Monday, 16 April 2012

Ricordando Chaplin

Un omaggio all'uomo e all'artista a 123 dalla nascita.

 di Emiliano Biaggio

Un-due-tre. Nessuna conta. Al massimo, solo il conto degli anni trascorsi dalla nascita di uno dei massimi interpreti del mondo del cinema. Un-due-tre. Cifre che messe insieme dicono centoventitre anni. Charles Spences Chaplin jr. nacque a Londra ben centoventitre anni fa. Uno strano anniversario. In genere, per convenzione, si torna a ricordare le persone ogni cinque anni, perchè si ragiona in cifre "tonde", decenni o mezzi decenni, ma in quel caso si parla di lustri. Ma lui, Charlie Chaplin, illustre autore di grandi opere cinematografiche, le convenzioni non le ha mai rispettate. «Il mio più grande peccato fu quello di essere un anticonformista», disse per sua stessa ammissione. Allora, in rispetto di questo suo essere sopra le righe e fuori dagli schemi, è quasi un dovere rendere omaggio a un uomo che ha saputo legare indissolubilmente il proprio nome alla storia consegnandosi all'immortalità. Parole, queste ultime, che sanno di glorificazione. Lui che solo alla fine della sua increbibile parabola ha trovato i meriti che trovava, come sempre avviene per tutti i geni e per tutti coloro che hanno il merito - spesso letto come colpa - di essere figure di rottura con il proprio tempo, meritava il trionfo che alla fine fu, così come oggi merita, una volta ancora, o una volta di più, di essere festeggiato. Ma gli anniversari si raggruppano in lustri, decennali, ventennali. Questo un-due-tre sembra allora quasi essere un evento degno da non-compleanno di bianconigli e cappellai matti, anche se quello di Chaplin è un mondo forse meno meraviglioso e certamente assai meno colorato. Perchè è il mondo reale.
   Quanto è cambiato in tutto questo tempo? Un-due-tre e tutto resta com'è. Sembra una filastrocca, e invece non lo è. Basta scorrere la lista dei cento migliori film della storia del cinema: non è una questione di posizionamento in classifica, quanto una questione di contenuti. La febbre dell'oro, Luci della città, Tempi moderni. Pellicole che non ci si aspetta. Un inno al mito americano del self made man e un monumento alla corsa all'oro nel Klondyke, e una storia di grande umanità in agro-dolce dove le denunce sociali fanno da fondale. Quindi un'opera, Tempi moderni, talmente dirompente da non poter ignorare pur volendo: qui le critiche al moderno che non è affatto sinonimo di modernità restano racchiuse in una sorda denuncia. Ma del resto, si sa, la censura può essere anche la condanna al silenzio. E Chaplin non fu forse uno dei maggiori maestri del cinema muto? Quindi perchè enfatizzare Il grande dittatore o Monsieur Verdoux? Ma questo è interrogativo non dei nostri giorni, è un interrogativo anziano quanto il cinema di Chaplin. Anziano, ma non datato, badate bene. Così come ben si addice al cinema questa sequenza numerica: un-due-tre. Perchè? Semplice. Pensiamo per un attimo a cosa precede l'avvio della macchina da presa. Esatto: Un, due, tre... E azione! E tanti auguri.

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