea si aggira infatti attorno al 2%, contro il 3,41% del Giappone, il 3,36% della Corea del Sud e il 3% degli Stati Uniti. Non solo: in tutto il continente solo Germania, Svezia, Danimarca e Finlandia sono paesi leader nel settore, con performance superiori a quelle della media europea. Ci sono poi i paesi che «tengono il passo» (Belgio, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Austria, Lussemburgo, Irlanda, Francia, Slovenia, Estonia e Cipro) con performance «vicine» alla media dell’Europa a 27, gli stati che con «risultati inferiori alla media Ue» arrancano (Italia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Ungheria, Grecia, Malta, Slovacchia e Polonia) e quelli che con rendimenti «molto inferiori» alla media sono davvero “in ritardo” (Romania, Lituania, Bulgaria e Lettonia).
Dati alla mano «il messaggio è chiaro: non siamo in linea con i paesi leader e la Cina sta migliorando a ritmi superiori ai nostri», avverte Maire Geoghegan-Quinn, commissario europeo per la ricerca e l’innovazione. Di questo passo, insomma, si rischia di perdere ulteriore competitività. Cosa fare, allora? Decidere di investire nel settore. In questo Tajani e Geoghegan-Quinn sono d’accordo. «La politica deve mettere al centro della propria agenda l’innovazione». In tal senso si può cominciare «utilizzando meglio fondi strutturali residui», e allo stesso tempo «garantendo l’accesso al credito, soprattutto alle piccole e medie imprese, per farle crescere e permettere di internazionalizzarsi». Ancora, suggeriscono Tajani e Geoghegan-Quinn, occorre «una maggiore partecipazione dei privati». Quindi, «se vogliamo uscire dalla crisi, avere crescita e creare posti di lavoro, le imprese devono potenziare l’innovazione in risposta ad un competizione globale sempre più forte».
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